ISSN 2385-1376
Testo massima
Vi ricordate le corse fatte per iscrivere l’appello con l’originale della citazione?
Le interminabili file e pressioni agli ufficiali giudiziari per ottenere immediatamente la restituzione dall’atto di appello?
Qualcosa è cambiato in quanto è stato modificato un orientamento giurisprudenziale che non aveva alcun senso.
L’iscrizione a ruolo della citazione d’appello può avvenire sulla base di una velina (Cass. sez. un. n. 10864 del 2011) e, qualora, nel corso della prima udienza, il collegio constati la conformità della copia (velina), all’originale (comprensivo dello schema in bianco – della relata di notifica) con cui l’appellante si è costituito si può ritenere che lo scopo della costituzione sia raggiunto attraverso la constatazione che la copia è conforme all’originale.
Alla prima udienza di cui all’art.350 cpc, comma 2, (e, comunque, alla prima udienza del giudizio davanti al tribunale in composizione monocratica, giudice dell’appello sulle sentenze dei giudici di pace), poiché la legge prevede che il controllo della regolarità della costituzione e, quindi, delle ritualità delle sue forme, debba essere compiuto in essa, il giudice, di fronte alla mancata produzione in cancelleria nelle more fra l’iscrizione tempestiva con la velina e l’udienza oppure alla mancata produzione direttamente in udienza, potrà a questo punto, nell’esercizio dei suoi poteri di direzione del procedimento ex art.175 cpc, comma 1, e, particolarmente del sollecito svolgimento del processo, assegnare un termine alla parte appellante a norma dell’art.152 cpc, sì da scongiurare manovre dilatorie, nel quale caso al termine – in quanto ordinatorio e fissato dal giudice – sarà applicabile il regime di cui all’art.154 cpc.
Cosi si è pronunziata la Corte di Cassazione con sentenza del 25-03-2013 n.7451 con la quale ha accolto il ricorso contro una sentenza che aveva dichiarato l’improcedibità di un appello in quanto iscritto con velina.
Gli ermellini hanno evidenziato che le conseguenze di una costituzione avvenuta nel termine ma senza l’osservanza delle forme soggiacciono, al regime delle nullità di cui all’art.156 ss. cpc e, quindi, vanno disciplinate applicando il principio della idoneità dell’atto al raggiungimento dello scopo e ciò anche attraverso l’esame di atti distinti o di comportamenti successivi rispetto a quello entro il quale la costituzione doveva avvenire.
Tale decisione è stata anche assunta in relazione all’attualità dei tempi nei quali vi è il fisiologico ritardo nella restituzione degli atti introduttivi notificato al foro, specie nei grandi centri urbani.
Di fatto la presente decisione conferma quella già pronunziata sentenza – Corte di cassazione, sezione terza – 08 Maggio 2012 – n° 6912 (già oggetto di pubblicazione su expartecreditoris.it) che aveva ritenuto l’iscrizione con velina una mera irregolarità.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 2576/2010 proposto da:
ALFA A. & C.SAS
– RICORRENTE –
contro
R.I.A.; (tizio)
– INTIMATA
avverso la sentenza n. 137/2009 del TRIBUNALE di FOGGIA, SEZIONE DISTACCATA di TRINITAPOLI, depositata il 08/10/2009;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO – MOTIVI DELLA DECISIONE
Ritenuto quanto segue:
p.1. La ALFA A. & C.SAS ha proposto ricorso per cassazione contro TIZIO avverso la sentenza dell’8 ottobre 2009, con la quale il Tribunale di Foggia, sezione Distaccata di Trinitapoli ha dichiarato improcedibile l’appello da essa ricorrente proposto avverso la sentenza resa in primo grado inter partes dal Giudice di Pace di Trinitapoli in una controversia di opposizione proposta dalla TIZIO avverso un decreto ingiuntivo ottenuto nei suoi riguardi dalla stessa ricorrente.
L’improcedibilità è stata dichiarata dal Tribunale in accoglimento dell’eccezione dell’appellata ed a motivo che la società appellante aveva iscritto a ruolo l’appello depositando il proprio fascicolo il 9 dicembre 2008 con una copia della citazione non corredata dalla relata di notifica. Quest’ultima si era perfezionata il successivo 16 dicembre “mediante deposito nella casa comunale“, come risultava dall’originale notificato alla controparte e depositato successivamente in sostituzione della copia, peraltro, a quel che si legge nella sentenza, in una data incerta, dato che sull’atto non vi era il timbro del deposito.
Il mancato deposito dell’originale aveva anche comportato quello della procura, figurante su di esso.
p.2. Al ricorso l’intimata non ha resistito.
p.3. Prestandosi il ricorso ad essere trattato con il procedimento di cui all’art.380 bis cpc, è stata redatta relazione ai sensi di detta norma, che è stata notificata all’avvocato della parte ricorrente e comunicata al Pubblico Ministero presso la Corte.
Considerato quanto segue:
p.1. Nella relazione ai sensi dell’art.380 bis cpc, si sono svolte le seguenti considerazioni:
“(….) 3. Il ricorso si presta ad essere trattato in camera di consiglio con il procedimento di cui all’art.380 bis cpc, in quanto appare manifestamente fondato.
Esso propone due motivi.
Il PRIMO è di violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art.360 cpc, comma 1, n.3, in relazione agli artt.156, 347 e 348 cpc, e vi si sostiene che erroneamente il Tribunale avrebbe dichiarato l’improcedibilità nonostante la costituzione dell’appellata ed in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte, della quale viene evocata Cass. n.11783 del 2007. Inoltre, il Tribunale avrebbe male applicato l’art.348 cpc, equiparando la mancata costituzione in termini e l’inosservanza delle sue forme, alle quali era de ricondurre il mancato deposito dell’originale all’atto della costituzione stessa.
Il SECONDO motivo deduce omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, ex art.360 cpc, comma 1, n.5, avendo il Giudice sostenuto che il mancato deposito dell’originale abbia determinato anche il mancato deposito della procura alle liti” e censura il rilievo del Tribunale, per la verità meramente assertorio e non esplicitato nelle sue conseguenze, che il mancato deposito dell’originale aveva comportato quello della procura su di esso. Si sostiene che avendo la controparte ricevuto la notifica dell’originale ed avendo lo stesso Tribunale esaminato e provveduto su un’istanza ai sensi dell’art.351 cpc, comma 2, che era stata accolta inaudita altera parte, nessun dubbio sulla sussistenza delle procura ai fini dell’appello si sarebbe potuto configurare. Vengono, altresì, invocate Cass. nn.23027 del 2007 e 13315 del 1999.
p.3.1. I due motivi, esaminabili congiuntamente, appaiono fondati alla stregua dei principi di diritto recentemente enunciati, con considerazione dell’evoluzione della giurisprudenza di questa Corte ed individuazione dei suoi finali approdi, da Cass. n.6912 del 2012.
In particolare tale sentenza si è così espressa:
le conseguenze della scelta del legislatore di applicare la sanzione della improcedibilità, che significano sottrazione dell’inosservanza delle forme al regime delle nullità e, quindi, esclusione dell’operatività del principio della sanatoria per l’eventuale configurabilità di una fattispecie di raggiungimento dello scopo, si giustificano soltanto per il caso di costituzione mancata entro il termine, cioè che non sia mai avvenuta, o sia avvenuta successivamente ad esso.
Le conseguenze di una costituzione avvenuta nel termine ma senza l’osservanza delle forme evocate nel primo comma dell’art.347, essendo il regime della improcedibilità, in quanto di maggior rigore rispetto al sistema generale delle nullità, di stretta interpretazione, soggiacciono, viceversa, al regime delle nullità di cui all’art.156 cpc e ss., e, quindi, vanno disciplinate applicando il principio della idoneità dell’atto al raggiungimento dello scopo e ciò anche attraverso l’esame di atti distinti o di comportamenti successivi rispetto a quello entro il quale la costituzione doveva avvenire.
2.4. In questa prospettiva, premesso il rilievo che, essendo il controllo sulla procedibilità demandato alla prima udienza di trattazione – siccome previsto dall’art.350 cpc, comma 2, – non risulta conferente l’osservazione della decisione sopra ricordata che la costituzione con la copia non notificata mette il giudice nell’impossibilità di controllare la procedibilità sotto il profilo della effettiva proposizione dell’impugnazione: invero, atteso che il controllo dev’essere fatto alla detta udienza, si comprende come la constatazione solo in essa, della conformità della copia (la velina), con cui l’appellante si è costituito, all’originale che egli produca in quella udienza, consente di ritenere che lo scopo della costituzione quo ad deposito dell’originale della citazione notificata, mancante al momento della costituzione, ma non prescritta a pena di improcedibilità, risulti raggiunto attraverso la constatazione che la copia è conforme all’originale.
Solo in caso di difformità dall’originale oppure in caso di mancato deposito della copia notificata senza alcuna richiesta o allegazione di ragioni giustificative di una richiesta di rinvio per produrla, emerge che la costituzione mediante il deposito della copia è priva di rispondenza con la vocatio in ius siccome espressa nella citazione notificata e risulta, quindi, che riguardo a quest’ultima nessuna costituzione tempestiva vi è stata. L’appello, per come incardinato presso il giudice d’appello risulta, pertanto, in questo caso improcedibile. Il fatto che l’improcedibilità emerga solo alla prima udienza di trattazione, essendo questo il momento in cui il relativo controllo dev’essere fatto, non contraddice del resto l’indisponibilità della sanzione da parte del giudice in essa espressa, perché il giudice ne rileva le condizioni alla prima udienza di trattazione, ma con riferimento al momento entro il quale l’adempimento previsto a pena di improcedibilità – cioè la costituzione e non le sue forme – doveva compiersi.
D’altro canto, alla prima udienza di cui all’art.350 cpc, comma 2, (e, comunque, alla prima udienza del giudizio davanti al tribunale in composizione monocratica, giudice dell’appello sulle sentenze dei giudici di pace), poiché la legge prevede che il controllo della regolarità della costituzione e, quindi, delle ritualità delle sue forme, debba essere compiuto in essa, il giudice, di fronte alla mancata produzione in cancelleria nelle more fra l’iscrizione tempestiva con la velina e l’udienza oppure alla mancata produzione direttamente in udienza, potrà a questo punto, nell’esercizio dei suoi poteri di direzione del procedimento ai sensi dell’art.175 cpc, comma 1, e, particolarmente del sollecito svolgimento del processo, assegnare un termine alla parte appellante a norma dell’art.152 cpc, sì da scongiurare manovre dilatorie, nel quale caso al termine – in quanto ordinatorio e fissato dal giudice – sarà applicabile il regime di cui all’art.154 cpc.
Questa gestione della vicenda esclude la preoccupazione che traspare tra le righe dall’orientamento degli uffici di merito che insistentemente mostra di essere contrario alla ricostruzione qui prospettata, dovendo fare i conti con il probabile fisiologico ritardo nella restituzione degli atti introduttivi notificato al foro, specie nei grandi centri urbani.
p.2.5. Le considerazioni qui svolte si sono reputate, d’altro canto, opportune perché la sentenza impugnata è l’indizio di una non chiara percezione da parte della giurisprudenza di merito dell’esegesi dell’art.348 cpc, comma 1, forse dovuta al mancato approfondimento anche da parte della giurisprudenza di questa Corte dell’esatta dimensione dei termini della iscrizione a ruolo dell’appello mediante una velina in riferimento alla esistenza (o meglio alla necessaria inesistenza) su di essa di una relazione di notificazione.
La loro opportunità non deve sembrare un fuor d’opera nemmeno dopo l’arresto con cui recentemente le stesse Sezioni Unite hanno confermato incidenter che l’iscrizione a ruolo della citazione d’appello può avvenire sulla base di una velina (Cass. sez. un. n. 10864 del 2011), atteso che l’affermazione è stata fatta senza un’espressa considerazione, non necessaria, peraltro, ai fini della questione allora esaminata, della mancanza della relazione di notificazione (o meglio dello schema in bianco di essa nei sensi sopra precisati).
p.2.6. Il PRIMO MOTIVO è, dunque, ACCOLTO e la sentenza impugnata è cassata sul punto in cui ha dichiarato l’improcedibilità per essere stata la causa iscritta con una copia non recante alcuna relata di notificazione (o meglio, ripetesi, il suo schema).
3. Con il SECONDO MOTIVO si deduce “violazione e falsa applicazione degli artt.165, 125, 182 e 83 cpc, ex art. 360 cpc, n.3, in relazione alla nullità dell’atto di appello per difetto di ius postulandi in quanto all’atto della costituzione non risultava depositata la procura al difensore, rilasciata a margine dell’atto di citazione del giudizio di primo grado, con espressa estensione al giudizio di secondo grado“.
Vi si censura la sentenza impugnata là dove, nella parte finale, ha ritenuto affetto da nullità l’atto di appello perché all’atto della costituzione non era stata depositato la procura, non sussistendo alcun onere del giudice d’appello di ordinare la regolarizzazione ai sensi dell’art.182 cpc.
Ancorché non lo espliciti, la sentenza impugnata è pervenuta a tale conclusione sempre sulla scorta della sua errata esegesi dell’art.348 cpc, comma 1, in relazione all’art.347 cpc, comma 1, cioè considerando che, quando la prima norma prevede l’improcedibilità, non la riferisce solo all’inosservanza del termine, ma anche delle forme della costituzione. Fra esse, infatti, per il tramite del rinvio dell’art.347, comma 1, all’art.165 cpc, vi è anche il deposito della procura e, dunque, in un caso nel quale lo ius postulandi in appello era stato esercitato sulla base della procura conferita con la citazione di primo grado che abilitava al ministero anche in appello, attraverso la produzione dell’originale (o della copia) della citazione di primo grado recante la procura.
Nella specie, infatti, è pacifico che il qui ricorrente non depositò al momento della costituzione la citazione di primo grado, essa venendo acquisita – come dice la stessa sentenza impugnata – solo per effetto dell’acquisizione del fascicolo d’ufficio del giudice di primo grado il 30.9.2008, evidentemente avvenuta ai sensi dell’art.347 cpc, comma 2.
p.3.1. Anche questo secondo motivo è FONDATO.
Questa Corte, già nel vigore del testo degli artt.347 e 348, anteriore alle modifiche introdotte dalla L. n.353 del 1990 (il quale imponeva a pena di improcedibilità all’appellante di depositare il proprio fascicolo dopo essersi costituito: art.348 cpc, comma 2, nel testo introdotto dalla L. n. 581 del 1950), aveva ritenuto che qualora la procura al difensore dell’appellante sia stata rilasciata in calce alla copia notificata della citazione di primo grado, con espressa estensione al giudizio di secondo grado, e l’atto di gravame ne faccia precisa menzione, il suo mancato inserimento nel fascicolo dell’appellante medesimo, tempestivamente presentato a norma dello art.348 cpc., comma2, non comporta l’improcedibilità del gravame ove sia suscettibile di successiva regolarizzazione ex art.182 cpc, su invito dell’istruttore (o su iniziativa spontanea della parte), mediante la produzione del fascicolo di primo grado contenente detta copia notificata della citazione introduttiva. (Cass. n. 3342 del 1982).
Con riferimento a fattispecie soggetta al regime successivo alla L. n.353 del 1990, a sua volta, senza particolari motivazioni e senza percepire il cambiamento dell’art.348 cpc, il riferito precedente è stato reiterato da Cass. n.6327 del 2006.
La sua giustificazione, nel regime attualmente vigente, si fonda sia sulla ricostruzione del significato dell’art.348, comma 1, nel senso che sanzioni solo l’inosservanza del termine di costituzione e non delle sue forme e, quindi, delle produzioni che dovrebbero farsi a norma dell’art.165 cpc, sia – qualora non risulti che la citazione di primo grado recante la procura sia contenuta nel fascicolo del giudice di primo grado doverosamente acquisito ai sensi dell’art.347 cpc, comma 1, (ad esempio, perché, la parte aveva ritirato il suo fascicolo che conteneva l’atto), sul carattere altrettanto doveroso del potere del giudice di ordinare la produzione ai sensi dell’art.182 cpc (come ampiamente argomentato da Cass. n.10123 del 2011).
In base alle sopra riportate motivazioni, la sentenza impugnata dovrebbe essere cassata con rinvio al Tribunale di Foggia, Sezione Distaccata di Trinitapoli, perché esamini l’appello, che era procedibile.
p.2. Il Collegio condivide le argomentazioni e le conclusioni della relazione, alle quali nulla è necessario aggiungere.
Il ricorso è accolto e la sentenza impugnata è cassata con rinvio, anche per le spese del giudizio di cassazione, al Tribunale di Foggia, Sezione Distaccata di Trinitapoli, perché esamini l’appello, che era procedibile.
PQM
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese del giudizio di cassazione al Tribunale di Foggia, Sezione Distaccata di Trinitapoli, che deciderà in persona di diverso magistrato addetto all’ufficio
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