L’art. 347, comma 2, c.p.c. stabilisce che l’appellante deve inserire nel proprio fascicolo copia della sentenza impugnata, ma, in caso di omissione, non commina la sanzione dell’improcedibilità come previsto, invece, dall’art. 348 c.p.c. per la mancata costituzione nei termini o per l’omessa comparizione dell’appellante alla prima udienza ed a quella successiva all’uopo fissata, sicché la mancanza in atti della sentenza impugnata non preclude al giudice la possibilità di decidere nel merito qualora, sulla base degli atti, egli disponga di elementi sufficienti.
Questo il principio affermato dalla Corte d’Appello di Milano, Pres. Vigorelli – Rel. Giobellina, con sentenza n. 1788 pubblicata il 13 luglio 2020.
Il Collegio meneghino riprende in toto la massima espressa già dalla Corte di Cassazione, con sentenza n.23713 del 22 novembre 2016, per ritenere infondata l’eccezione di inammissibilità sollevata da uno degli appellati nel giudizio de quo.
In particolare, aveva eccepito l’inammissibilità dell’appello ex art 347 cpc per non essere stata prodotta dall’appellante una copia della sentenza diversa da quella originale scaricabile dal fascicolo telematico completa della firma del giudice e di tutti i riferimenti di numero e di dati della pubblicazione e priva di attestazione di conformità, mentre la difesa dell’appellante rilevava di aver prodotto il duplicato informatico che non necessita di dichiarazione di conformità avendo il medesimo valore giuridico dell’originale.
La Corte ha accertato l’infondatezza della eccezione, in quanto nel caso di specie agli atti è stata allegata una copia integrale della sentenza e ciò basta, considerato che neppure la mancata allegazione è sufficiente per dichiarare improcedibile o inammissibile l’appello.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
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