La notifica dell’atto d’appello eseguita al difensore dell’appellato che, nelle more del decorso del termine di impugnazione, si sia volontariamente cancellato dall’albo professionale, non è inesistente (ove il procedimento notificatorio, avviato ad istanza di soggetto qualificato e dotato della possibilità giuridica di compiere detta attività, si sia comunque concluso con la consegna dell’atto) ma nulla per violazione dell’art. 330, comma 1, c.p.c., in quanto indirizzata ad un soggetto non più abilitato a riceverla, atteso che la volontaria cancellazione dall’albo degli avvocati importa per il professionista la simultanea perdita dello ius postulandi tanto nel lato attivo quanto in quello passivo. Tale nullità della notifica – ove non sia stata sanata, con efficacia retroattiva, mediante sua rinnovazione dando tempestivamente seguito all’ordine ex art. 291, comma l, c.p.c., o grazie alla volontaria costituzione dell’appellato – importa nullità del procedimento e della sentenza d’appello, ma non anche il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado, giacchè l’art. 301, comma l, c.p.c., deve ricomprendere tra le cause di interruzione del processo, anche l’ipotesi dell’avvocato che si sia volontariamente cancellato dall’albo, con l’ulteriore conseguenza che il termine di impugnazione non riprende a decorrere fino al venir meno della causa di interruzione o fino alla sostituzione del difensore volontariamente cancellatosi.
Questo il principio ribadito dalla Corte di Cassazione, VI sez. civ. – 5, Pres. Greco – Rel. Crolla, con l’ordinanza n. 9104 del 18 maggio 2020.
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