ISSN 2385-1376
Testo massima
Il termine “lungo” di impugnazione di sei mesi dalla data di deposito della sentenza si applica ai giudizi instaurati successivamente all’entrata in vigore della L. 69/2009, intendendosi per tali i processi instaurati in primo grado.
Viene confermata altresì la responsabilità personale degli amministratori per illeciti amministrativi da loro commessi a favore dell’ ente, in vigenza del precedente art. 98, DPR 602/73.
È quanto emerge dalla ordinanza n.15741 della Suprema Corte, pronunziata in data 21 giugno 2013, la quale ribadisce ulteriormente l’irrilevanza del momento di instaurazione di una successiva fase o del successivo grado di giudizio per la decorrenza dei “nuovi” termini.
La decisione, avente ad oggetto alcune violazioni in materia di IRPEG ed IVA, prende le mosse da un ricorso presentato ai giudici di legittimità sia dall’ Agenzia in via principale che dal contribuente in via incidentale. I motivi dedotti in giudizio dall’ Ufficio, si basavano sul fatto che, avendo notificato la cartella sia alla società che all’ allora amministratore, in sede di secondo grado di giudizio, il giudice osservava che gli atti impositivi de quibus, essendo stati correttamente notificati alla società, non potevano altresì essere emessi “anche nei confronti dell’amministratore, contrariamente all’iscrizione a ruolo ed allo stesso atto esecutivo spiccato nei riguardi dell’appellato, il quale invece era tenuto al pagamento solo delle sanzioni, quale autore delle violazioni ed omissioni“, per cui l’amministratore non sarebbe stato obbligato al pagamento delle maggiori imposte e relativi interessi, ma delle sole sanzioni.
Ricorreva incidentalmente anche l’ex amministratore della società (successivamente fallita), ritenuto per l’ appunto obbligato al versamento delle sanzioni, con due motivi di doglianza: innanzitutto egli contestava pregiudizialmente l’ammissibilità del ricorso principale proposto dall’Agenzia, poichè lo stesso sarebbe tardivo, in quanto proposto oltre il termine di mesi sei dalla pubblicazione della sentenza impugnata, giusta la modifica dell’art. 327 c.p.c., introdotta con la L. n. 69 del 2009; in secondo luogo il ricorrente lamentava la violazione dell’art. 7,DL. n. 269/03, convertito dalla L. n. 326/03, poiché la CTR non considerava che dall’entrata in vigore di questa norma, ormai il principio della personalizzazione della responsabilità per gli amministratori di società di capitali, e quindi con personalità giuridica, è caducato, ancorché per fatti da loro commessi.
Con riferimento all’eccezione pregiudiziale avanzata dal contribuente, la Cassazione asserisce che la stessa è priva di fondamento, in quanto la sentenza della CTR veniva pubblicata il 3.2.2010, mentre il ricorso veniva proposto il 10.3.2011, e quindi ampiamente nel termine previsto, che ancora era quello cosiddetto lungo di un anno e 46 giorni, atteso che la novella di mesi sei, introdotta con l’art. 46, L.69/09 non sarebbe applicabile con riferimento alla controversia, giusta il disposto dell’art. 58 della stessa, secondo cui chiosa la Corte – l’entrata in vigore di tale disposizione coincideva col 4.7.2009, senza possibilità di efficacia retroattiva ai procedimenti già pendenti, o per i quali erano state contestate le sanzioni.
Si tratta di un chiarimento particolarmente utile offerto dalla Suprema Corte in quanto, nonostante sia trascorso quasi un quinquennio dalla novella del 2009 che ha modificato le tempistiche inerenti la possibilità di impugnazione delle sentenze di primo grado, sovente si ingenerano non pochi dubbi e perplessità tra gli operatori del settore, complice una disposizione di non semplice comprensione, che si presta altresì a diverse interpretazioni, visto che il dato letterale desumibile dalla L. 69/2009 potrebbe riferirsi sia alla notifica del ricorso in primo grado o in appello che al deposito dello stesso. In particolare, l’instaurazione del giudizio tributario potrebbe essere identificata nella proposizione del ricorso o, in alternativa, in quella della costituzione, ossia nel successivo deposito del ricorso stesso. Vero è che secondo costante dottrina, occorrerebbe fare riferimento alla data in cui il ricorrente in primo grado si costituisce in giudizio e non alla data di notifica del ricorso: soltanto a seguito della costituzione del ricorrente infatti, la controversia è portata formalmente a conoscenza del giudice tributario.
Pertanto, parafrasando l’odierna decisione degli Ermellini, qualora il ricorrente in primo grado si costituisca il giorno successivo all’entrata in vigore della riforma (5 luglio 2009), trova applicazione il “nuovo” termine di sei mesi, ragion per cui l’espressione “ai giudizi instaurati” impiegata dall’art.58, comma 1, L. 69/2009, deve reputarsi riferita ai soli processi di primo grado.
Con riferimento al secondo motivo avanzato dal contribuente, ossia la caducazione dal principio della personalità della responsabilità degli amministratori per fatti da loro commessi a vantaggio dell’ente, per cui egli andrebbe esentato dal pagamento delle sanzioni ex art.7, co.1, DL 269/03, esso non ha pregio, dal momento che questa disposizione legislativa “non è applicabile retroattivamente, poiché il citato art.7, al comma 3, espressamente lo esclude, mentre si trattava di fatti ed omissioni relative agli anni 2001 e 2002 nella specie in esame”.
D’ altronde non si può che essere d’accordo con i giudici di Piazza Cavour, posto che, se è vero che tempus regit actum, non si vede come le norme contenute nell’odierno art. 7, co.1, DL 269/03 che, come noto, concentrano la sanzione fiscale amministrativa unicamente sulla “persona giuridica” che ha tratto effettivo beneficio dalla violazione della norma tributaria, debbano essere applicate retroattivamente (ossia per un fatto commesso prima dell’entrata in vigore della disposizione legislativa).
A tal proposito, l’art. 7 de quo, come argomenta correttamente il giudice di legittimità, si applica “alle sole violazioni commesse dopo l’entrata in vigore della nuova disciplina, mentre quelle commesse in epoca precedente continuano ad essere riferite alla società, all’associazione o all’ente, con permanenza della responsabilità solidale della persona fisica prevista dall’art. 98 del DPR 29 settembre 1973, n. 602, (ndr: ora abrogato) senza che possa trovare applicazione il principio del “favor rei”, in quanto l’abrogazione della disciplina previgente non ha avuto alcun effetto sulla norma incriminatrice”.
Dal canto suo l’Amministrazione finanziaria ha in questo modo visto semplificarsi il proprio ruolo, dovendo concentrare la propria vis sanzionatoria verso un solo “bersaglio” anziché due (autore e beneficiario della violazione) e non dovendo più svolgere indagini circa l’identificazione della persona fisica autrice della violazione.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 7039/2011 proposto da:
A
GENZIA DELLE ENTRATE
– ricorrente –
contro
P.S.
– controricorrente e ricorrente incidentale –
– ricorrenti incidentali
–
avverso la sentenza n. 30/33/2010 della Commissione Tributaria Regionale di NAPOLI del 10.11.09, depositata il 03/02/2010;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L’agenzia delle entrate propone ricorso principale per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza della commissione tributaria regionale della Campania n.30/33/10, depositata il 3 febbraio 2010, con la quale, accolto in parte l’appello della medesima contro la decisione di quella provinciale, l’opposizione di P.S., relativa sia alla cartella di pagamento inerente all’Irpeg ed Iva per la società alfa SRL., nel frattempo fallita, della quale egli era stato amministratore unico, nonchè alle relative sanzioni, tutte riguardanti il 2001 e 2002, e di cui ai precedenti avvisi di accertamento, sia al rispettivo atto di contestazione di sanzioni nei riguardi del contribuente medesimo, veniva accolta parzialmente.
In particolare il giudice di secondo grado osservava che quegli atti impositivi risultavano notificati regolarmente alla società, e quindi la cartella di pagamento non poteva essere emessa anche nei confronti dell’amministratore, contrariamente all’iscrizione a ruolo ed allo stesso atto esecutivo spiccato nei riguardi dell’appellato, il quale invece era tenuto al pagamento solo delle sanzioni, quale autore delle violazioni ed omissioni, oltre che per la personalizzazione della relativa responsabilità D.P.R. n.472 del 1997, ex art.16.
P. resiste con controricorso, ed a sua volta ha proposto ricorso incidentale sulla base di due motivi.
MOTIVI DELLA DECISIONE
2. In via pregiudiziale va disposta la riunione dei ricorsi ai sensi dell’art.335 cpc, atteso che essi sono stati proposti contro la stessa sentenza.
3. Inoltre va esaminata l’eccezione, avente carattere pregiudiziale, di inammissibilità del ricorso principale, proposta dal controricorrente, secondo cui esso sarebbe tardivo, perchè proposto oltre il termine di mesi sei dalla pubblicazione della sentenza impugnata, giusta la modifica dell’art.327 cpc, introdotta con la L. n.69 del 2009.
L’eccezione è destituita di fondamento, atteso che il termine per il gravame risulta certamente osservato, posto che la sentenza della CTR veniva pubblicata il 3.2.2010, mentre il ricorso è stato proposto il 10.3.2011, e quindi ampiamente nel termine previsto, che ancora era quello cosiddetto lungo di un anno e 46 giorni, atteso che la novella di mesi sei, introdotta con la L. n.69 del 2009, art.46, non è applicabile nella controversia ora pendente, giusta il disposto dell’art.58 della stessa, secondo cui l’entrata in vigore di tale disposizione coincideva col 4.7.2009, senza possibilità di efficacia retroattiva ai procedimenti già pendenti, o per i quali erano state contestate le sanzioni.
Invero in tema di impugnazioni, la modifica dell’art.327 cpc, introdotta dalla L. 18 giugno 2009, n.69, che ha sostituito il termine di decadenza di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza all’originario termine annuale, è applicabile, ai sensi dell’art.58, comma 1, della predetta legge, ai soli giudizi instaurati dopo la sua entrata in vigore e, quindi, dal 4 luglio 2009, restando irrilevante il momento dell’instaurazione di una successiva fase o di un successivo grado di giudizio (Cfr. anche Cass. Sentenze n.17060 del 05/10/2012, n.6007 del 2012).
A) RICORSO PRINCIPALE.
4. Con i motivi addotti a sostegno del ricorso, formulati congiuntamente, la ricorrente deduce violazione di norme di legge, nonchè insufficiente motivazione, in quanto la CTR non considerava che gli avvisi di accertamento, per le imposte diretta ed indiretta, erano stati notificati regolarmente alla società alfa anche a mezzo dello stesso amministratore delegato P., come dimostrato dalle inerenti relate in uno al frontespizio degli atti impositivi, peraltro prodotte, senza che il giudice di appello avesse attenzionato tale dato, e ciò ai fini del pagamento anche di tali imposte pure da parte di lui, stante la definitività degli avvisi non impugnati tempestivamente, mentre invece alcuna questione va addotta in ordine alle sanzioni contestate con apposito atto al suindicato legale rappresentante all’epoca, giusta anche l’accoglimento dell’appello sul punto da parte del secondo giudice.
Il motivo è fondato.
Invero, in ordine al pagamento delle imposte preteso con la cartella di pagamento, va rilevato che in realtà si tratta di debito fiscale che non poteva non gravare pure sull’amministratore quale coobbligato solidale, anche se si trattava di società di capitale, e ciò a prescindere dalla regolare o meno notificazione degli originari atti impositivi alla Master Food, che tuttavia – “incidenter tantum” – appare corretta, giusta le relate e i frontespizi già prodotti dall’appellante agenzia. Infatti la responsabilità dei liquidatori, ovvero degli amministratori, in presenza dell’integrazione delle distinte fattispecie previste dal D.P.R. 29 settembre 1973, n.602, art.36, per l’ipotesi di mancato pagamento delle imposte sul reddito delle persone giuridiche i cui presupposti si siano verificati, è responsabilità per obbligazione propria “ex lege” (per gli organi, in base agli artt.1176 e 1218 cc, e per i soci di natura sussidiaria), avente natura civilistica e non tributaria (Cfr. anche Cass. Sentenze n.7327 del 11/05/2012, n.22863 del 2011).
Incombeva sul soggetto dichiarato responsabile con il provvedimento di attuazione della pretesa sanzionatoria l’onere di assumere l’iniziativa processuale volta ad ottenere il controllo giurisdizionale e l’onere di provare l’insussistenza dei presupposti – diversi dal debito d’imposta della società – di tale responsabilità (V. pure Cass. Sentenza n.9688 del 14/09/1995).
In ordine alla questione inerente alla solidarietà per il pagamento delle sanzioni, tema peraltro non dedotto in questa sede dall’agenzia direttamente per carenza d’interesse, va rilevato che si ravvisa l’esattezza della relativa statuizione da parte del giudice di secondo grado, giusta il principio, secondo cui in tema di sanzioni amministrative per violazione delle norme tributarie, il c.d.principio di personalizzazione della sanzione stessa, introdotto dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n.472, artt.2 ed 11, – in virtù del quale le persone fisiche che hanno la rappresentanza di un soggetto passivo d’imposta o di un inadempiente all’obbligo tributario sono divenute direttamente responsabili delle sanzioni connesse alle violazioni delle norme (formali e sostanziali) tributarie commesse ad opera e/o nell’interesse della parte rappresentata (legalmente e/o negozialmente) e/o amministrata, mentre tale parte è obbligata al pagamento di una somma pari alla sanzione irrogata -, si applica, ai sensi dell’art.27 del medesimo D.Lgs., alle sole violazioni commesse dopo l’entrata in vigore della nuova disciplina, mentre quelle commesse in epoca precedente continuano ad essere riferite alla società, all’associazione o all’ente, con permanenza della responsabilità solidale della persona fisica prevista dal D.P.R.29 settembre 1973, n.602, art.98, senza che possa trovare applicazione il principio del “favor rei”, in quanto l’abrogazione della disciplina previgente non ha avuto alcun effetto sulla norma incriminatrice (V. pure Cass. Sentenze n.5714 del 12/03/2007, n.17223 del 2006).
B) RICORSO INCIDENTALE.
5. Col PRIMO motivo il ricorrente per incidente denunzia violazione di norme di legge, poichè il giudice di appello non poteva ritenere regolare la notifica dell’atto di contestazione delle sanzioni all’amministratore delegato, dal momento che gli avvisi di accertamento nei riguardi della società ALFA non erano stati notificati in modo regolare, mentre peraltro dovevano esserlo nei riguardi del curatore fallimentare, essendo già intervento il fallimento. Inoltre la posizione relativa alle sanzioni non era stata separata rispetto alle imposte pretese, nè gli avvisi di accertamento erano stati notificati pure a P. come amministratore delegato.
La censura è generica, in quanto il ricorrente non ha riportato il tratto del ricorso introduttivo, nè dell’atto di controdeduzioni, con cui avrebbe addotto la questione. Inoltre va rilevato – “ad abundantiam” – che essa comunque è infondata, dal momento che per il ricorrente per incidente si tratta soltanto della contestazione delle sanzioni, peraltro ben individuate, come riportato nella relativa iscrizione a ruolo e nella cartella di pagamento, senza che perciò gli avvisi di accertamento fossero stati necessariamente notificati al corresponsabile solidale, ancorchè nella specie tuttavia essi lo fossero stati, come – e ciò si rileva solo “incidenter tantum” – veniva dimostrato dall’appellante in secondo grado.
6. Col SECONDO motivo il ricorrente lamenta violazione del D.L. n.269 del 2003, art.7, convertito dalla L. n.326 del 2003, poichè la CTR non considerava che ormai il principio della personalizzazione della responsabilità per gli amministratori di società di capitali, e quindi con personalità giuridica, è caducato, ancorchè per fatti commessi da loro, con effetto dalla sua entrata in vigore, e quindi da applicare anche ai rapporti fiscali precedenti, a condizione tuttavia che la contestazione delle violazioni o l’irrogazione delle sanzioni non fossero di data anteriore alla vigenza di tale novella.
La doglianza non ha pregio, dal momento che in tema di sanzioni amministrative per violazione delle norme tributarie, la statuizione di cui al D.L. 30 settembre 2003, n.269, art.7, comma 1, convertito in L. 24 novembre 2003, n.326, che pone le stesse, se relative al rapporto fiscale proprio di società o enti con personalità giuridica, esclusivamente a carico di quest’ultimi, non è applicabile retroattivamente, poichè il citato art.7, al comma 3, espressamente lo esclude, mentre si trattava di fatti ed omissioni relative agli anni 2001 e 2002 nella specie in esame (Cfr. anche Cass. Sentenze n.26507 del 12/12/2011, n. 24925 del 2011).
Del resto all’epoca la solidarietà tributaria aveva perfettamente un senso, ove si consideri che l’amministratore o il legale rappresentante di società di capitali veniva ritenuto solidalmente responsabile D.P.R. 29 settembre 1973, n.602, ex art.98, comma 6, per il pagamento di sopratasse o pene pecuniarie irrogate alla società stessa per le violazioni di norme relative anche all’accertamento delle imposte sui redditi, contenute nel D.P.R. n.600 del 1973, essendo la redazione, la presentazione e l’approvazione del bilancio e della dichiarazione dei redditi, atti propri dell’amministratore, e trattandosi di documenti a lui direttamente imputabili (Cfr. anche Cass. Sentenze n.27036 del 21/12/2007, n.19857 del 2005).
7. Ne deriva che il ricorso principale va accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata senza rinvio in relazione ad esso, mentre invece l’altro incidentale va rigettato; e, decidendo nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ex art.384 cpc, comma 2, quello introduttivo va pure respinto.
8. Quanto alle spese dell’intero giudizio, sussistono giusti motivi per compensarle, attese le alterne vicende e la natura delle questioni trattate.
PQM
La Corte riuniti i ricorsi, accoglie quello principale; rigetta l’altro incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al primo, e, decidendo nel merito, respinge quello introduttivo, e compensa le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, il 23 maggio 2013.
Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2013
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Numero Protocolo Interno : 378/2013