Nel giudizio di appello, vige il divieto assoluto di ammissione di nuovi mezzi di prova e di produzione di nuovi documenti, a prescindere dalla circostanza che abbiano o meno quel carattere di “indispensabilità” che, invece, costituiva criterio selettivo nella versione precedente dell’art. 345 c.p.c., fatto comunque salvo che la parte dimostri di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile.
Questo il principio ribadito dalla Corte di Cassazione, VI sez. civ. -2, Pres. Lombardo – Rel. Falaschi, con l’ordinanza n. 2764 del 6 febbraio 2020.
Nel caso di specie, una società aveva proposto opposizione avverso un decreto ingiuntivo emesso sulla scorta di alcune fatture. L’opposizione era stata rigettata in primo grado, con sentenza confermata dalla Corte di Appello in sede di gravame. Quest’ultima non aveva ammesso l’acquisizione nel giudizio di una quietanza di pagamento che l’opponente aveva prodotto.
Avverso la pronuncia di secondo grado, la società ha proposto ricorso per Cassazione, evidenziando che la Corte di Appello, non ammettendo nel giudizio l’acquisizione della quietanza di pagamento, che era stata rinvenuta successivamente al giudizio di primo grado, aveva omesso di ricercare la verità sostanziale, ai sensi dell’art. 111 Cost..
La Suprema Corte non si è discostata dal principio di diritto consolidato in giurisprudenza e pocanzi enunciato, divenuto tale con la nuova formulazione dell’art. 345 c.p.c., comma 3, secondo cui è venuta meno l’ipotesi della indispensabilità della prova e l’unico caso in cui la produzione documentale in appello è tuttora ammissibile è costituito da una “causa non imputabile” alla parte, ossia dal caso fortuito o dalla forza maggiore, di cui deve esserne fornita la prova. La nuova previsione dell’art. 345 c.p.c., comma 3, appare sintonica con l’accentuazione della natura del giudizio d’appello come mera revisio prioris instantiae anzichè come iudicium novum, che sta alla base della coeva riforma dell’art. 342 c.p.c.
Gli Ermellini hanno chiarito che la naturale propensione del processo all’accertamento della verità dei fatti va coniugata con il regime delle preclusioni, che sono numerose nel rito civile. Pertanto, la soppressione dell’ipotesi della “prova indispensabile“, quale eccezione al divieto della produzione documentale in appello, si traduce semplicemente nell’accentuazione dell’onere, già certamente immanente, di tempestiva attivazione del convenuto, in attuazione di un principio di lealtà processuale che impone di dedurre immediatamente tutte le possibili difese.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
APPELLO: INAMMISSIBILI I MEZZI DI PROVA “NUOVI” SALVO CHE SIANO INDISPENSABILI PER IL COLLEGIO
ALTERNATIVAMENTE, LA PARTE DEVE DIMOSTRARE DI NON AVERLI POTUTI PROPORRE IN PRIMO GRADO PER CAUSA AD ESSA NON IMPUTABILE
Sentenza | Cassazione civile, Sezione Prima | 17.10.2014 | n.22044
APPELLO: NESSUNA PRECLUSIONE PER LA PRODUZIONE IN ORIGINALE DELLA COPIA GIÀ DEPOSITATA IN PRIMO GRADO
COSTITUISCE MERA REGOLARIZZAZIONE FORMALE DI UNA PRODUZIONE PREGRESSA
Sentenza | Cassazione civile, sez. prima, Pres. Di Palma – Rel. Bernabai | 26.01.2016 | n.1366
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