In materia di procedura civile, deve dirsi nulla ai sensi dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. la sentenza pronunciata in grado di appello la cui motivazione non raggiunge quel “minimo costituzionale” richiesto ai fini della validità.
Ciò accade qualora la motivazione della Corte d’appello pervenga ad una pronuncia di rigetto del gravame “a larghe falcate”, trascurando di affrontare numerosi snodi che sarebbe stato invece necessario esaminare, per spiegare la decisione di accoglimento.
Questo è il principio espresso dalla Corte di Cassazione, Pres. Rubino-Rel. Rossetti, con la sentenza n. 26415 del 13 settembre 2023.
Accadeva che una società aveva stipulato un contratto di leasing con un’altra società avente ad oggetto un capannone industriale.
Dopo aver risolto anticipatamente il contratto, e aver pagato alla locatrice il prezzo di riscatto, vendeva il capannone a una terza società.
Dopo quattro anni il Tribunale di Trani dichiarava il fallimento dell’originaria proprietaria del capannone.
Successivamente la curatela fallimentare conveniva dinanzi al Tribunale di Trani l’originaria proprietaria chiedendo che fossero dichiarati inefficaci nei confronti del fallimento, ai sensi degli artt. 66 l. fall. e 2901 c.c., sia il contratto di vendita del capannone alla terza acquirente sia il contratto con cui la originaria proprietaria concesse alla venditrice in locazione finanziaria il medesimo capannone.
Il Tribunale accoglieva la domanda con sentenza che veniva poi appellata dalla proprietaria originaria. Il giudice dell’appello rigettava il gravame accogliendo l’azione revocatoria proposta dal fallimento e ritenendo che il solo contratto di sale and lease back fu pregiudizievole ai creditori della originaria proprietaria e che la acquirente, in quanto operatore professionale potesse avvedersi con la diligenza esigibile da un operatore economico professionale delle difficoltà economiche della originaria proprietaria al momento della stipula del contratto.
Pertanto l’originaria proprietaria proponeva ricorso per cassazione deducendo, nel quarto motivo, la nullità della sentenza per mancanza di motivazione.
La Suprema Corte accoglieva la doglianza, affermando che la motivazione di una sentenza resa in grado di appello deve raggiungere un minimum costituzionale ai fini della validità. Pertanto se, come nel caso di specie, il giudice del gravame giunge a una pronuncia di rigetto attraverso un’analisi incompleta dei fatti di causa trascurando di affrontare numerosi snodi che sarebbe stato invece necessario esaminare, per spiegare la decisione di accoglimento, ciò comporta la nullità della sentenza per carente motivazione.
Sulla base di queste considerazioni, la Corte accoglieva il quarto motivo ritenendo assorbiti gli altri, cassava la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinviava la causa alla Corte d’appello di Bari, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Per ulteriori approfondimenti in materia si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
SENTENZA: NULLA SE IL GIUDICE NON PALESA IN MODO INTELLIGIBILE LE RAGIONI DEL RIGETTO
LA CONCISIONE DELLA MOTIVAZIONE NON PUÒ PRESCINDERE DALL’ESISTENZA DI UNA PUR SUCCINTA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
Sentenza | Corte di Cassazione, sez. III civ., Pres. Vivaldi – Rel. Sestini | 15.11.2019 | n.29721
NULLITÀ PROVVEDIMENTO: SUSSISTE IL VIZIO IN IPOTESI DI MOTIVAZIONE INCONGRUA E CONTRADDITTORIA
LE ARGOMENTAZIONI CHE VIA VIA SI SUSSEGUONO DEVONO ESSERE INCONCILIABILI TRA LORO
Sentenza | Corte di Cassazione, Pres CRISTIANO, Rel DOLMETTA | 11.06.2021 | n.16561
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