ISSN 2385-1376
Testo massima
Commento redatto a cura del Dott. Marco Formica del Foro di Milano
Il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza di inammissibilità dell’appello ex art. 348-ter, comma 1, c.p.c., pronunciata in udienza, va proposto, a pena di decadenza, entro sessanta giorni dalla data dell’udienza stessa per le parti presenti e per quelle che avrebbero dovuto essere presenti.
Ove si consideri che la comunicazione serve a dare notizia (art. 136 cpc, comma 1), cioè ad avvisare la parte che è stato pronunciato un provvedimento, il legislatore, quando nel comma 2 dell’art. 176 cpc fa riferimento al ritenersi conosciute le ordinanze pronunciate in udienza (che risultano riprodotte a verbale), reputa che il “dare notizia” cui allude l’art. 136 cpc, comma 1, si realizzi perché la parte che è presente o doveva essere presente necessariamente riceve tale notizia dell’adozione del provvedimento dalla sua pronuncia nell’udienza nel caso di presenza e, nel caso in cui la presenza era doverosa, la riceve legalmente, perché viene considerata come parte presente.
Questi i principi confermati dalla Corte di Cassazione, Sezione Sesta, Pres. Finocchiaro – Rel. Frasca, con l’ordinanza n. 25119 del 14 dicembre 2015.
La pronuncia trae origine dal ricorso per cassazione proposto, ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., terzo comma, avverso la sentenza del Tribunale di Velletri in tema di risarcimento danni da reato, a seguito della statuizione di inammissibilità ex art. 348 bis cpc da parte della Corte d’Appello di Roma, investita del gravame.
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente inammissibile in quanto l’esercizio del diritto di impugnazione sarebbe dovuto avvenire, ex art. 348 ter, terzo comma, cpc, nei sessanta giorni successivi all’ordinanza della Corte di Appello.
Posto che l’ordinanza di dichiarazione dell’inammissibilità dell’appello era stata pronunciata dalla Corte territoriale all’udienza del 25 marzo 2014 (con provvedimento reso a verbale), la stessa doveva intendersi comunicata in via immediata alla difesa del ricorrente, oltretutto presente in udienza, ai sensi dell’art. 176, secondo comma, cpc.
Tale norma, infatti, dispone che “le ordinanze pronunciate in udienza si ritengono conosciute dalle parti presenti e da quelle che dovevano comparirvi” e che “quelle pronunciate fuori dall’udienza sono comunicate a cura del cancellerie entro i tre giorni successivi”.
Quindi, per i giudici di legittimità, avendo la comunicazione di Cancelleria, ai sensi dell’art. 136, primo comma, cpc, il precipuo scopo di “dare notizia” e, dunque, avvisare la parte che è stato pronunciato un provvedimento, le ordinanze pronunciate in udienza, trascritte integralmente nel verbale, devono ritenersi conosciute perché la parte presente ha ricevuto la notizia dell’adozione del provvedimento dalla sua pronuncia in udienza, mentre, nel caso in cui la presenza era doverosa, la riceve legalmente poiché viene considerata come parte presente.
L’ordinanza, dunque, si intende “comunicata” alla parte per effetto della percezione o della possibilità (e/o doverosità) di percezione della pronuncia del provvedimento, emergente dal suo inserimento nel verbale dell’udienza.
In conclusione, poiché il ricorso per Cassazione era stato consegnato per la notificazione soltanto a termine di decadenza spirato, la Suprema Corte lo ha dichiarato inammissibile per tardività ed il ricorrente, con conseguente condanna di quest’ultimo alla rifusione delle spese di giudizio.
La pronuncia costituisce un precedente significativo, se solo si ponga mente alla peculiare formulazione dell’art. 348 ter, terzo comma, cpc, che fa decorrere il termine per il ricorso per cassazione espressamente “dalla comunicazione o notificazione, se anteriore, dell’ordinanza che dichiara l’inammissibilità”.
Testo del provvedimento
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Numero Protocolo Interno : 109/2015