In tema di appropriazione indebita, quando un dipendente della banca, tesoriere della correntista in forza di valida procura, si appropri illecitamente di somme dal conto corrente di quest’ultima, non si tratta di attività pericolosa, ed è del tutto difforme rispetto alle fattispecie diverse – e non analoghe – quali il trattamento dei dati personali e l’online banking e le annesse truffe informatiche inflitte ai correntisti (“phishing”).
Pertanto, non sussiste conflitto di interesse per l’attività bancaria esercitata mediante “un preposto (dipendente-cassiere)” che agisca nei confronti di una cliente della banca in forza di procura generale acquisita compilando un modulo della banca medesima.
Inoltre, pur riconducendolo al paradigma dell’art. 2050 c.c., è comunque onere dell’attore dimostrare i conseguenti danni subiti e, in mancanza, non spetta alcun risarcimento danni.
Questo è il principio espresso dalla Corte di Cassazione, Sez. III, Pres. Travaglino – Rel. Graziosi, con l’ordinanza n. 4243 del 10 febbraio 2023.
La vicenda traeva origine dalla domanda di risarcimento danni derivanti da appropriazioni illecite di somme effettuate da parte di un dipendente della banca sul conto corrente della ricorrente, per un totale di Euro 196.500, essendo il medesimo tesoriere della correntista in forza di una procura, che in realtà non avrebbe dovuto avere per contrasto con il codice di autodisciplina dell’istituto bancario. La banca doveva quindi rispondere dell’illecito del dipendente ai sensi degli artt. 2049, 2043 e 2050 c.c..
Il Tribunale rigettava la domanda. In particolare, riconosciuto che il conferimento della procura non spezzava il nesso di occasionalità necessaria tra le mansioni del dipendente e l’illecito imputato alla banca convenuta, riteneva però mancante la prova del danno, in quanto la ricorrente aveva prodotto solo un prospetto di sintesi unilateralmente effettuato che si fondava asseritamente sulle movimentazioni desumibili dagli estratti conto prodotti, da cui però era impossibile distinguere le movimentazioni illecite da quelle riguardanti la corretta gestione del rapporto.
La correntista proponeva appello, che veniva rigettato, e poi ricorso per Cassazione, argomentando che trattavasi di attività bancaria pericolosa, per esempio in ordine all’indebito trattamento dei dati personali dei clienti (specialmente per segnalazioni a sofferenza se illegittime) e anche all’ “online banking” e alle annesse truffe informatiche inflitte ai correntisti (si richiama pure il “phishing”). Ne sarebbe derivata la “connotazione intrinsecamente pericolosa” dell’attività bancaria esercitata mediante “un preposto (dipendente-cassiere)” che avrebbe agito nei confronti di una cliente della banca (l’attuale ricorrente) in conflitto di interessi, cioè per la procura generale acquisita compilando un modulo della banca, peraltro conosciuta quando fu redatta (nel 2008) dato che vi risultavano autenticate le firme di delegante e delegato da parte di un funzionario della filiale.
La Corte di Cassazione ha ritenuto il motivo infondato, in quanto la base fattuale, ictu oculi, non corrispondeva alla prospettazione di un’attività pericolosa, ed era del tutto difforme rispetto alle fattispecie diverse che la censura aveva tentato di inserire come invece analoghe, quali il trattamento dei dati personali e l’online banking.
D’altronde, gli Ermellini hanno precisato che pur volendo “qualificare la vicenda – in effetti riconducibile ad appropriazione indebita da parte di un dipendente della banca, e dunque eccessivamente “espansiva” rispetto al paradigma dell’art. 2050 c.c. – sarebbe stato comunque onere dell’attore dimostrare i conseguenti danni subiti: e su questo il giudice d’appello (sostanzialmente come il primo giudice) si è pronunciato chiaramente nel senso che la prova non è stata raggiunta”.
Pertanto, il ricorso è stato rigettato e le spese di lite compensate.
SEGNALA UN PROVVEDIMENTO
COME TRASMETTERE UN PROVVEDIMENTONEWSLETTER - ISCRIZIONE GRATUITA ALLA MAILING LIST
ISCRIVITI ALLA MAILING LIST© Riproduzione riservata
NOTE OBBLIGATORIE per la citazione o riproduzione degli articoli e dei documenti pubblicati in Ex Parte Creditoris.
È consentito il solo link dal proprio sito alla pagina della rivista che contiene l'articolo di interesse.
È vietato che l'intero articolo, se non in sua parte (non superiore al decimo), sia copiato in altro sito; anche in caso di pubblicazione di un estratto parziale è sempre obbligatoria l'indicazione della fonte e l'inserimento di un link diretto alla pagina della rivista che contiene l'articolo.
Per la citazione in Libri, Riviste, Tesi di laurea, e ogni diversa pubblicazione, online o cartacea, di articoli (o estratti di articoli) pubblicati in questa rivista è obbligatoria l'indicazione della fonte, nel modo che segue:
Autore, Titolo, in Ex Parte Creditoris - www.expartecreditoris.it - ISSN: 2385-1376, anno