ISSN 2385-1376
Testo massima
Gli arbitri non possono concedere provvedimenti cautelari, tuttavia, in presenza di una clausola compromissoria che consenta la devoluzione in arbitrato di controversie aventi ad oggetto la validità di delibere assembleari, possono sempre disporre, con ordinanza non reclamabile, la sospensione dell’efficacia delle delibera assembleare.
E’ quanto emerge dall’ordinanza pronunziata in data 03/04/2013 dal Tribunale di Napoli, in persona del dott. Federico Lume, a seguito del ricorso presentato dalla socia di una società che, dopo esser stata esclusa dalla stessa con delibera adottata dall’organo amministrativo sul presupposto di aver posto in essere comportamenti disonorevoli, aveva ottenuto la sospensione di tale delibera.
Costituitisi in giudizio gli altri soci della società, eccepivano il difetto di potestas iudicandi in capo al Tribunale per la presenza di una clausola compromissoria e comunque per il potere conferito agli arbitri di sospendere l’efficacia delle delibera impugnata.
Ebbene, ad avviso del giudice di merito, la soluzione al caso in esame viene offerta dal principio di diritto scolpito dal d.lg. 17 gennaio 2003 che nel disciplinare i rapporti fra tutela cautelare ed arbitrato in materia di società di capitali, al comma 5 dell’art.35 n.5 stabilisce che: «La devoluzione in arbitrato, anche non rituale, dí una controversia non preclude il ricorso alla tutela cautelare a norma dell’art. 669-quinquies del codice di procedura civile, ma se la clausola compromissoria consente la devoluzione in arbitrato di controversie aventi ad oggetto la validità di delibere assembleari agli arbitri compete sempre il potere di disporre, con ordinanza non reclamabile, la sospensione dell’efficacia delle delibere».
Dunque, da una attenta lettura dell’art.35, co.5 d.lg. 17 gennaio 2003, ciò che emerge ictu oculi è la coesistenza di poteri arbitrali e cautelari.
Tale norma, infatti, statuendo che la devoluzione in arbitrato di una controversia non preclude il ricorso alla tutela cautelare ex art. 669 quinquies cpc, ma agli arbitri compete sempre il potere di disporre la sospensione dell’efficacia della delibera, appare non soltanto attributiva di poteri cautelari ai giudici privati, ma anche ripartitoria delle competenze cautelari arbitrali e giudiziali.
In realtà, già in passato il Tribunale di Napoli, in persona del dottor Eduardo Campese, con ordinanza pronunziata in data 06/02/2012, ha affrontato il tema dell’arbitrato societario regolato dagli art.34 e segg. d.lgs n.5/03, pervenendo alla medesima conclusione dell’ordinanza de quo, ovvero attribuendo agli arbitri il potere cautelare di sospendere le delibere assembleari e riconoscendo il medesimo potere di sospensione al giudice ordinario qualora il collegio arbitrale non si sia formato e non sia in grado di provvedere.
Con tale ordinanza, dunque, il Tribunale di Napoli, conformandosi ad un precedente orientamento giurisprudenziale in materia di arbitrato societario, ha rigettato il ricorso della ricorrente revocando la cautela concessa inaudita altera parte atteso che la relativa richiesta non fosse stata preceduta dalla preventiva instaurazione del giudizio di merito davanti agli arbitri.
Testo del provvedimento
TRIBUNALE DI NAPOLI
sezione specializzata in materia di impresa
Il giudice designato, Federico Lume,
letti gli atti e sciogliendo la riserva assunta all’udienza del 26.3.2013, con termini per note fino al 27.3. e 28.3.2013,
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel procedimento n.5199 del 2013 del R.G.A.0 promosso
da
TIZIA
RICORRENTE
CONTRO
CAIO e SEMPRONIO, in proprio e quali coamministratori di ALFA SOCIETA’ SPORTIVA DILETTANTISTICA S.R.L.
CONVENUTI
FATTO
TIZIA, socia (e coamministratrice) della società ALFA SOCIETA’ SPORTIVA DILETTANTISTICA S.R.L. (società della quale gli altri soci, sono gli odierni convenuti CAIO e SEMPRONIO), con delibera adottata in data 15.2.2013 dall’organo amministrativo della predetta società è stata esclusa dalla stessa, ai sensi dell’art.18 dello statuto, sul presupposto di aver posto in essere comportamenti disonorevoli che costituiscono ostacolo al buon andamento del sodalizio.
Con ricorso ex art.700 cpc depositato in data 22.2.2013 la medesima chiedeva la sospensione della delibera medesima, deducendo quali suoi vizi:
a) nullità della convocazione dell’organo amministrativo per mancato rispetto della norma statutaria che prevede che il ricevimento della stessa avvenga almeno tre giorni prima della riunione;
b) nullità della clausola statutaria in tema di esclusione dei soci per violazione dell’art.2473 bis cc laddove sancisce che l’esclusione debba essere prevista
per specifiche ipotesi (la clausola prevede invece la nozione generica di “azioni disonorevoli e condotte che rechino ostacolo al buon andamento del sodalizio” ;
c) nullità ex art.2479 n.5 cc della clausola statutaria laddove prevede il potere di esclusione in capo agli amministratori e non ai soci.
Deduceva altresì la presenza del periculum in mora.
Con decreto in data 6.3.2013 il g.d. sospendeva inaudita altera parte il provvedimento impugnato; all’udienza del 26.3.2013 si costituivano i convenuti CAIO e SEMPRONIO eccependo e deducendo:
a) inefficacia del provvedimento cautelare emesso inaudita altera parte per omessa fissazione dell’udienza di comparizione nel termine di quindici giorni;
b) inammissibilità della tutela cautelare per la presenza di una clausola di arbitrato irrituale;
c) inammissibilità della cautela richiesta per mancanza della residualità dell’art.700 cpc essendo applicabile il rimedio tipico dell’art.2287 cc;
d) improcedibilità della cautela per mancata preventiva instaurazione del giudizio di merito ex art.2287 cc (non potendo essere considerato equipollente ad essa l’istanza di nomina di arbitro);
e) difetto di potestas iudicandi in capo al Tribunale per la presenza di clausola compromissoria e comunque per il potere conferito agli arbitri di sospendere in via cautelare l’efficacia delle delibere impugnate;
f) validità della clausola statutaria
g) regolarità della convocazione della ricorrente;
h) avvenuta ratifica del deliberato consiliare;
i) assenza del periculum in mora.
RAGIONI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE
1. L’eccezione di inefficacia del decreto emesso inaudita altera parte per omessa fissazione dell’udienza di comparizione per la conferma, modifica o revoca entro il termine di quindici giorni (decreto emesso in data 6.3.2013, udienza fissata per il 26.3.2013) è infondata.
Infatti l’art.669 sexies cpc prevede espressamente la perentorietà del solo termine per la notifica del decreto emesso inaudita altera parte ma non anche del termine di quindici giorni per la fissazione dell’udienza di comparizione.
Non pare deporre in senso contrario il citato precedente di Trib. Torino, 28.4.2010, che si riferisce al caso, del tutto diverso, in cui il giudice di prime cure con il decreto abbia sospeso una delibera assembleare senza fissare alcuna udienza e senza concedere il termine di otto giorni per instaurare il contraddittorio, e del quale l’autorità giudicante ha ritenuto la reclamabilità in ragione della definitività del medesimo.
2. Parte ricorrente chiede ex art.700 cpc la sospensione della delibera con cui gli amministratori l’hanno esclusa dalla società; evidenzia di voler agire nel merito per proporre “opposizione alla delibera consiliare di esclusione del socio” davanti al collegio arbitrale (vedi pagina 5 del ricorso); prevede infatti l’art. 22 dello statuto che “le eventuali controversie che sorgessero tra i soci o fra la società e i soci, anche se promosse da amministratori e sindaci, … che abbiano ad oggetto diritti disponibili relativi al rapporto sociale, saranno decise da un collegio arbitrale composto di tre membri tutti nominati dal Presidente del Tribunale nella cui circoscrizione ha sede la società su richiesta della parte più diligente…. II collegio arbitrale deciderà …in via irrituale ex bono et equo senza formalità di procedura”.
La domanda di merito appare riconducibile alla previsione dell’art.2287 cc che prevede l’opposizione contro l’esclusione del socio nelle società di persone e che è ritenuta dai più, nel silenzio della previsione dell’art.2473 bis cc, la forma di tutela giurisdizionale applicabile al caso di specie (in considerazione del carattere prevalentemente personalistico dell’istituto dell’esclusione del socio). In tal senso depone anche il richiamo al termine di trenta giorni per il consolidamento della delibera posto a fondamento della istanza di provvedimento inaudita altera parte.
3. Si è evidenziato che l’art.22 dello statuto prevede una clausola compromissoria.
Nel disciplinare i rapporti fra tutela cautelare ed arbitrato in materia di società di capitali (e quindi anche di sf.l.), il comma 5 dell’art.35 d.lg. 17 gennaio 2003, n.5 stabilisce che: «La devoluzione in arbitrato, anche non rituale, dí una controversia non preclude il ricorso alla tutela cautelare a norma dell’art. 669-quinquies del codice di procedura civile, ma se la clausola compromissoria consente la devoluzione in arbitrato di controversie aventi ad oggetto la validità di delibere assembleari agli arbitri compete sempre il potere di disporre, con ordinanza non reclamabile, la sospensione dell’efficacia delle delibere».
La norma, nella sua prima parte («La devoluzione in arbitrato, anche non rituale, di una controversia non preclude il ricorso alla tutela cautelare a norma dell’art.669 quinquies del codice di procedura civile»), conferma il generale principio, stabilito in combinato disposto dagli artt.818 e 669 quinquies cpc, secondo cui gli arbitri non possono concedere provvedimenti cautelari.
La stessa norma, però, nella sua seconda parte prevede una deroga al principio («ma se la clausola compromissoria consente la devoluzione in arbitrato di controversie aventi ad oggetto la validità di delibere assembleari agli arbitri compete sempre il potere di disporre, con ordinanza non reclamabile, la sospensione dell’efficacia delle delibere»).
Occorre subito evidenziare che, sebbene la norma faccia riferimento alla, delibere assembleari, la stessa appare, in via di interpretazione estensiva, applicabile anche alle delibere consiliari (in tal senso Cass. 3.1.2013 n.28, sebbene con riferimento specifico alla regola dell’esclusione dell’arbitrato secondo equità, ma sulla base di una ratio decidendi applicabile anche al caso di specie, dovendosi ritenere una diversa interpretazione limitativa dei diritti del socio; in tal senso anche Trib. Bologna 9.4.2008, n.130, in Riv. Arbitrato , 2007, 4, 627).
Ciò premesso, occorre chiedersi se la previsione, in siffatti limitati casi, del potere cautelare in capo agli arbitri escluda un concorrente potere cautelare del giudice ordinario e in quali forme questo, ove ritenuto ammissibile, debba essere attivato.
3.1. Evidenti e condivise esigenze di effettività della tutela (derivanti dall’art.24 Cost.) impongono di ritenere esperibile la tutela cautelare davanti al g.o. per tutto il tempo in cui non sia ancora costituito il collegio arbitrale.
Non appare decisiva infatti la circostanza che agli arbitri compete “sempre” il potere in questione, trattandosi di locuzione che esprime, più che l’esclusività di tale potere, l’inderogabilità dell’attribuzione del potere stesso, di modo che – una volta che il patto compromissorio abbia previsto la devoluzione in arbitrato delle controversie aventi ad oggetto la validità delle deliberazioni assembleari – gli arbitri dispongono sempre del potere di sospendere la decisione impugnata, senza che possa verificarsi il caso di una impugnazione soggetta alla competenza arbitrale, quanto al merito, e nel contempo sottratta a tale competenza quanto all’appendice dell’impugnazione stessa costituita dalla sospensiva cautelare, escludendo così che le parti possano, in deroga alla previsione di cui al comma 5, scindere merito ed inibitoria dell’efficacia della delibera impugnata.
Anzi, a ben vedere, è lo stesso disposto dell’art.35, comma 5 – se considerato nella sua interezza – che scolpisce il principio per cui, di regola, poteri cautelari arbitrali e giudiziali coesistono. La norma, secondo attenta dottrina, appare infatti non soltanto attributiva di poteri cautelari ai giudici privati, bensì anche ripartitoria delle competenze cautelari arbitrali e giudiziali: «la devoluzione in arbitrato […] di una controversia non preclude il ricorso alla tutela cautelare a norma dell’art.669 quinquies del codice di procedura civile, ma […] agli arbitri compete sempre il potere di disporre la sospensione dell’efficacia della delibera». E cioè: gli arbitri sono – inderogabilmente – titolari del potere, accessorio rispetto a quello di pronunciare sul merito della causa, di disporre la sospensione della decisione sociale oggetto di impugnazione, mentre il giudice dello Stato resta depositario del potere di accordare la «tutela cautelare» tout court.
Del resto, se così non fosse, la parte, per tutto il tempo necessario alla costituzione dell’organo arbitrale, normalmente non rimessa alla sua esclusiva volontà ma che necessita della collaborazione di soggetti terzi o addirittura della controparte, sarebbe privata della possibilità di adire efficacemente il giudice con lesione del principio di effettività della tutela giurisdizionale.
3.2. Ciò premesso, la questione assorbente che occorre risolvere è se, anche ammessa una tutela cautelare nelle forme dell’art.700 cpc (questione invero non pacifica), essa postuli comunque la preventiva instaurazione del giudizio di merito, nel caso di specie quello arbitrale.
La risposta non può che essere positiva, prevedendo l’art.2287 cc la proponibilità dell’istanza cautelare di sospensione solo previa instaurazione del giudizio di merito.
A conclusioni non difformi si perviene anche nel caso in cui si ritenga applicabile la disciplina dell’art.2378 cc richiamata dall’art.2479 ter cc (e che invero non appare evocata dal ricorrente, vedi quanto evidenziato al punto 2, se non nelle note autorizzate all’udienza del 26.3.2013).
In entrambi i casi infatti vale la regola dell’incidentalità del ricorso cautelare
Non depone in senso contrario Trib. Napoli, 6.2.2012, precedente richiamato peraltro da entrambe le parti del giudizio, anche dalla ricorrente; tale decisione affronta il caso diverso della richiesta di sospensione della delibera di revoca dall’incarico di amministratore di s.r.I.; il giudice ammette la tutela cautelare davanti al g.o. ma non nelle forme dell’art.700 cpc bensì dell’art.2378 commi 3 e 4 cc, e dunque sull’esplicito presupposto della avvenuta preventiva instaurazione del giudizio arbitrale (come del resto emerge inequivocamente dalla lettura del provvedimento).
Entrambe le previsioni contemplano quindi la tutela cautelare solo previa instaurazione del giudizio di merito per evidenti ragioni di certezza.
La scelta del legislatore di limitare l’esperibilità della cautela alla preventiva instaurazione del merito non appare condizionare in alcun modo l’effettività della cautela medesima e ha l’evidente esclusivo fine di ancorare l’eventuale provvedimento cautelare ad un già pendente giudizio di merito.
3.3. Occorre a questo punto valutare se, nel caso di specie, prima del ricorso cautelare sia stata proposta l’azione davanti al collegio arbitrale.
Costituiscono circostanze pacifiche che:
il ricorso cautelare è stato proposto in data 22.2.2013;
la ricorrente ha richiesto la nomina degli arbitri in data 27.2.2013;
non risulta notificato l’atto di domanda di accesso agli arbitri.
La questione è quindi se, alla luce di tanto, sia stato o meno iniziato il
giudizio arbitrale prima della proposizione della domanda cautelare; la risposta non può che essere negativa alla luce dell’orientamento di legittimità che ritiene che “La norma dell’art.34 d.lgs. 17 gennaio 2003 n.5, prescrive inderogabilmente che il potere di nomina degli arbitri sia conferito ad un terzo, mentre nulla dice quanto al modo d’instaurazione del procedimento; è indubbio, tuttavia, che sia necessaria la proposizione di una domanda, che identifichi gli estremi oggettivi e soggettivi del rapporto arbitrale, prevedendo il successivo articolo 35 l’iscrizione di tale domanda nel registro delle imprese; ne consegue che nel cosiddetto arbitrato societario la domanda diretta alla controparte si distingue nettamente dall’istanza per la nomina degli arbitri, senza che vi sia quindi necessaria contestualità tra questi due atti, né che tale istanza debba essere notificata a controparte, muovendo la prescrizione dell’art.810 cpc dal diverso presupposto della naturale contestualità tra domanda di arbitrato ed attivazione del procedimento di nomina degli arbitri”.
Nel caso di specie non rileva quindi il problema se l’istanza di richiesta di nomina rivolta al presidente del Tribunale dovesse o meno essere notificata alla controparte ma appare decisiva la considerazione che essa, pur se notificata, non avrebbe avuto la natura di domanda tale da attivare il procedimento arbitrale.
4. Ne deriva che, ritenuta fondata tale eccezione, la cautela concessa inaudita altera parte deve essere revocata per non essere la relativa richiesta stata preceduta dalla preventiva instaurazione del giudizio di merito davanti agli arbitri.
La complessità delle questioni trattate costituisce grave ed eccezionale ragione tale da imporre la compensazione delle spese
PQM
Il Tribunale di Napoli, sezione specializzata in materia di impresa, sul ricorso cautelare proposto da TIZIA, così provvede: revoca il decreto emesso inaudita altera parte in data 6.3.2013 e rigetta il ricorso; compensa le spese. Si comunichi.
Napoli, 3.4.2013.
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Numero Protocolo Interno : 258/2013