È illegittimo costituzionalmente l’art. 13, comma 14, del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183, recante «Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi, di realizzazione di collegamenti digitali, di esecuzione della decisione (UE, EURATOM) 2020/2053 del Consiglio, del 14 dicembre 2020, nonché in materia di recesso del Regno Unito dall’Unione europea», convertito, con modificazioni, nella legge 26 febbraio 2021, n. 21.
Così si è espressa la Corte Costituzionale Pres.CORAGGIO – Red. AMOROSO con sentenza n.128 del 22.06.2021, dichiarando incostituzionale la “seconda proroga” della normativa emergenziale sulla sospensione delle procedure esecutive aventi ad oggetto l’abitazione principale del debitore.
Per la Consulta non sussiste più “il bilanciamento sotteso alla temporanea sospensione”, divenuto nel tempo irragionevole e sproporzionato.
LA NORMA IMPUGNATA
Art. 54 ter del decreto-legge 17/03/2020, n. 18, introdotto dall’Allegato alla legge di conversione 24/04/2020, n. 27, come modificato dall’art. 4, c. 1°, del decreto-legge 28/10/2020, n. 137, convertito, con modificazioni, nella legge 18/12/2020, n. 176, e come prorogato, nel termine d’efficacia, dall’art. 13, c. 14°, del decreto-legge 31/12/2020, n. 183, convertito, con modificazioni, nella legge 26/02/2021, n. 21.
LE CENSURE DEI GIUDICI REMITTENTI – PARAMETRI DI COSTITUZIONALITÀ
Art. 24, primo comma, Cost., poiché comprimerebbe, senza alcuna ragione giustificativa, il diritto del creditore di soddisfarsi in sede esecutiva;
Artt. 3, secondo comma, e 47, secondo comma, Cost., atteso che il legislatore non avrebbe ponderato adeguatamente né i contrapposti interessi delle parti del processo esecutivo, né l’incidenza negativa che una progressiva stabilizzazione della misura di sospensione potrebbe avere sui tassi di interesse dei mutui, per la crescente incertezza dei creditori «istituzionali» sulle possibilità di recupero coattivo delle somme erogate;
Art. 111, secondo comma, Cost., in virtù dell’incidenza negativa della sospensione della procedura esecutiva sulla sua ragionevole durata.
LA DECISIONE
I giudici dell’esecuzione del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto e Tribunale di Rovigo, con due distinti provvedimenti del 13 gennaio 2021 e del 18 gennaio 2021, avevano sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art.54 ter del decreto-legge 17/03/2020, n. 18, sul presupposto – ex plurimis – che tale disciplina si presterebbe a logiche assistenzialistiche, non operando alcuna distinzione “tra pignoramenti anteriori e successivi allo stato di emergenza, con la conseguenza che la sospensione è totalmente sganciata dall’accertamento di una qualunque correlazione tra la pandemia e l’espropriazione” con possibile violazione degli artt. 3, 41, 117 Cost.
Invero, la Corte costituzionale ha preliminarmente rilevato che la norma censurata finisce con l’assicurare un “plus” di protezione al debitore esecutato, quando oggetto della procedura è la sua abitazione principale; una protezione ulteriore, che copre tutti gli atti della procedura esecutiva e che si aggiunge, sovrapponendosi, a quella più specifica, concernente la sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili anche ad uso non abitativo, prevista da un’altra disposizione.
La Consulta si è soffermata sui passaggi legislativi che hanno dato origine all’attuale normativa.
Inizialmente, il legislatore aveva previsto il rinvio d’ufficio delle udienze di tutti i procedimenti civili (oltre che penali) con sospensione del decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto fino al 15 aprile 2020, data poi estesa fino al successivo 11 maggio (art. 83, commi 1 e 2, dello stesso d.l. n. 18 del 2020).
In questa PRIMA FASE l’emergenza pandemica ha giustificato un temporaneo blocco pressoché totale dell’attività giudiziaria, che quindi si è sovrapposto alla sospensione sia delle procedure esecutive aventi ad oggetto l’abitazione principale del debitore (art. 54-ter), sia dell’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili in genere (art. 103, comma 6).
Successivamente la situazione emergenziale si è evoluta e opportunamente il legislatore ha previsto – quanto al settore della giustizia – misure più mirate che, sempre finalizzate a contenere il rischio di contagio secondo un criterio di precauzione, assicurassero in parallelo la ripresa dell’attività giudiziaria.
Si è transitati così alla SECONDA FASE, connotata dall’assegnazione ai capi degli uffici giudiziari della facoltà di adottare misure organizzative, comprensive della adozione di linee guida vincolanti per la fissazione e la trattazione delle udienze, nonché del loro possibile rinvio a data successiva al 30 giugno 2020 nei procedimenti civili e penali, peraltro con alcune eccezioni tipizzate.
A ciò ha fatto seguito una TERZA FASE (dapprima fino al 31 ottobre 2020), introdotta dall’art. 221 del d.l. n. 34 del 2020, come convertito, che ha dettato una serie di prescrizioni e cautele per la generale ripresa, quali l’obbligatorietà del deposito degli atti introduttivi con modalità telematiche, la cosiddetta cartolarizzazione dell’udienza e la possibilità che l’udienza civile si svolga mediante collegamenti audiovisivi a distanza.
L’art. 1, comma 3, lettere a) e b), numero 7), del decreto-legge 7 ottobre 2020, n. 125, recante «Misure urgenti connesse con la proroga della dichiarazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, per il differimento di consultazioni elettorali per l’anno 2020 e per la continuità operativa del sistema di allerta COVID, nonché per l’attuazione della direttiva (UE) 2020/739 del 3 giugno 2020, e disposizioni urgenti in materia di riscossione esattoriale», convertito, con modificazioni, nella legge 27 novembre 2020, n. 159, ha poi prorogato questa disciplina fino al 31 dicembre 2020.
Un ulteriore adattamento degli istituti processuali si è avuto con l’art. 23 del d.l. n. 137 del 2020, come convertito, con la previsione, in particolare, dell’udienza a porte chiuse e della cosiddetta camera di consiglio telematica.
A questo progressivo adattamento delle misure emergenziali dettate per i giudizi civili, comprensivi delle procedure esecutive, non è rimasta estranea neppure la prevista sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, che è fattispecie distinta rispetto alla sospensione delle procedure esecutive aventi ad oggetto l’abitazione principale.
L’art. 13, comma 13, del d.l. n. 183 del 2020, come convertito, ha ulteriormente prorogato la sospensione fino al 30 giugno 2021, limitatamente ai provvedimenti di rilascio adottati per mancato pagamento del canone alle scadenze, oltre che ai provvedimenti di rilascio contenuti nei decreti di trasferimento di immobili pignorati ed abitati dal debitore e dai suoi familiari.
Più recentemente l’art. 40-quater del decreto-legge 22 marzo 2021, n. 41 (Misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territoriali, connesse all’emergenza da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 21 maggio 2021, n. 69, ha stabilito che la sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo, è prorogata: a) fino al 30 settembre 2021 per quelli adottati dal 28 febbraio 2020 al 30 settembre 2020; b) fino al 31 dicembre 2021 per quelli adottati dal 1°ottobre 2020 al 30 giugno 2021.
Orbene, a fronte di questa disciplina processuale affinatasi progressivamente la prevista sospensione delle procedure esecutive aventi ad oggetto l’abitazione principale è invece rimasta invariata nei suoi presupposti fino alla seconda proroga, oggetto delle censure in esame.
È mancato cioè un aggiustamento dell’iniziale bilanciamento sia quanto alla possibile selezione degli atti della procedura esecutiva da sospendere, sia soprattutto quanto alla perimetrazione dei beneficiari del blocco.
L’individuazione di questi ultimi in termini ampi – perché fatta con riferimento alla mera circostanza che il debitore esecutato dimorasse nell’abitazione principale e che questa fosse assoggettata ad esecuzione forzata – poteva giustificarsi inizialmente per rendere più agevole, rapida e immediatamente efficace la misura di protezione.
Il protrarsi del sacrificio richiesto ai creditori procedenti in executivis, che di per sé non costituiscono una categoria privilegiata e immune dai danni causati dall’emergenza epidemiologica, avrebbe dovuto essere dimensionato rispetto alle reali esigenze di protezione dei debitori esecutati, con l’indicazione di adeguati criteri selettivi quali previsti, tra gli altri, in materia di riscossione esattoriale (art. 76, comma 1, lettera a, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, recante «Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito»).
Invece, nella proroga della sospensione delle procedure esecutive aventi ad oggetto l’abitazione principale, di cui alla disposizione censurata, nessun criterio selettivo è stato previsto a giustificazione dell’ulteriore protrarsi della paralisi dell’azione esecutiva.
Il legislatore, cioè, ha prorogato una misura generalizzata e di extrema ratio, quale quella della sospensione delle predette espropriazioni immobiliari, mentre avrebbe dovuto specificare i presupposti soggettivi e oggettivi della misura, anche eventualmente demandando al vaglio dello stesso giudice dell’esecuzione il contemperamento in concreto degli interessi in gioco.
La sproporzione conseguente al mancato aggiustamento del bilanciamento sotteso alla misura in esame è resa ancor più evidente dalla considerazione che il diritto del debitore a conservare la disponibilità dell’abitazione è stato comunque tutelato dalla già ricordata proroga della sospensione dei provvedimenti di rilascio di immobili di cui all’art. 103, comma 6, del medesimo d.l. n. 18 del 2020, nella formulazione modificata dall’art. 13, comma 3, del d.l. n. 183 del 2020, come convertito, applicabile anche al decreto di trasferimento del bene espropriato.
In conclusione, il bilanciamento sotteso alla temporanea sospensione delle procedure esecutive aventi ad oggetto l’abitazione principale è divenuto, nel tempo, irragionevole e sproporzionato, inficiando la tenuta costituzionale della seconda proroga (dal 1° gennaio al 30 giugno 2021), prevista dell’art. 13, comma 14, del d.l. n. 183 del 2020, come convertito; disposizione, questa, che va quindi dichiarata illegittima per violazione degli artt. 3, primo comma, e 24, primo e secondo comma, Cost., con assorbimento di tutti gli altri parametri.
Alla luce di tale percorso motivazionale, la Corte ha dichiarato – di fatto – l’illegittimità dell’art. 54 ter del decreto-legge 17/03/2020, n. 18, limitatamente alla proroghe successive, ben precisando che resta ferma in capo al legislatore, ove l’evolversi dell’emergenza epidemiologica lo richieda, la possibilità di adottare le misure più idonee per realizzare un diverso bilanciamento, ragionevole e proporzionato, contemperando il diritto all’abitazione del debitore esecutato e la tutela giurisdizionale in executivis dei creditori procedenti.
Per ulteriori approfondimenti, si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
PIGNORAMENTI SU “ABITAZIONE PRINCIPALE”: la sospensione è incostituzionale?
L’ART. 54 TER D.L. 18/2020 DOVRÀ PASSARE AL VAGLIO DELLA CONSULTA
Ordinanza | Tribunale di Rovigo, Giudice Giulio Borella | 18.01.2021 |
ALL’ARTICOLO 54-TER, COMMA 1 SI AGGIUNGE “FINO AL 31 DICEMBRE 2020”
Articolo Giuridico | Ex Parte Creditoris | 28.10.2020 |
BLOCCO DEGLI SFRATTI PROROGATO FINO AL 30 GIUGNO 2021
INTERVIENE IL MILLEPROROGHE, CHE PERÒ PONE DEI LIMITI ALLA SOSPENSIONE DELL’ESECUZIONE DEI COSIDDETTI “SFRATTI PER MOROSITÀ”
Articolo Giuridico | Ex Parte Creditoris | 29.12.2020 |
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