ISSN 2385-1376
Testo massima
Gli assegni bancari sono titoli di credito i quali richiedono rigore formale con l’applicazione dei principi di chiarezza, univocità e certezza. Una qualsivoglia irregolarità, anche lieve, può comportare la nullità dell’operazione con rischio di essere chiamati a ripetere quanto versato. Cara è costata ad una azienda di credito la negoziazione di assegni bancari a firma dell’amministratore della società, ove mancava il timbro della società sulla firma di traenza, con omessa spendita del rapporto di rappresentanza. Tale irregolarità ha comportato la responsabilità della Banca, che ha dovuto restituire il controvalore degli assegni al curatore fallimentare, avendo la Corte ritenuto irrilevante l’effettivo rapporto di rappresentanza del firmatario dell’assegno, sul presupposto che lo stesso non potesse essere desunto da elementi esterni ed esteriori al titolo.
LA MASSIMA
La sottoscrizione di girata di un assegno, per rispondere ai requisiti prescritti dall’art.11 r.d. 21 dicembre 1933, n.1736, improntati al rigore formale delle obbligazioni cartolari, deve soddisfare alle esigenze di chiarezza, univocità e certezza, che non consentono di applicare le norme generali sulla rappresentanza nè la possibilità di desumere la provenienza della sottoscrizione da elementi extra cartolari; pertanto, qualora l’assegno sia girato da un ente collettivo, qual è una società commerciale, è richiesto che la dicitura di emissione o di girata, se pur non deve necessariamente contenere una specifica formula dalla quale risulti il rapporto di rappresentanza, sia tale da esplicitare un collegamento tra il firmatario e l’ente, così che non vi siano dubbi in ordine al fatto che la dichiarazione cartolare sia stata emessa dal sottoscrittore in nome e per conto dell’ente.
La regola stabilita dal R.D. 21 dicembre 1933, n.1736, art.18, comma 5, per la quale la girata dell’assegno alla banca trattarla vale come quietanza, suppone che l’assegno sia pagato o accreditato allo stesso autore della girata, e non esenta la banca da responsabilità per il pagamento a favore di soggetto diverso dal legittimo portatore dell’assegno.
IL CONTESTO NORMATIVO
ART. 11 R.D. 21 DICEMBRE 1933, N. 1736
Ogni sottoscrizione deve contenere il nome e cognome o la ditta di colui che si obbliga. é valida tuttavia la sottoscrizione nella quale il nome sia abbreviato o indicato con la sola iniziale.
ART. 18 R.D. 21 DICEMBRE 1933, N. 1736
La girata deve essere incondizionata. Qualsiasi condizione alla quale sia subordinata si ha per non scritta.
La girata parziale è nulla.
E’ egualmente nulla la girata del trattario.
La girata al portatore vale come girata in bianco.
La girata al trattario vale come quietanza, salvo il caso che il trattario abbia diversi stabilimenti e la girata sia fatta ad uno stabilimento diverso da quello sul quale l’assegno bancario è stato tratto.
IL CASO
La curatela di un FALLIMENTO aveva convenuto in giudizio una banca, chiedendo l’accertamento dell’inopponibilità al fallimento degli assegni emessi dall’allora amministratore della società in bonis, su un conto corrente intestato alla società medesima e aperto presso la banca convenuta, per il pagamento di complessive L. 1.516.000.000; in particolare la contestazione è relativa alla circostanza che gli assegni erano stati tratti dall’amministratore sul conto bancario della società, senza la spendita della qualità di rappresentante della società, a favore dello stesso traente.
La banca aveva proposto gravame sostenendo la tesi che il principio, per il quale la contemplatio domini può essere dedotta anche dal comportamento concludente del rappresentante, vale anche per i titoli di credito e in particolare per gli assegni, ancorché caratterizzati da un particolare rigore formale.
Il Tribunale aveva accolto la domanda e la Corte di Appello rigettato il gravame.
Avverso tale decisione la banca ha proposto ricorso per cassazione.
I MOTIVI DI RICORSO
La banca ha sostenuto la violazione dell’art.18, comma 5 R.D. 21 dicembre 1933, n.1736, in relazione all’art.11 della stessa legge, sul presupposto che l’assegno bancario fosse stato sottoscritto da colui che aveva effettivamente la rappresentanza della società, per cui alla girata dell’assegno al trattario doveva attribuirsi il valore di quietanza ed, in ogni caso, che l’assegno era stato firmato da colui che aveva effettivamente la rappresentanza sostanziale della società desumibile ex artt.1387 e 1388 cc per facta concludentia, pur senza la spendita del nome.
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LA DECISIONE
La Corte ha rigettato il ricorso, con condanna della banca al pagamento delle spese processuali, esprimendo i seguenti principi.
In primis, la Corte richiama il consolidato insegnamento, in tema di sottoscrizione di titoli di credito, secondo cui la sottoscrizione – in particolare – di girata di un assegno, per rispondere ai requisiti prescritti dal R.D. n.1736 del 1933, art.11, improntati al rigore formale delle obbligazioni cartolari, deve soddisfare alle esigenze di chiarezza, univocità e certezza, sicchè in ogni caso la sottoscrizione stessa deve essere riconoscibile, nel senso che essa deve consentire che sia accertata l’identità del sottoscrittore.
Muovendo da tale presupposto, la Corte ritiene che le dette prescrizioni non vengono meno per il caso in cui l’assegno sia emesso o girato da un ente collettivo (persona giuridica, società commerciale) richiedendosi anche, nel caso suddetto, che la dicitura di emissione o di girata, se pur non deve necessariamente contenere una specifica formula dalla quale risulti il rapporto di rappresentanza, sia tale da esplicitare un collegamento tra il firmatario e l’ente, così che non vi siano dubbi in ordine al fatto che la dichiarazione cartolare sia stata emessa dal sottoscrittore in nome e per conto dell’ente.
Alla luce di tali principi, la Corte giunge ad affermare la responsabilità, per il pagamento dell’assegno, della banca che, nel necessario diligente controllo della legittimazione del presentatore, ometta l’uno o l’altro degli accertamenti suddetti (Cass. 23 aprile 2004 n.7761, 9 giugno 2006 n.13463). Nella fattispecie in esame la banca ricorrente aveva trascurato appunto l’accertamento che la girata dell’assegno, tratto sul conto corrente della società, fosse stata sottoscritta in nome e per conto dell’ente.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 23833/2007 proposto da:
BANCA
– RICORRENTE –
contro
CURATELA DEL FALLIMENTO
– CONTRORICORRENTE –
contro
TIZIO e CAIO;
– INTIMATI
–
avverso la sentenza n. 1137/2007 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 16/04/2007;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. La curatela del FALLIMENTO citò in giudizio, davanti al Tribunale di Napoli la Banca, chiedendo l’accertamento dell’inopponibilità al fallimento degli assegni emessi da CAIO, allora amministratore della società in bonis, su un conto corrente intestato alla società e aperto presso la banca convenuta, per il pagamento di complessive L. 1.516.000.000. Gli assegni erano stati tratti dal CAIO sul conto bancario della società, senza spendita della qualità di rappresentante della società, a favore dello stesso traente.
La banca resistette alla domanda.
2. Con sentenza 17 marzo 2005, il tribunale di Napoli accolse la domanda, e contro di essa la banca propose appello, sostenendo la tesi che il principio, per il quale la contemplatici domini può essere dedotta anche dal comportamento concludente del rappresentante, vale anche per i titoli di credito e in particolare per gli assegni, ancorchè caratterizzati da un particolare rigore formale.
3. Con sentenza in data 16 aprile 2007, la Corte d’Appello di Napoli ha respinto il gravame.
4. Per la cassazione di questa sentenza, notificata il 5 giugno 2007, ricorre la banca per tre motivi.
Il fallimento resiste con controricorso.
La banca ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
5. Con il PRIMO MOTIVO di ricorso si censura la violazione del R.D. 21 dicembre 1933, n.1736, art.18, comma 5, in relazione all’art.11 della stessa legge. Si deduce che nella fattispecie – come è pacifico – gli assegni erano stati emessi dal CAIO, all’epoca legale rappresentante della società, a suo favore. Si sostiene che in tali casi il titolo, non destinato alla circolazione, vale esclusivamente come quietanza di pagamento. Si propone il quesito di diritto, se agli assegni tratti a favore del traente e girati direttamente alla banca trattarla non si applichi la disciplina dei titoli di credito e in particolare l’art.11 legge assegni, dovendosi detti documenti considerare mere quietanze di pagamento della somma in essi indicata.
Con il SECONDO MOTIVO si denuncia la falsa applicazione dell’art.11 legge assegni, e la violazione degli artt.1387 e 1388 cc, stante la riferibilità delle quietanze alla società anche in mancanza di espressa contemplatio domini.
Con il TERZO MOTIVO si denuncia l’omesso esame su un punto decisivo e la falsa applicazione dell’art. 11 legge assegni, essendo stato violato il principio della spendita del nome per facta concludentia, possibile anche con riferimento a un assegno bancario.
6. I motivi, che investono sotto profili diversi l’unico punto decisivo della sentenza impugnata, possono essere esaminati insieme.
Essi sono infondati.
Occorre muovere dal consolidato insegnamento di questa corte in tema di sottoscrizione di titoli di credito. La sottoscrizione – in particolare – di girata di un assegno, per rispondere ai requisiti prescritti dal R.D. n.1736 del 1933, art.11, improntati al rigore formale delle obbligazioni cartolari, deve soddisfare alle esigenze di chiarezza, univocità e certezza, sicchè in ogni caso la sottoscrizione stessa deve essere riconoscibile, nel senso che essa deve consentire che sia accertata l’identità del sottoscrittore.
Dette prescrizioni non vengono meno per il caso in cui l’assegno sia emesso o girato da un ente collettivo (persona giuridica, società commerciale) richiedendosi anche, nel caso suddetto, che la dicitura di emissione o di girata, se pur non deve necessariamente contenere una specifica formula dalla quale risulti il rapporto di rappresentanza, sia tale da esplicitare un collegamento tra il firmatario e l’ente, così che non vi siano dubbi in ordine al fatto che la dichiarazione cartolare sia stata emessa dal sottoscrittore in nome e per conto dell’ente. In base a questi principi si è affermato che incorre in responsabilità per il pagamento dell’assegno la banca che, nel necessario diligente controllo della legittimazione del presentatore, ometta l’uno o l’altro degli accertamenti suddetti (Cass. 23 aprile 2004 n.7761, 9 giugno 2006 n.13463). Nella fattispecie in esame la banca ricorrente aveva trascurato appunto l’accertamento che la girata dell’assegno, tratto sul conto corrente della società, fosse stata sottoscritta in nome e per conto dell’ente.
Non è invece pertinente il richiamo della ricorrente alla sentenza 17 marzo 2006 n.6000, perchè in quel caso è stata esclusa la responsabilità della banca trattarla per l’avvenuto pagamento di un assegno bancario trafugato e girato per l’incasso dal legale rappresentante di una società, la cui sottoscrizione, pur risultando illeggibile, era chiaramente riconducibile alla società stessa, in quanto apposta in calce ad un timbro recante la denominazione di quest’ultima.
Ma neppure è fondato il richiamo al R.D. 21 dicembre 1933, n.1736, art.18, comma 5, a norma del quale la girata al trattario vale come quietanza. Questa norma suppone la perfetta coincidenza del girante e del soggetto al quale l’assegno, girato alla banca trattarla per l’incasso, è accreditato, e che in tal modo rilascia quietanza del pagamento dell’assegno.
La difesa della banca ricorrente, a questo proposito, muove da una premessa contrastante con i fatti accertati in causa, e cioè che l’assegno sarebbe stato emesso dalla società rappresentata dal CAIO, invece che dal CAIO a proprio nome; tuttavia, anche nell’ipotesi che la girata dell’assegno fosse imputabile alla società, essa avrebbe avuto valore di quietanza se la somma fosse stata pagata o accreditata allo stesso girante (società), e non come, avvenuto, a favore di soggetto diverso dal portatore legittimo dell’assegno, vale a dire della società stessa.
7. Il ricorso è pertanto respinto, in base ai seguenti principi di diritto:
– la sottoscrizione di girata di un assegno, per rispondere ai requisiti prescritti dall’art.11 r.d. 21 dicembre 1933, n.1736, improntati al rigore formale delle obbligazioni cartolari, deve soddisfare alle esigenze di chiarezza, univocità e certezza, che non consentono di applicare le norme generali sulla rappresentanza nè la possibilità di desumere la provenienza della sottoscrizione da elementi extra cartolari; pertanto, qualora l’assegno sia girato da un ente collettivo, qual è una società commerciale, è richiesto che la dicitura di emissione o di girata, se pur non deve necessariamente contenere una specifica formula dalla quale risulti il rapporto di rappresentanza, sia tale da esplicitare un collegamento tra il firmatario e l’ente, così che non vi siano dubbi in ordine al fatto che la dichiarazione cartolare sia stata emessa dal sottoscrittore in nome e per conto dell’ente;
– la regola stabilita dal R.D. 21 dicembre 1933, n.1736, art.18, comma 5, per la quale la girata dell’assegno alla banca trattarla vale come quietanza, suppone che l’assegno sia pagato o accreditato allo stesso autore della girata, e non esenta la banca da responsabilità per il pagamento a favore di soggetto diverso dal legittimo portatore dell’assegno.
8. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso, e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 12.200,00, di cui Euro 12.000,00 per compenso, oltre agli oneri di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 14 giugno 2013.
Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2013
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Autore, Titolo, in Ex Parte Creditoris - www.expartecreditoris.it - ISSN: 2385-1376, anno
Numero Protocolo Interno : 424/2013