Quando l’assegno non trasferibile sia presentato da persona che adduca di agire in nome e per conto del prenditore in forza di rappresentanza negoziale, la banca, in quanto tenuta a controllare la coincidenza del presentatore con il prenditore ai sensi ed agli effetti dell’art. 43 r.d. 21 dicembre 1933 n. 1736, ha onere di acquisire prova di tale rappresentanza, restando liberata da responsabilità, in caso di pagamento al falsus procurator, solo ove sussistano gli estremi dell’adempimento senza dolo o colpa al creditore apparente.
Nel caso di assegno bancario con clausola di non trasferibilità, a fronte di una richiesta di incasso da parte di chi possieda mandato negoziale, la Banca può procedere con la negoziazione e deve considerarsi liberata se ha prova del rapporto negoziale sottostante che legittima il soggetto che adduce di agire in nome e per conto del beneficiario ad incassare le somme, non essendo la stessa tenuta ad acquisire la prova dell’esistenza di una specifica delega all’incasso del titolo.
Questi sono i principi espressi dal Tribunale di Modena, Giudice Susanna Cividali con la sentenza depositata il 26/10/2017.
Nella fattispecie in disamina due compagnie di assicurazioni convenivano il giudizio una Banca deducendo che alcuni assegni, sebbene emessi all’ordine delle predette compagnie assicurative ovvero cointestati con una S.n.c agente delle stesse, sarebbero stati negoziati in favore di altro beneficiario, con firma di girata del solo legale rappresentate della società agente, sicchè i relativi importi non sarebbero mai pervenuti alle compagnie mandanti, ma depositati su uno dei conti correnti del socio, il quale se ne appropriava indebitamente.
In particolare, parte attrice deduceva che il contratto di agenzia non costituiva uno specifico mandato ad incassare i titoli muniti di clausola di intrasferibilità e che, in ogni caso detti titoli venivano versati non sul conto corrente aperto dalla società agente per l’incasso dei premi, ma su un altro conto intestato alla predetta società, con la conseguenza che tale circostanza era valevole di per sé a considerare tali operazioni come effettuate al di fuori del mandato all’incasso.
Si costituiva in giudizio la Banca negoziatrice chiedendo l’autorizzazione alla chiamata in causa della società agente e dei relativi soci, chiedendo il rigetto della domanda attorea formulando al contempo domanda di garanzia e manleva nei confronti dei terzi chiamati.
Autorizzata la chiamata in causa, la società agente ed i relativi soci non si costituivano e ne veniva dichiarata la contumacia.
Sul punto il Tribunale ha rilevato preliminarmente che alcuni degli assegni contestati erano intestati ad un soggetto giuridico inesistente, mentre altri, muniti di clausola di intrasferibilità ex art 43 legge assegni, erano intestati alle Compagnie di assicurazione attrici.
In merito a tali ultimi titoli, il Giudice ha precisato che anche in presenza di una clausola di non trasferibilità, se la richiesta di incasso proviene da parte di un soggetto munito di valido mandato negoziale – come nel caso della società agente – la Banca può legittimamente procedere con la negoziazione previa acquisizione della prova di tale rappresentanza, restando liberata da responsabilità, in caso di pagamento al falsus procurator, solo ove sussistano gli estremi dell’adempimento senza dolo o colpa al creditore apparente.
Il giudicante, pertanto, rilevato che nel caso in esame la prova della rappresentanza negoziale in capo al legale rappresentante della società agente era da rinvenirsi in una circolare predisposta dalle stesse compagnie di assicurazione nonché nello stesso contratto di agenzia, ha chiarito che proprio a norma del medesimo contratto il socio collettivista, in qualità di agente, era abilitato ad operare quale “depositario” dei “fondi provenienti da incassi fatti per conto della Compagnia” per cui aveva la facoltà di procedere al “versamento dei premi assicurativi dell’Impresa e delle sue coassicuratrici”.
Considerato che gli assegni contestati erano relativi al pagamento di premi assicurativi, il Tribunale emiliano ha ritenuto che la Banca per essere ritenuta liberata dai pagamenti, fosse tenuta ad acquisire la prova soltanto della sussistenza di una valida rappresentanza negoziale e non dell’esistenza di una specifica delega all’incasso dei titoli.
In virtù di tali rilievi il giudicante ha rigettato in toto le domande delle attrici, condannandole altresì al pagamento delle spese di lite.
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