Nel caso di falsificazione o alterazione di assegno bancario o circolare non trasferibile, trovano applicazione le disposizioni di cui all’art. 1176, comma 2 ed art. 1992 c.c., comma 2, c.c., in virtù delle quali il pagamento eseguito in favore di un soggetto diverso dal beneficiario dell’assegno, ma apparentemente legittimato in base alle indicazioni risultanti dal titolo, non comporta automaticamente l’affermazione della responsabilità della banca, a tal fine occorrendo invece una valutazione in concreto del comportamento della stessa, da condursi secondo il parametro della diligenza professionale, con la conseguenza che la banca può essere ritenuta responsabile soltanto nel caso in cui l’alterazione sia rilevabile ictu oculi, in base alle conoscenze del bancario medio, il quale non è tenuto a disporre di particolari attrezzature strumentali o chimiche per rilevare la falsificazione, nè è tenuto a mostrare le qualità di un esperto grafologo.
Tale principio è riferibile non soltanto alla banca trattaria (o a quella emittente, in caso di assegno circolare), tenuta a rilevare l’eventuale alterazione o falsificazione dell’assegno quando lo stesso le viene rimesso in stanza di compensazione, ma anche alla banca alla quale il titolo sia stato girato per l’incasso da un proprio cliente e che ne abbia effettuato il pagamento in favore di quest’ultimo o l’accreditamento sul suo conto corrente, per poi inviarlo alla stanza di compensazione, incombendo sulla banca negoziatrice l’obbligo di verificare la sussistenza dei presupposti per il pagamento, prima fra tutti la legittimazione del presentatore dell’assegno.
Questi i principi ribaditi dalla Corte di Cassazione, sez. prima, Pres. Forte – Rel. Mercolino, con la sentenza del 21.06.2016.
Nella fattispecie considerata, una società traente impugnava per Cassazione la sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Milano che aveva rigettato la domanda di risarcimento dei danni conseguenti alla negoziazione ed al pagamento di un assegno bancario contraffatto, proposta dall’appellante nei confronti della Banca trattaria, della Banca negoziatrice e del soggetto beneficiario del titolo.
La Corte, nel merito, rilevato che l’assegno recante il timbro d’intrasferibilità ma privo dell’indicazione della data e del luogo di emissione, era stato riempito direttamente dal falsificatore, il quale ne aveva alterato l’importo e l’indicazione del beneficiario, originariamente redatti a mano con penna ad inchiostro indelebile, compilandoli per trasferimento con macchina da scrivere impiegante nastro politecnico con strato di carbon black, aveva ritenuto infondate le censure sollevate dall’appellante in ordine alle modalità di scritturazione del titolo, alla luce dell’abilità dimostrata dal falsario nella cancellazione delle scritte originarie e della conseguente impossibilità di rilevarne l’alterazione con l’ordinaria diligenza dell’operatore bancario.
Innanzi al Giudice di legittimità, la società ricorrente lamentava, con il primo motivo di ricorso, la violazione e la falsa applicazione dell’art. 43, R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736, osservando che, nell’escludere la responsabilità della Banca trattaria e della Banca negoziatrice, la sentenza impugnata aveva trascurato il fatto che l’assegno, recando la clausola “non trasferibile”, non poteva essere pagato a persona diversa dal prenditore originariamente indicato dall’emittente.
Con il secondo motivo di ricorso, la ricorrente deduceva l’insufficienza e la contraddittorietà della motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, sostenendo che, nell’escludere la responsabilità della Banca negoziatrice in virtù del ritardo con cui era stato denunciato lo smarrimento dell’assegno, la Corte di merito non aveva tenuto conto della rapidità con cui aveva avuto luogo il pagamento, tale, dunque, da rendere, in ogni caso, impossibile una tempestiva denuncia.
In ordine al primo motivo di ricorso, La Suprema Corte osservava, in primo luogo, che il R.D. n. 1736 del 1933, art. 43, comma 2, nel disciplinare la responsabilità della Banca per il pagamento a persona diversa dal beneficiario, attribuendola a colui che paga a persona diversa dal prenditore o da un banchiere giratario per l’incasso, si riferisce non già alla persona fisica del prenditore, ma alla legittimazione cartolare, cioè alla persona che non è legittimata come prenditore, non introducendo una deroga ai principi generali in tema di identificazione del presentatore dei titoli a legittimazione nominale.
A tal proposito, ad avviso degli ermellini, nel caso di falsificazione o alterazione di un assegno, trovano applicazione, sia nei confronti della Banca trattaria, che della Banca negoziatrice, le disposizioni di cui all’art. 1176, co. 2, c.c. ed art. 1992, co. 2, c.c., in virtù delle quali “il pagamento eseguito in favore di un soggetto diverso dal beneficiario dell’assegno, ma apparentemente legittimato in base alle indicazioni risultanti dal titolo, non comporta automaticamente l’affermazione della responsabilità della banca, a tal fine occorrendo invece una valutazione in concreto del comportamento della stessa, da condursi secondo il parametro della diligenza professionale, con la conseguenza che la banca può essere ritenuta responsabile soltanto nel caso in cui l’alterazione sia rilevabile ictu oculi, in base alle conoscenze del bancario medio, il quale non è tenuto a disporre di particolari attrezzature strumentali o chimiche per rilevare la falsificazione, nè è tenuto a mostrare le qualità di un esperto grafologo” (cfr. Cass., Sez. 3, 4 ottobre 2011, n. 20292; Cass., Sez. 1, 15 luglio 2005, n. 15066).
La Corte di Cassazione, osservato che, nel caso di specie, l’alterazione dell’importo e dell’indicazione del beneficiario non era risultata rilevabile con l’ordinaria diligenza dell’operatore bancario, in quanto realizzate con abilità tali da poter essere accertate solo attraverso l’utilizzazione di sofisticate apparecchiature di laboratorio, escludeva, indipendentemente dalla presenza nel titolo della clausola di non trasferibilità, la responsabilità sia della Banca trattaria, che della negoziatrice.
In ordine al secondo motivo di impugnazione, la Corte rilevava che la mancata impugnazione della sentenza di primo grado nella parte in cui era stata ritenuta tardiva l’allegazione del profilo di negligenza rappresentato dall’anticipata corresponsione dell’importo del titolo rispetto all’accreditamento dello stesso da parte della Banca trattaria, consentiva, a ragion veduta, di escludere la sussistenza di un interesse della ricorrente all’esame delle predette censure.
Per quanto suesposto, il Giudice di legittimità rigettava il ricorso, condannando la ricorrente al pagamento delle spese di lite.
Per ulteriori approfondimenti in materia, si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
ASSEGNI: la Banca non è tenuta a controllare autenticità sottoscrizioni con strumenti meccanici o chimici
E’ responsabile della contraffazione del titolo solo se visibile ictu oculi
Sentenza | Cassazione Civile, sez. prima, Pres. Giancola – Rel. Bisogni | 03.05.2016 | n.8731
ASSEGNO BANCARIO: la banca è responsabile se la contraffazione è visibile ictu oculi
Anche se il titolo è munito di clausola non trasferibile
Sentenza | Corte di Appello di Napoli, Pres. Rosa Giordano, Est. Marianna D’Avino | 17.07.2014 | n.3274
ASSEGNO CONTRAFFATTO: banca responsabile solo quando l’alterazione è rilevabile ictu oculi
Respinta la domanda di cliente per un assegno falsificato ove le alterazioni erano riscontrabili soltanto mediante utilizzazione di particolari sofisticate tecniche d’indagine
Sentenza | Tribunale di Napoli, Giudice Unico dott. Michele Caccese | 24.12.2012 | n.13793
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