Dopo 10 anni dalla presunta negoziazione di un assegno bancario la Banca non ha l’obbligo di conservazione le scritture contabili, essendo decorso il termine ex art 2220 c.c. per cui il Giudice non può procedere all’emissione dell’ordine di esibizione ex art. 210 cpc.
Questo è il principio espresso dal Tribunale di Nocera Inferiore, Giudice Aurelia Cuomo, con la sentenza n. 2787 del 27 novembre 2024.
È accaduto che due clienti convenivano in giudizio la Banca al fine di sentir dichiarare la responsabilità di quest’ultimo per aver agito in violazione dei specifici doveri di cui all’art.43 del RD 1736/1933, pagando ad un soggetto diverso dagli effettivi beneficiari due assegni dotati di clausola di non trasferibilità e per l’effetto la condanna al pagamento dell’importo di € 77.469,00, oltre interessi e rivalutazione, in loro favore, con vittoria di spese.
In particolare, esponevano che nell’aprile 2000 avevano consegnato al beneficiario gli assegni bancari emesso in data 19 aprile 2000 da una società in loro favore, a garanzia di un finanziamento che quest’ultimo avrebbe richiesto al proprio istituto di credito.
Successivamente i clienti – dopo alcuni giorni dalla consegna venivano a conoscenza del fatto che gli assegni erano stati negoziati presso la Banca pur se gli stessi portavano la clausola non trasferibile e richiedevano delucidazioni all’istituto di credito.
Con raccomandata del 10 febbraio 2005, la Banca inviava agli attori copia delle distinte di cambio, che venivano disconosciute dagli stessi.
Il precedente giudizio veniva cancellato dal ruolo in data 03.05.07, per mancato rispetto del termine per la notifica dell’atto di citazione e successivamente riproposto in data 27.01.2021.
Il Tribunale ha ritenuto in linea generale che la responsabilità della banca negoziatrice per avere consentito, in violazione delle specifiche regole poste dall’art. 43 legge assegni (r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736), l’incasso di un assegno bancario, di traenza o circolare, munito di clausola di non trasferibilità, a persona diversa dal beneficiario del titolo, ha – nei confronti di tutti i soggetti nel cui interesse quelle regole sono dettate e che, per la violazione di esse, abbiano sofferto un danno – natura contrattuale, avendo la banca un obbligo professionale di protezione (obbligo preesistente, specifico e volontariamente assunto), operante nei confronti di tutti i soggetti interessati al buon fine della sottostante operazione, di far sì che il titolo stesso sia introdotto nel circuito di pagamento bancario in conformità alle regole che ne presidiano la circolazione e l’incasso.
Nel caso di specie essendo decorsi oltre dieci anni dal verificarsi dei fatti di causa, era controversa la riconducibilità della suddetta operazione agli attori, i quali contestavano l’autenticità delle predette sottoscrizioni.
Tale deficit probatorio non poteva essere sanato per il tramite dell’ordine di esibizione ex art.210 c.p.c. rivolto alla convenuta in quanto la banca aveva legittimamente opposto l’intervenuto decorso del termine ex art 2220 c.c., che impone alle banche di conservare la documentazione relativa alle operazioni effettuate per un periodo pari a dieci anni.
Per tali motivi la domanda è stata rigettata con condanna deli attori al pagamento delle spese di lite.
Per ulteriori approfondimenti in materia si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
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