Provvedimento segnalato e commentato da Donato Giovenzana – Legale d’impresa
La denunzia di smarrimento di un titolo di credito non produce di per sé alcun effetto giuridico ostativo al pagamento dell’assegno da parte dell’ente emittente, se il pagamento segua all’adozione di cautele maggiori suggerite dalla normale prudenza, nel periodo in cui (prima della notifica del decreto di ammortamento) ha efficacia liberatoria.
Il decreto di ammortamento priva il titolo della sua funzione di legittimazione all’esercizio dei diritti ad esso inerenti solo in base ad una regolare detenzione, ma il decreto stesso, anche dopo la pubblicazione e finché non diviene definitivo, non esclude nel titolo l’efficacia rappresentativa del credito, non ne vieta la circolazione, né impedisce l’acquisto della titolarità del credito purché questo avvenga senza dolo o colpa grave. Gli artt. 2109 c.c., 93 della legge cambiaria e 74 della legge sugli assegni consentono al detentore del titolo ammortato di far valere, verso l’ammortante, i diritti dipendenti dall’acquisto del titolo prima che questo perdesse ogni efficacia, perché si presuppone che esso può circolare validamente anche dopo la pubblicazione del decreto di ammortamento e che il portatore possa avere acquistato la titolarità del credito cartolare quale terzo di buona fede.
Il pagamento eseguito al detentore del titolo di credito dopo che questo aveva perduto ogni efficacia per essere divenuto definitivo il decreto di ammortamento o dopo la notifica del decreto stesso, poichè da questo momento il debitore cartolare è avvertito che l’eventuale pagamento eseguito al detentore del titolo non ha efficacia liberatoria, ma viene effettuato a suo rischio e pericolo, può realizzare una situazione di indebito, giacchè finché il decreto di ammortamento non diviene definitivo esso non esclude nel titolo la efficacia rappresentativa del credito, non ne vieta la circolazione.
Questi i principi ripresi dalla Corte di Cassazione, VI sez. civ. -3, Pres. Amendola – Rel. Gorgoni, con l’ordinanza n. 10898 del 31 agosto 2020.
Il ricorrente si è rivolto alla Suprema Corte, in quanto i Giudici di merito non avevano accolto le sue istanze volte ad ottenere la condanna al pagamento del traente di un assegno bancario di circa tre miliardi delle vecchie lire, emesso nel gennaio 1994, relativamente al quale aveva ottenuto decreto di ammortamento, ritualmente notificato alla controparte e da questa non opposto nei termini, seguito da atto di precetto, anch’esso ritualmente notificato, con cui aveva intimato il pagamento della somma incorporata nel titolo; il convenuto/traente aveva eccepito la prescrizione del diritto, non essendo stato posto in essere alcun atto interruttivo fino alla data di notifica dell’atto di citazione.
La Corte d’Appello di Roma, investita del gravame dallo stesso ricorrente, ha ribadito che il sequestro penale dell’assegno, atteso che il portatore avrebbe potuto chiederne una copia conforme ex art. 2715 c.c., non aveva impedito il decorrere del termine di prescrizione, negando altresì che il decreto di ammortamento avesse prodotto l’interruzione del termine di prescrizione.
La Suprema Corte, nel rigettare il ricorso, dopo aver ricordato che la procedura di ammortamento è funzionale alla riproduzione del titolo originario andato smarrito o distrutto e, in ultima istanza, alla individuazione della persona legittimata a riscuotere e non già quella di accertare la titolarità del credito e che essa comporta l’annullamento d titolo originario e dei relativi diritti cartolari, ha ritenuto opportuno precisare gli effetti della notificazione del decreto di ammortamento al traente, quale debitore principale, ed alla banca cui il titolo sia stato portato all’incasso, giacchè proprio richiamando la natura e lo scopo della notificazione del decreto di ammortamento la Corte d’appello ha negato che essa avesse prodotto effetti interruttivi.
Ebbene, detta notificazione non è un atto volto ad esercitare il diritto di credito, ma ha pacificamente la funzione di impedire che il pagamento eseguito nelle mani di un soggetto, detentore del titolo, diverso dal notificante sia valido, ossia liberatorio nei termini di legge; tant’è vero che, ai sensi dell’art. 2106 c.c., in combinato disposto con gli artt. 1992 e 2008, il pagamento eseguito prima della notificazione del decreto di ammortamento è valido ed efficace ancorchè chi paga avesse ricevuto notizia della denuncia della perdita del titolo e della presentazione di un ricorso per l’ammortamento, perchè tale conoscenza non basta, da sola, a costituirlo nè in dolo, nè in colpa grave.
In particolare, la Cassazione riprende i principi di cui sopra, affermati già in precedenti pronunce secondo la giurisprudenza di legittimità (Cass. 15/07/1965, n. 1549; Cass. 29/05/1962, n. 1287).
Alla conclusione che la notificazione del decreto di ammortamento non avesse prodotto alcun effetto interruttivo si perviene, in via indiretta, anche per effetto dell’art. 2018 c.c., il quale legittima il creditore all’esercizio di atti conservativi, tra i quali gli atti diretti ad interrompere la prescrizione, finchè il decreto di ammortamento non diviene definitivo: (Cass. 29/03/1979, n. 1805): segno inequivocabile che la notifica del decreto di ammortamento non è in grado di produrre effetti interruttivi del temine di prescrizione.
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