In materia di pagamento di assegno di traenza a persona diversa del legittimo beneficiario, nel caso di errore nell’identificazione del legittimato e nel riconoscimento della contraffazione, la responsabilità della banca (sia quella trattaria che quella negoziatrice) deve essere valutata attraverso la verifica dell’uso della diligenza richiesta al bancario medio sulla base delle sue conoscenze, essendo applicabili le disposizioni generali di cui agli artt. 1176, comma 2, c.c. e 1992, comma 2, c.c. Per tale motivo, nelle suddette ipotesi l’istituto negoziatore è ammesso a provare che l’inadempimento non gli è imputabile, per aver esso assolto alla propria obbligazione con la diligenza dovuta, nascente, ai sensi del 2° comma dell’art. 1176 c.c., dalla sua qualità di operatore professionale.
Stante la responsabilità contrattuale della banca una volta contestato l’inesatto adempimento dell’obbligazione di pagamento, spetta alla banca negoziatrice provare di aver correttamente operato e quindi dimostrare la sussistenza di una impossibilità della prestazione alla stessa non imputabile alla luce del canone di diligenza del banchiere professionale.
In quest’ottica, esula dai parametri cui deve conformarsi la diligenza professionale richiesta al banchiere dall’art. 1176 c.c., comma 2, la raccomandazione, contenuta nella circolare ABI del 7 maggio 2001 indirizzata agli associati, che segnala l’opportunità per la banca negoziatrice dell’assegno di traenza di richiedere due documenti d’identità muniti di fotografia al presentatore del titolo, perché a tale prescrizione non può essere riconosciuta alcuna portata precettiva, e tale regola prudenziale di condotta non si rinviene negli standard valutativi di matrice sociale ovvero ricavabili dall’ordinamento positivo, posto che l’attività di identificazione delle persone fisiche avviene normalmente tramite il riscontro di un solo documento d’identità personale.
Questi i principi espressi dal Tribunale di Modena, Giudice Giuseppe Pagliani, con la sentenza n. 1215 del 25 luglio 2024.
Accadeva che una società conveniva davanti al Giudice di Pace di Modena la Banca, lamentando che l’assegno circolare emesso dall’Istituto di credito era stato incassato da una persona diversa dal legittimo beneficiario.
Pertanto, l’attrice chiedeva la condanna della convenuta a rifondere l’importo di € 2.300,00, oltre interessi e rivalutazione monetaria stante la responsabilità dell’Istituto convenuto avendo lo stesso provveduto al pagamento di un assegno alterato a persona diversa rispetto all’intestataria effettiva.
Si costituiva la Banca, che chiedeva il rigetto della domanda avversaria eccependo di aver correttamente identificato il presentatore del titolo, non avendo altro onere se non quello di verificare l’identità del presentatore sulla base di un documento di identità integro ed ictu oculi non contraffatto e valido.
La società proponeva appello avverso la sentenza chiedendone la riforma integrale in quanto il Giudice di primo grado aveva commesso un errore di diritto in ordine alla falsa/erronea ripartizione dell’onere probatorio, non avendo la banca assolto al proprio onere; in secondo luogo avrebbe erroneamente interpretato le prove fornite.
In particolare, chiedeva al Giudice del gravame di accertare e dichiarare la responsabilità della convenuta Banca per il pagamento a soggetto diverso dal legittimo beneficiario dell’assegno di cui alla premessa del presente atto e, per l’effetto, condannarla al pagamento in favore dell’istante della somma complessiva di euro 2.300,00, ovvero di quella somma maggiore o minore ritenuta di giustizia oltre interessi e rivalutazione monetaria.
Il Tribunale riteneva infondata la domanda, affermando che secondo l’ormai consolidato indirizzo giurisprudenziale della Suprema Corte, la responsabilità della banca (sia quella trattaria che quella negoziatrice) deve essere valutata attraverso la verifica dell’uso della diligenza richiesta al bancario medio sulla base delle sue conoscenze, essendo applicabili le disposizioni generali di cui agli artt. 1176, comma 2 cc.
In quest’ottica, i parametri della diligenza prevista dall’art. 1176 cit. saranno rispettati qualora la banca non richieda due documenti d’identità muniti di fotografia al presentatore del titolo, così come previsto nella circolare ABI del 7 maggio 2001 indirizzata agli associati, in quanto a tale prescrizione non può essere riconosciuta alcuna portata precettiva.
Nel caso di specie, la Banca aveva provato documentalmente di aver identificato il soggetto beneficiario dell’assegno attraverso la carta di identità e codice fiscale, così come previsto dagli artt. 18 e 19 DL n. 231/2007, provvedendo addirittura a stipulare contratto di conto corrente, seppure nel medesimo giorno in cui veniva versato l’assegno, con identificazione in base alla normativa dell’antiriciclaggio e verifica della firma apposta corrispondente allo specimen.
Per tali motivi, il Giudice ha rigettato l’appello, con condanna della società alle spese di lite.
Per ulteriori approfondimenti in materia si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
OCCORRE VERIFICARE LA DILIGENZA ADOTTATA E LA PRESENZA DI INDICI “DI ALLARME”
Sentenza | Tribunale di Roma, Giudice Paola Giardina | 06.09.2023 | n. 12733
ASSEGNO NON TRASFERIBILE: LIMITI AGLI ONERI DI VERIFICA IMPOSTI ALLA BANCA TRATTARIA
SUSSISTE L’OBBLIGO DI RICHIEDERE IL DOPPIO DOCUMENTO DI RICONOSCIMENTO?
Ordinanza | Corte di Cassazione, Sez. VI, Pres. Bisogni – Rel. Falabella | 22.06.2021 | n.17769
SE QUESTI NON COMUNICA AL GIRATARIO IL RIFIUTO DI PAGAMENTO È RESPONSABILE VERSO IL CORRENTISTA TRAENTE
Sentenza | Corte d’Appello di Milano, Pres. Rel. Meroni | 22.05.2019 | n.2241
AL FUNZIONARIO È RICHIESTA LA DILIGENZA MEDIA EX ART. 1176 C.C., RAPPORTATA ALLA NORMALITÀ DELL’ATTIVITÀ BANCARIA
Sentenza | Tribunale di Bologna, Giudice Daria Sbariscia | 13.02.2018 | n.459
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