ISSN 2385-1376
Testo massima
Si ringrazia per la segnalazione l’avv. Lucio De Angelis
L’istituto di credito che riceve l’assegno per l’incasso da parte di un suo formale correntista come unico parametro il modello di firma ed i documenti ricevuti in sede di apertura di conto corrente. Non si può, pertanto, attribuire alla banca l’omessa attivazione di controlli circa possibili sostituzioni di persone, controlli che involgono poteri di contrasto ad attività criminali che – in assenza di precisi indici sintomatici – esulano dai compiti ordinari della banca.
Questi i principi affermati dal Tribunale di Roma, dott. Gianluca Sciarrotta con la sentenza n. 8647 del 22 aprile 2015.
Nel caso di specie, una compagnia assicuratrice evocava in giudizio una banca poiché la stessa negoziava un assegno inviato a mezzo posta al beneficiario risultato, poi, incassato da un terzo presentatosi sotto la falsa identità del beneficiario. La compagnia assicuratrice, conseguentemente, effettuava nuovo versamento della somma a mezzo di bonifico.
Tanto premesso, la compagnia deduceva la responsabilità della banca per violazione dell’art. 43, co 2, R.D. 1736/1933 avendo la stessa effettuato l’irregolare pagamento e provocato l’addebito sul conto corrente intestato alla compagnia della somma portata dall’assegno non trasferibile.
La questione oggetto della disputa giudiziale verte, dunque, sulla sostituzione di persona a seguito di falsificazione della sottoscrizione del beneficiario dell’assegno non trasferibile e, conseguentemente, sulla responsabilità della banca per difetto di adeguate attività di identificazione e controllo in sede di presentazione del titolo per l’incasso.
Sul punto, la Suprema Corte, ha chiarito recentemente che “nel caso di falsificazione di assegno bancario nella firma di traenza – la quale presenti, nella specie, “un tracciato assolutamente piatto” – la misura della diligenza richiesta alla banca nel rilevamento di detta falsificazione è quella dell’accorto banchiere, avuto riguardo alla natura dell’attività esercitata, alla stregua del paradigma di cui al secondo comma dell’art. 1176 c.c..
Ne consegue che “spetta al giudice del merito valutare la rispondenza al predetto paradigma della condotta richiesta alla banca in quel dato contesto storico e rispetto a quella determinata falsificazione, attivando casi un accertamento di fatto volto a saggiare, in concreto e caso per caso, il grado di esigibilità della diligenza stessa; verifica che, di regola, verrà a svolgersi in base ad un apprezzamento rivolto a verificare se la falsificazione sia, o meno, riscontrabile attraverso un attento esame diretto, visivo o tattile, dell’assegno da parte dell’impiegato addetto, in possesso di comuni cognizioni teorico/tecniche, ovvero pure in forza di mezzi e strumenti presenti sui normali canali del mercato di consumo e di agevole utilizzo, o, piuttosto, se la falsificazione stessa sia, invece, riscontrabile soltanto tramite attrezzature tecnologiche sofisticate e di difficile e dispendioso reperimento e/o utilizzo o tramite particolari cognizioni teoriche e/o tecniche” (cfr. Cass. civ. Sez. III, Sent., 20-03-2014, n. 6513).
La responsabilità della banca negoziatrice per avere consentito, in violazione dell’art. 43, 1. ass. (r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736), l’incasso di un assegno bancario, di traenza o circolare, munito di clausola di non trasferibilità, a persona diversa dal beneficiario del titolo, ha – nei confronti di tutti i soggetti nel cui interesse quelle regole sono dettate e che, per la violazione di esse, abbiano sofferto un danno – natura contrattuale, avendo la banca un obbligo professionale di protezione (obbligo preesistente, specifico e volontariamente assunto), operante nei confronti di tutti i soggetti interessati al buon fine della sottostante operazione (cfr. Cass. civ. Sez. Unite, 26-06-2007, n. 14712).
Tuttavia, se il debitore è stato diligente e nonostante ciò l’adempimento non sia risultato possibile, se ne deve dedurre che non può essere tenuto al risarcimento del danno.
Ebbene, nel caso di specie, la banca incassava l’assegno per girata, al fine di depositare l’importo sul conto corrente, poco prima aperto a nome del beneficiario da un terzo con acquisizione in copia del documento di identità e del c.d. specimen.
Giudice ha affermato che “l’incasso dell’assegno da parte di un formale correntista appare rispondere a prassi ordinaria e giustificata”. Inoltre, la firma dello specimen si presentava del tutto conforme a quella apposta per girata sull’assegno.
Sulla base delle sopra descritte argomentazioni, il Giudice ha chiarito che avendo l’istituto di credito che riceve l’assegno per l’incasso da parte di un suo formale correntista come unico parametro il modello di firma ed i documenti ricevuti in sede di apertura di conto corrente, non si può, pertanto, attribuire alla banca l’omessa attivazione di controlli circa possibili sostituzioni di persone, controlli che involgono poteri di contrato ad attività criminali che – in assenza di precisi indici sintomatici – esulano dai compiti ordinari della banca.
Testo del provvedimento
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