ISSN 2385-1376
Testo massima
L’assegno emesso in favore di un privato successivamente alla dichiarazione di fallimento della società titolare del conto corrente è un “pagamento non dovuto” ex art.78 L.F. attesa la risoluzione del rapporto per effetto dell’apertura della procedura concorsuale.
Il Tribunale di Reggio Emilia, con sentenza n. 1857 del 06/11/2012 si è così pronunciata sulla controversia insorta tra la Banca e un privato al quale era stato corrisposto un assegno bancario dal conto di un’azienda.
Successivamente detto titolo veniva negoziato presso altro istituto di credito, ma tale negoziazione avveniva dopo la dichiarazione di fallimento della società emittente, del quale banche sostenevano di essere all’oscuro.
Per tali motivi la Banca restituiva la somma alla curatela e contestualmente citava in giudizio l’istituto di creduto negoziante il titolo il quale provvedeva a chiamare in causa il privato che aveva incassato l’assegno.
Il Tribunale, accogliendo la domanda ha stabilito che, l’istituto di credito citato in giudizio dalla Banca non è il reale destinatario del pagamento ma solo l’istituto che ha negoziato il credito, ragione per la quale la domanda nei suoi confronti deve essere dichiarata inammissibile.
La Banca ha infatti, pagato in favore di un privato un assegno emesso dopo il fallimento dell’emittente, comportamento che integra di per sé un pagamento non dovuto ex art. 78 L.F. e conseguentemente comporta la restituzione della somma pagata al Fallimento ex art. 44 L.F. da cui ne consegue, inequivocabilmente, un arricchimento senza causa del beneficiario del pagamento, con conseguente obbligo di restituzione alla Banca, ex art. 2033 c.c., dell’importo ricevuto.
Inoltre, precisa il Giudice, che sarà il privato che ha incassato l’assegno (terzo chiamato in causa) a dover restituire la somma incassata, avendo conseguito un arricchimento senza causa, precisando che, nel caso di specie, la chiamata assolve il compito di supplire al difetto di citazione in giudizio da parte dell’attore del soggetto indicato dal convenuto come obbligato in sua vece.
In conclusione, afferma il giudicante che, da un lato il pagamento così effettuato deve essere restituito all’organo della procedura concorsuale e, dall’altro, che il beneficiario, il quale ha ottenuto un arricchimento senza causa dovrà restituire alla Banca l’importo percepito oltre gli interessi ex art.2033 cc anche se non è stato chiamato in giudizio da parte dell’attore.
Testo del provvedimento
TRIBUNALE DI REGGIO EMILIA
Il Giudice, dott. Gianluigi MORLINI, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
– ATTORE: Banca P. s.c.p.a.;
Conclusioni: Condannare il Credito E. al pagamento, in favore della Banca P., della somma di 10.000, oltre interessi e rivalutazione monetaria dal 29/11/2006 al soddisfo, indebitamente pagata dall’attrice per conto della fallita G. srl. Con vittoria di spese.
– CONVENUTO: Credito E. s.p.a.;
Conclusioni: Foglio allegato.
– TERZO CHIAMATO: C.G. e B. B..
Conclusioni: Dichiarare l’inammissibilità della chiamata del terzo in garanzia, perché totalmente ingiustificata e priva di qualsiasi rapporto con la vicenda e per l’effetto estromettere l’odierno chiamato dal giudizio con ogni consequenziale pronuncia in ordine alle spese del giudizio.
In via gradata, dichiarare l’intervenuta prescrizione dell’azione svolta.
Nel merito, rigettare le domanda perché infondate e comunque non provate. Vittoria di spese, diritti ed onorari di giudizi.
FATTO
Promuovendo la presente controversia, la Banca P. s.c.p.a. (di seguito, per brevità, Banca P.) espone di avere pagato un assegno bancario di 10.000 tratto dalla G. s.r.l. su un conto acceso presso la stessa Banca P. e negoziato presso il Credito E.s.p.a. (di seguito, per brevità, C.), dopo la declaratoria di fallimento della G. ed ignorando l’esistenza ditale fallimento; di avere dovuto successivamente rifondere al Fallimento G., ex art. 44 L.F., la somma di 10.000; di avere richiesto al C. di domandare al cedente per l’incasso la restituzione della somma a favore della Banca P., ed in caso negativo di quantomeno segnalare il nominativo ditale cedente per l’incasso; di non avere ricevuto risposta dal C..
Sulla base ditale narrativa, la Banca P., sul presupposto di avere eseguito un pagamento non dovuto essendo il rapporto di conto corrente con la società fallita sciolto ex art. 78 L.F., agisce espressamente ex art. 2033 c.c. nei confronti del C. (cfr. in particolare pag. 4 citazione), addebitando a parte convenuta la violazione del cap. 6.2.5. dell’Accordo Interbancario, per non avere comunicato le generalità del cedente per l’incasso, e comunque per violazione dell’art.1393 cc, ciò che renderebbe il C. destinatario di un pagamento indebito.
Costituendosi in giudizio, resiste C., in fatto deducendo di essersi attivato nei confronti del cedente per l’incasso, tal C.G., al fine di agevolare la restituzione della somma alla Banca P., ma di avere ricevuto la citazione prima di avere potuto rispondere;
in diritto, ribadendo di essere mera banca negoziatrice dell’assegno, e quindi non il soggetto beneficiario della somma, con la conseguenza del proprio difetto di legittimazione passiva relativamente alla domanda di restituzione d’indebito, per essere invece il C. l’unico legittimato passivo rispetto a tale domanda.
Pertanto, chiede ed ottiene la chiamata in giudizio di G., per essere eventualmente manlevato in denegata ipotesi di condanna.
Ritualmente costituto, C. chiede il rigetto di ogni domanda spiegata nei suoi confronti.
DIRITTO
Dalla stessa prospettazione dei fatti posta in essere dall’attore, risulta che il C. sia banca meramente negoziatrice dell’assegno, e non già destinataria del pagamento.
Ciò comporta il difetto di legittimazione passiva del C. in ordine alla richiesta di ripetizione d’indebito ex art. 2033 c.c., con conseguente declaratoria d’inammissibilità della domanda.
Infatti, la censura operata dalla difesa attorea in ordine alla mancata risposta relativamente alla richiesta di comunicazione delle generalità del cedente per l’incasso, avrebbe dovuto coerentemente comportare una domanda di risarcimento del danno per inadempimento contrattuale rispetto all’obbligazione assunta in sede di Accordo Interbancario, e non certo una richiesta di ripetizione di indebito, posto che il pagamento è stato ricevuto dal C.G. e non già dal C..
Del tutto privo di senso giuridico è poi il rilievo relativo alla pretesa violazione dell’art.1393 cc, atteso che non risulta alcuna richiesta da parte della Banca P. di verificare i poteri di rappresentanza del C.;
e che comunque, anche a volere in mera ipotesi diversamente opinare, avendo la stessa parte attrice riconosciuto che C. è mero negoziatore dell’assegno e non già destinatario del pagamento, la domanda di ripetizione d’indebito resterebbe comunque inammissibile, potendosi, al più ed in linea meramente teorica, ipotizzare una responsabilità extracontrattuale di chi ha agito come rappresentante senza poteri.
Discende, in conclusione sul punto, l’inammissibilità della domanda attorea spiegata verso il convenuto.
Detto dell’inammissibilità della domanda attorea verso il convenuto, occorre verificare se la domanda di ripetizione d’indebito possa ritenersi proposta anche nei confronti del terzo chiamato in causa dal convenuto.
Sul punto, deve evidenziarsi che la difesa dell’attore, a seguito della chiamata in causa di C. e dell’indicazione, da parte del C., di C.G. stesso quale unico obbligato alla ripetizione d’indebito, non si è avvalsa delle memorie ex art.183 comma 6 cpc per modificare la propria domanda, estendendola anche al terzo chiamato.
Tuttavia, la domanda attorea deva comunque essere ritenuta automaticamente estesa al terzo chiamato in causa dal convenuto, pur senza istanza espressa dell’attore.
Infatti, perché la domanda attorea possa considerarsi automaticamente estesa al chiamato in causa da parte del convenuto, senza bisogno di istanza espressa dell’attore, occorre che il convenuto chiami in causa il terzo non al fine di fare valere nei suoi confronti un rapporto di garanzia avente una causa petendi diversa da quella dedotta dall’attore; ma al fine di ottenere la propria liberazione e l’individuazione del chiamato quale unico e diretto responsabile. In tal caso, il Giudice può direttamente emettere nei confronti del terzo una pronuncia di condanna anche se l’attore non ne abbia fatto richiesta, senza per questo incorrere nel vizio di extrapetizione, essendovi un collegamento diretto tra la posizione sostanziale dell’attore e quella del terzo chiamato, sicché la chiamata assolve il compito di supplire al difetto di citazione in giudizio da parte dell’attore del soggetto indicato dal convenuto come obbligato in sua vece, e l’estensione automatica della domanda originaria ha così quale indispensabile presupposto l’unicità del rapporto controverso, realizzandosi solo un ampliamento della controversia in senso soggettivo (divenendo il chiamato parte del giudizio in posizione alternativa con il convenuto) ed oggettivo (inserendosi l’obbligazione del terzo dedotta dal convenuto verso l’attore, in alternativa rispetto a quella individuata dall’attore): Cass. n. 12317/2011, Cass. n. 5057/2010, Cass. n. 25559/2008, Cass. n. 17954/2008, Cass. n. 6883/2008, Cass. n. 13374/2007, Cass. n. 13165/2007, Cass. n. 13131/2006, Cass. n. 1522/2006, Cass. n. 254/2006, Cass. n. 1748/2005, Cass. n. 15563/2004, Cass. n. 3643/2004, Cass. n. 14060/2003, Cass. n. 7273/2003, Cass. n. 5164/2003, Cass. n. 4740/2003, Cass. n. 4145/2003, Cass. n. 1294/2003, Cass. n. 11371/2002, Cass. n. 11366/2002, Cass. n. 6771/2002, Cass. n. 6026/2001, Cass. n. 2471/2000.
Ciò è esattamente quanto accaduto nel caso di specie, avendo il convenuto individuato il terzo quale unico e diretto responsabile della pretesa fatta valere dall’attore in ordine alla ripetizione d’indebito ex art. 2033 c.c., ciò che comporta l’unicità del rapporto controverso e la conseguente automatica estensione al terzo della domanda attorea.
Tanto premesso, la domanda attorea così ritenuta estesa al terzo chiamato, è certamente fondata.
Infatti, la Banca P. ha pagato a favore di C.G. un assegno emesso dopo il fallimento dell’emittente, ciò che integra un pagamento non dovuto ex art. 78 L.F. ed ha conseguentemente comportato la restituzione della somma pagata al Fallimento ex art. 44 L.F. Ne deriva allora inequivocabilmente un arricchimento senza causa del beneficiario del pagamento, con conseguente obbligo del C. di restituire alla Banca P., ex art. 2033 c.c., l’importo ricevuto di 10.000.
Né ha pregio alcuno l’eccezione di prescrizione formulata dalla difesa della terza chiamata ex art. 75 R.D. n. 1736/1933, essendo la stessa per un verso inammissibile in rito, in quanto formulata dopo i termini di cui all’art. 167 comma 2 cpc, atteso che la terza chiamata si è costituita dopo il termine di venti giorni prima dell’udienza; per altro verso manifestamente infondata nel merito, posto che l’azione di indebito si prescrive nel termine ordinario di dieci anni e non ha alcuna attinenza con la prescrizione speciale di cui all’art. 75 R.D. n. 1736/2003.
Quanto poi all’ulteriore contestazione operata dalla difesa della terza chiamata, del tutto inconcludente è il rilievo per il quale la Banca P. ha pagato l’assegno tre giorni dopo il fallimento della G., poiché è proprio il fatto storico di un pagamento effettuato dopo il fallimento che rende tale pagamento non dovuto, e sorregge quindi l’azione di ripetizione di indebito.
In ragione di quanto sopra e concludendo sul punto, la terza chiamata deve essere condannata a pagare all’attore 10.000.
Non essendo stata nemmeno dedotta la male fede del C.G., gli interessi moratori al tasso legale vanno conteggiati non già dal pagamento, bensì dalla domanda, radicata con la notifica della chiamata del terzo il 21/3/2008, al saldo.
c) Non vi sono motivi per derogare ai principi generali codificati dall’art.91 cpc in tema di spese di lite, che, liquidate come da dispositivo con riferimento al D.M. n. 140/2012 in ragione della previsione di retroattività posta dal suo articolo 41 (cfr. Cass. Sez. Un. nn. 17405-6/2012), seguono la soccombenza in entrambi i rapporti processuali.
Pertanto le spese, nel rapporto tra attore e convenuto, sono poste a carico del soccombente attore ed a favore del vittorioso convenuto; nel rapporto tra attore e terzo chiamato, sono poste a carico del soccombente terzo chiamato ed a favore del vittorioso attore.
Si dà atto che il presente fascicolo è per la prima volta pervenuto a questo Giudice, trasferito al Tribunale di Reggio Emilia il 11/4/2012, all’udienza del 20/9/2012, ed in tale udienza è stato trattenuto in decisione con la concessione dei termini di legge nel minino legale ex art. 190 c.p.c. (venti giorni per conclusionali e venti per repliche) e poi deciso con la presente sentenza nel rispetto dei termini di legge.
PQM
il Tribunale di Reggio Emilia in composizione monocratica,
definitivamente pronunciando, nel contraddittorio tra le parti, ogni diversa istanza disattesa
– dichiara inammissibile la domanda proposta da Banca P. s.c.p.a. verso Credito E. s.p.a.;
– condanna C.G. a pagare a Banca P. s.c.p.a. 10.000, oltre interessi legali dal 21/3/2008 al saldo;
– condanna Banca P. s.c.p.a. a rifondere a Credito E.s.p.a. le spese di lite del presente giudizio, che liquida in 3.000 per compensi, oltre IVA e CPA;
– condanna C.G. a rifondere a Banca P. s.c.p.a. le spese di lite del presente giudizio, che liquida in 200 per rimborsi, 3.000 per compensi, oltre IVA e CPA.
Reggio Emilia, 6/11/2012
Il Giudice
dott. Gianluigi MORLINI
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Autore, Titolo, in Ex Parte Creditoris - www.expartecreditoris.it - ISSN: 2385-1376, anno
Numero Protocolo Interno : 46/2012