LE MASSIME
Al fine di provare il fumus boni iure il cliente che si duole dell’inserimento nella Centrale di Allarme Interbancaria ed in altre “Banche dati pregiudizievoli”, deve fornire la prova che l’iscrizione si sia effettivamente verificata, il dato temporale nel quale è stata compiuta e, soprattutto, da quale Banca Dati il ricorrente reputi di avere diritto di essere cancellato.
L’accoglimento di una misura cautelare implica la presenza di un periculum in mora, costituito dall’imminenza di un pregiudizio irreparabile che possa compromettere il diritto azionato nel periodo necessario a farlo valere in via ordinaria e l’imminenza e l’irreparabilità del pregiudizio ricorrono allorquando l’evento dannoso paventato incomba con vicina probabilità e il pregiudizio sia non risarcibile o, pur essendo lo stesso in tutto o in parte risarcibile, il risarcimento lascia comunque scoperto un margine di danno non rimediabile”.
Il tardivo pagamento di un assegno protestato per mancanza di fondi non impedisce l’inserimento del nominativo nel registro informatico dei protesti (RIP) e la segnalazione nella Centrale di Allarme interbancario (CAI).
Questi sono i principi espressi dal Tribunale di Catanzaro, Giudice Francesca Rinaldi, con l’ordinanza del 06 Febbraio 2018.
IL CONTESTO NORMATIVO
Art.1. L. 386/1990 – EMISSIONE DI ASSEGNO SENZA AUTORIZZAZIONE |
. 1. Chiunque emette un assegno bancario o postale senza l’autorizzazione del trattario è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire due milioni a lire dodici milioni.
2. Se l’importo dell’assegno è superiore a lire venti milioni o nel caso di reiterazione delle violazioni, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da lire quattro milioni a lire ventiquattro milioni. 3. Nei casi previsti dai commi 1 e 2 non è ammesso il pagamento in misura ridotta ai sensi dell’articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689 |
Art. 2. L. 386/1990 EMISSIONE DI ASSEGNO SENZA PROVVISTA | |
1. Fuori dei casi previsti dall’articolo 1, chiunque emette un assegno bancario o postale che, presentato in tempo utile, non viene pagato in tutto o in parte per difetto di provvista è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire un milione a lire sei milioni.
2. Se l’importo dell’assegno è superiore a lire venti milioni o nel caso di reiterazione delle violazioni, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da lire due milioni a lire dodici milioni. 3. Nei casi previsti dai commi 1 e 2 non è ammesso il pagamento in misura ridotta ai sensi dell’articolo 16 della legge 24 novembre 1981 n. 689 |
ART. 8 L. 386/1990 – PAGAMENTO DELL’ASSEGNO EMESSO SENZA PROVVISTA DOPO LA SCADENZA DEL TERMINE DI PRESENTAZIONE |
1. Nei casi previsti dall’art. 2, le sanzioni amministrative non si applicano se il traente, entro 60 giorni dalla data di scadenza del termine di presentazione del titolo, effettua il pagamento dell’assegno, degli interessi, della penale e delle eventuali spese per il protesto o per la constatazione equivalente.
2. Il pagamento può essere effettuato nelle mani del portatore del titolo o presso lo stabilimento trattario mediante deposito vincolato al portatore del titolo, ovvero presso il pubblico ufficiale che ha levato il protesto o ha effettuato la constatazione equivalente. 3. La prova dell’avvenuto pagamento deve essere fornita dal traente allo stabilimento trattario o, in caso di levata del protesto o di rilascio della constatazione equivalente, al pubblico ufficiale tenuto alla presentazione del rapporto mediante quietanza del portatore con firma autenticata ovvero, in caso di pagamento a mezzo di deposito vincolato, mediante attestazione della banca comprovante il versamento dell’importo dovuto. 4. Il procedimento per l’applicazione delle sanzioni amministrative non può essere iniziato prima che sia decorso il termine per il pagamento indicato nel c. 1. |
ART. 8-BIS L. 386/1990 – PROCEDIMENTO PER L’APPLICAZIONE DELLE SANZIONI AMMINISTRATIVE |
1.Nei casi previsti dall’articolo 1, se viene levato il protesto o effettuata la constatazione equivalente, il pubblico ufficiale trasmette il rapporto di accertamento della violazione al prefetto territorialmente competente. Nei casi in cui non si leva il protesto o non si effettua la constatazione equivalente, il prefetto viene direttamente informato dal trattario.
2. Nei casi previsti dall’articolo 2, il trattario dà comunicazione del mancato pagamento al pubblico ufficiale che deve levare il protesto o effettuare la constatazione equivalente; il pubblico ufficiale, se non è stato effettuato il pagamento dell’assegno nel termine previsto dall’articolo 8, trasmette il rapporto di accertamento della violazione al prefetto territorialmente competente. Nei casi in cui non si leva il protesto o non si effettua la constatazione equivalente, il trattario, decorso inutilmente il termine previsto dall’articolo 8, informa direttamente il prefetto territorialmente competente. 3. Entro novanta giorni dalla ricezione del rapporto o dell’informativa il prefetto notifica all’interessato gli estremi della violazione a norma dell’articolo 14 della legge 24 novembre 1981, n. 689. Se l’interessato risiede all’estero il termine per la notifica è di trecentosessanta giorni. 4. L’interessato, entro trenta giorni dalla notifica, può presentare scritti difensivi e documenti. 5. Il prefetto, dopo aver valutato le deduzioni presentate, determina, con ordinanza motivata, la somma dovuta per la violazione e ne ingiunge il pagamento, insieme con le spese, ovvero emette ordinanza motivata di archiviazione degli atti. 6. Si applicano, per quanto non previsto dal presente articolo, le disposizioni delle sezioni I e II del capo I della legge 24 novembre 1981, n. 689 e successive modificazioni, in quanto compatibili. |
ART. 9 L. 386/1990 – REVOCA DELLE AUTORIZZAZIONI |
1. In caso di mancato pagamento, in tutto o in parte, di un assegno per mancanza di autorizzazione o di provvista, il trattario iscrive il nominativo del traente nell’archivio previsto dall’articolo 10-bis.
2. L’iscrizione è effettuata: a) nel caso di mancanza di autorizzazione, entro il ventesimo giorno dalla presentazione al pagamento del titolo; b) nel caso di difetto di provvista, quando è decorso il termine stabilito dall’articolo 8 senza che il traente abbia fornito la prova dell’avvenuto pagamento, salvo quanto previsto dall’articolo 9- bis, comma 3. 3. L’iscrizione nell’archivio determina la revoca di ogni autorizzazione ad emettere assegni. Una nuova autorizzazione non può essere data prima che sia trascorso il termine di sei mesi dall’iscrizione del nominativo nell’archivio. 4. La revoca comporta il divieto, della durata di sei mesi, per qualunque banca e ufficio postale di stipulare nuove convenzioni di assegno con il traente e di pagare gli assegni tratti dal medesimo dopo l’iscrizione nell’archivio, anche se emessi nei limiti della provvista. |
ART. 9-BIS L. 386/1990 – PREAVVISO DI REVOCA |
1.Nel caso di mancato pagamento, in tutto o in parte, di un assegno per difetto di provvista, il trattario comunica al traente che, scaduto il termine indicato nell’articolo 8 senza che abbia fornito la prova dell’avvenuto pagamento, il suo nominativo sarà iscritto nell’archivio di cui all’articolo 10- bis e che dalla stessa data gli sarà revocata ogni autorizzazione ad emettere assegni. Con la comunicazione il traente è invitato a restituire, alla scadenza del medesimo termine e sempre che non sia effettuato il pagamento, tutti i moduli di assegno in suo possesso alle banche e agli uffici postali che li hanno rilasciati.
2. La comunicazione è effettuata presso il domicilio eletto dal traente a norma dell’articolo 9-ter entro il decimo giorno dalla presentazione al pagamento del titolo, mediante telegramma o lettera raccomandata con avviso di ricevimento, ovvero con altro mezzo concordato tra le parti di cui sia certa la data di spedizione e quella di ricevimento. 3. Anche in deroga a quanto stabilito dall’articolo 9, comma 2, lettera b), l’iscrizione del nominativo del traente nell’archivio non può aver luogo se non sono decorsi almeno dieci giorni dalla data di ricevimento della comunicazione. 4. La comunicazione si ha per effettuata ove consti l’impossibilità di eseguirla presso il domicilio eletto. 5. Se la comunicazione non è effettuata entro il termine indicato nel comma 2, il trattario è obbligato a pagare gli assegni emessi dal traente dopo tale data e fino al giorno successivo alla comunicazione, anche se manca o è insufficiente la provvista, nel limite di lire venti milioni per ogni assegno. |
ART. 10-BIS L. 386/1990 – ARCHIVIO DEGLI ASSEGNI BANCARI E POSTALI E DELLE CARTE DI PAGAMENTO IRREGOLARI |
1. Al fine del regolare funzionamento dei sistemi di pagamento, è istituito presso la Banca d’Italia un archivio informatizzato degli assegni bancari e postali e delle carte di pagamento, nel quale sono inseriti i seguenti dati:
a) generalità dei traenti degli assegni bancari o postali emessi senza autorizzazione o senza provvista; b) assegni bancari e postali emessi senza autorizzazione o senza provvista, nonché assegni non restituiti alle banche e agli uffici postali dopo la revoca dell’autorizzazione; c) sanzioni amministrative pecuniarie e accessorie applicate per l’emissione di assegni bancari e postali senza autorizzazione o senza provvista, nonché sanzioni penali e connessi divieti applicati per l’inosservanza degli obblighi imposti a titolo di sanzione amministrativa accessoria; d) generalità del soggetto al quale è stata revocata l’autorizzazione all’utilizzo di carte di pagamento; e) carte di pagamento per le quali sia stata revocata l’autorizzazione all’utilizzo; f) assegni bancari e postali e carte di pagamento di cui sia stato denunciato il furto o lo smarrimento. 2. La Banca d’Italia, quale titolare del trattamento dei dati, può avvalersi di un ente esterno per la gestione dell’archivio, secondo quanto previsto dall’articolo 8 della legge 31 dicembre 1996, n. 675. 3. Il soggetto interessato ha diritto ad accedere alle informazioni che lo riguardano contenute nell’archivio e di esercitare gli altri diritti previsti dall’articolo 13 della legge 31 dicembre 1996, n. 675. 4. I prefetti, le banche, gli intermediari finanziari vigilati e gli uffici postali possono accedere alle informazioni contenute nell’archivio per le finalità previste dalla presente legge e per quelle connesse alla verifica della corretta utilizzazione degli assegni e delle carte di pagamento. L’autorità giudiziaria ha accesso diretto alle informazioni contenute nell’archivio, per lo svolgimento delle proprie funzioni. |
ART. 17. L. 108/96 – ISTANZA DI RIABILITAZIONE |
1. Il debitore protestato che abbia adempiuto all’obbligazione per la quale il protesto è stato levato e non abbia subito ulteriore protesto ha diritto ad ottenere, trascorso un anno dal levato protesto, la riabilitazione.
2. La riabilitazione è accordata con decreto del presidente del tribunale su istanza dell’interessato corredata dai documenti giustificativi. 3. Avverso il diniego di riabilitazione il debitore può proporre reclamo, entro dieci giorni dalla comunicazione, alla corte di appello che decide in camera di consiglio. 4. Il decreto di riabilitazione è pubblicato nel Bollettino dei protesti cambiari ed è reclamabile ai sensi del comma 3 da chiunque vi abbia interesse entro dieci giorni dalla pubblicazione. 5. Nelle stesse forme di cui al comma 4 è pubblicato il provvedimento della corte di appello che accoglie il reclamo. 6. Per effetto della riabilitazione il protesto si considera, a tutti gli effetti, come mai avvenuto. 6-bis. Il debitore protestato e riabilitato ha diritto di ottenere la cancellazione definitiva dei dati relativi al protesto anche dal registro informatico di cui all’articolo 3-bis del decreto-legge 18 settembre 1995, n. 381, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 novembre 1995, n. 480. La cancellazione dei dati del protesto è disposta dal responsabile dirigente dell’ufficio protesti competente per territorio non oltre il termine di venti giorni dalla data di presentazione della relativa istanza, corredata del provvedimento di riabilitazione 6-ter. Ove sussistano tutte le condizioni indicate nel comma 1, è consentita la presentazione di un’unica istanza di riabilitazione anche in riferimento a più protesti, purché compresi nello spazio temporale di un triennio |
IL CASO
Nella fattispecie in disamina una Società conveniva in giudizio una Banca e la Camera di Commercio della relativa provincia, formulando con ricorso d’urgenza ex art. 700 c.p.c. due diverse domande, la prima tesa ad ottenere la sospensione e/o cancellazione della pubblicazione del protesto relativo ad un assegno emesso in difetto di provvista, poiché ritenuto illegittimamente levato su istanza della Banca trattaria, la quale non avrebbe preventivamente comunicato alla società traente il preavviso di revoca di cui all’art. 9 bis della legge n. 386 del 1990, e la seconda domanda, invece, volta alla cancellazione del nominativo della società ricorrente da “ogni Banca Dati pregiudizievole nonché dalla CAI – Centrale di allarme interbancaria”, pur in presenza di un pagamento tardivo da parte della stessa.
Si costituiva la Banca, la quale chiedeva il rigetto delle domande della ricorrente, rappresentando, in particolare, che il preavviso di revoca di cui all’art. 9 bis della legge n. 386 del 1990 fosse stato regolarmente trasmesso alla società correntista con raccomandata a/r.
La Camera Di Commercio, benché ritualmente citata, non si costituiva.
All’udienza, all’esito della discussione tra le parti, il Giudice riservava la decisione.
In relazione al primo quesito proposto dalla società ricorrente, il Tribunale adito, seppur nella sommarietà del giudizio che caratterizza i giudizi cautelari come quello d’urgenza ex art. 700 c.p.c., in seguito ad una breve ricostruzione della disciplina applicabile evidenziava la differenza sussistente fra l’istituto del protesto previsto dagli artt. 45 ss. del regio decreto 21.12.1933 n.1736 e della relativa pubblicazione nel registro informatico dei protesti (cd. RIP), dall’istituto della Centrale di Allarme interbancario (cd. CAI) prevista dall’art.10 bis della legge 1990 n. 386, concludendo che, essendo l’assegno bancario un titolo di credito pagabile a vista, cioè immediatamente presentabile per il pagamento, e, quale mezzo di pagamento agevole e sostitutivo della moneta, impone ex se che al momento della presentazione debba necessariamente sussistere la provvista.
Quando tale condizione non si verifica, il titolo deve essere protestato dalla banca trattaria attraverso la constatazione ufficiale del rifiuto del pagamento del titolo eseguita con atto autentico da parte di un notaio o da altro pubblico ufficiale a ciò abilitati che trasmettono poi al Presidente della Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura, competente per territorio, l’elenco dei protesti levati, che vengono successivamente iscritti nel Registro Informatico dei Protesti (RIP)). Si concretizza in tal modo, la conditio sine qua non affinché il portatore possa esercitare le azioni di regresso (articolo 45 del regio decreto legge 21 dicembre 1933, numero 1736, c.d. legge assegni), anche se, allo stesso tempo, il suo difetto non pregiudica l’esercizio dei restanti diritti cartolari del beneficiario del titolo nei confronti del traente.
Sopraggiunto il pagamento, ricordava il Giudicante, la normativa vigente in materia di assegni però, non consente l’immediata cancellazione dal Registro Informatico dei Protesti del titolo bancario o postale. Secondo il disposto della L. 108/96, articolo 17, e successive modificazioni, infatti, il debitore protestato che abbia adempiuto all’obbligazione per la quale il protesto è stato levato e non abbia subìto ulteriore protesto, ha diritto ad ottenere la riabilitazione, non prima di un anno però dal giorno della levata del protesto. Ne consegue che l’assegno protestato, anche se pagato entro 60 giorni dalla data di presentazione all’incasso, deve, comunque, rimanere pubblicato, almeno per un anno nel Registro Informatico dei Protesti (RIP). Solo trascorso tale termine, il soggetto interessato ad ottenere la cancellazione dell’assegno protestato dal predetto Registro potrà rivolgersi al Presidente del Tribunale della provincia di residenza per conseguire il provvedimento di riabilitazione per poi presentare istanza all’Ufficio Protesti della Camera di Commercio territorialmente competente per ottenere la cancellazione dal Registro Informatico dei Protesti.
Invero, il pagamento del titolo entro i menzionati 60 giorni, pur costituendo un ravvedimento operoso, utile ad escludere l’applicazione della sanzione interdittiva della “revoca di sistema” (nonché di quella amministrativa prefettizia), non è però idoneo a togliere ogni rilevanza alla mancanza della provvista al momento della presentazione del titolo, per cui il rifiuto del pagamento può essere legittimamente accertato con il protesto, di modo che può accadere che l’assegno venga protestato per mancanza di provvista, ma successivamente pagato nel “termine di grazia” di sessanta giorni: in tal caso, il soggetto protestato sarebbe censito nel bollettino della Camera di commercio (RIP) ma non verrebbe iscritto nella Centrale d’Allarme Interbancaria (CAI).
Tanto premesso il Giudicante osservava, come nel caso in esame, poiché documentalmente provato che l’assegno bancario veniva emesso dalla Società in mancanza di provvista, con il corollario che, il protesto di detto titolo fu levato legittimamente su istanza della Banca, a ciò obbligata in virtù degli artt. 45 e ss. della Legge assegni, allo stesso modo rilevava, pertanto, che la pubblicazione del nome della Società ad opera della Camera di Commercio sul Registro Informatico dei Protesti (RIP), fosse conseguenza dovuta in ragione della semplice levata del protesto.
Posto in ogni caso che dal complessivo compendio normativo individuato non emerge alcun nesso fra l’obbligo per l’Istituto di Credito di comunicare al correntista il c.d. preavviso di revoca di cui all’art. 9 bis della legge n. 386 del 1990 e la levata del protesto, il Tribunale osservava che dalla documentazione prodotta dalla Banca risultava provato che la stessa avesse regolarmente trasmesso alla Società il preavviso di revoca, conseguentemente, nessun rilievo poteva essere mosso alla condotta tenuta dall’Istituto di credito resistente nei confronti della Società, che ha operato secondo diritto e nel rispetto delle competenze che le norme sopra menzionate gli attribuiscono.
Con riguardo, poi, alla seconda domanda avanzata dalla Società, il Tribunale osservava che la ricorrente si era limitata ad allegare , in termini generalissimi , che a seguito della levata del protesto, il suo nome sarebbe stato iscritto nella Centrale di Allarme Interbancaria ed in altre “Banche dati pregiudizievoli”, senza, tuttavia, fornire prova che l’iscrizione si fosse effettivamente verificata, il dato temporale nel quale fosse stata compiuta e, soprattutto, da quale Banca Dati la ricorrente reputi di avere diritto di essere cancellata.
Orbene, sotto il profilo del fumus boni iuris, il Giudicante evidenziava la totale irrilevanza della documentazione offerta da parte della ricorrente circa l’adempiuto pagamento del titolo nei termini di cui all’art. 8 della legge 1990 n. 386 atteso che, la normativa non prevede, per quanto riguarda gli assegni, la cancellazione dei relativi protesti prima che sia decorso un anno dalla data di levata degli stessi, anche se il pagamento è avvenuto entro i 12 mesi.
Allo stesso modo, sotto il profilo del periculum in mora, si rilevava che la società ricorrente non avesse neppure allegato quale pericolo grave ed irreparabile giustificherebbe il ricorso cautelare in via d’urgenza.
Sul punto, dunque, il Tribunale riteneva opportuno evidenziare che l’onere di provare il periculum in mora incombesse sul ricorrente secondo i principi generali di cui all’art. 2697 c.c., posto che il periculum in mora/lo stesso non può dedursi in re ipsa, ma la sua effettiva sussistenza deve essere accettata concretamente e rigorosamente dal giudice adito nella sua consistenza obiettiva e tenendo conto della circostanze specifiche del caso, sulla scorta degli elementi allegati dall’istante.
Il mancato assolvimento dell’onere di allegazione e prova sui requisiti del procedimento d’urgenza, comportando il mancato riconoscimento del fumus boni iuris e del periculum in mora, pertanto, giustifica il rigetto anche della seconda domanda.
Per tali ragioni il ricorso è stato ritenuto infondato ed è stato respinto con condanna della Società a rifondere alla BANCA le spese di lite.
Per ulteriori approfondimenti, si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in rivista:
PROTESTO ASSEGNI: LA BANCA NON DEVE AVVERTIRE IL CLIENTE.
IL CORRENTISTA NON HA DIRITTO AD ALCUN PREVENTIVO AVVISO PRIMA DEL PROTESTO
Sentenza | Cassazione civile, sezione terza | 12.02.2013 | n.3286
ASSEGNI: LA SEMPLICE ILLEGITTIMITÀ DEL PROTESTO NON È DI PER SÈ SUFFICIENTE PER LA LIQUIDAZIONE DEL DANNO
NECESSARIO PROVARE ANCHE MEDIANTE PRESUNZIONI SEMPLICI GRAVITÀ LESIONE E NON FUTILITÀ DEL DANNO
Sentenza | Cassazione civile, sez. terza, Pres. Vivaldi – Rel. Moscarini | 05.05.2017 | n.10904
PROTESTO: DEVE ESSERE EFFETTUATO ANCHE IN CASO DI ASSEGNO SMARRITO O RUBATO
L’INTERESSE ALLA LEVATA DEL PROTESTO NON È ESCLUSIVAMENTE RICONDUCIBILE ALLA PRESENTAZIONE ALL’INCASSO DI UN ASSEGNO PRIVO DI PROVVISTA
Ordinanza | Tribunale di Roma, Dott. Federico Salvati | 21.10.2015
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