Un immobile abusivo non sanabile può costituire oggetto di vendita forzata, purché ciò sia dichiarato nel bando di vendita. In caso contrario, si sarebbe in presenza di un’alienazione di aliud pro alio rispetto alla quale non opera l’esclusione della garanzia per i vizi della cosa di cui all’articolo 2922, comma II, c.c. E’ lo stesso art. 46 del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 (c.d. “Testo Unico Edilizia”), al V comma, a stabilirlo. La regola, infatti, dispone la nullità degli atti tra vivi stipulati in forma pubblica o privata ed aventi ad oggetto il trasferimento o la costituzione o lo scioglimento della comunione di diritti reali, relativi ad edifici o loro parti, la cui costruzione sia iniziata dopo il 17 marzo 1985, ove da essi non risultino, per dichiarazione dell’alienante, gli estremi del permesso di costruire o del permesso in sanatoria. Il quinto comma, invece, contiene un’eccezione che fa riferimento proprio agli immobili realizzati in violazione della normativa urbanistico-edilizia. Il testo specifica che la nullità non “si applica agli atti derivanti da procedure esecutive immobiliari, individuali o concorsuali” e che “l’aggiudicatario, qualora l’immobile si trovi nelle condizioni previste per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria, dovrà presentare domanda di permesso in sanatoria entro centoventi giorni dalla notifica del decreto emesso dalla autorità giudiziaria”.
Questa disposizione, tuttavia, non va interpretata nel senso che il nuovo acquirente abbia diritto in ogni caso a presentare l’istanza di condono, ma solamente che tale facoltà gli è concessa se non esistono già provvedimenti che abbiano valutato l’ammissibilità del condono. Oltre ovviamente alla circostanza che l’immobile si trovi nelle condizioni previste per il rilascio del relativo permesso. La verifica della presenza e della sanabilità degli abusi è compito del consulente tecnico d’ufficio nominato dal Giudice dell’Esecuzione, che deve verificare la conformità o meno della costruzione alle autorizzazioni o concessioni amministrative e l’esistenza o meno di dichiarazioni di agibilità. In caso di costruzione realizzata o modificata in violazione della normativa urbanistica-edilizia, il consulente ha l’obbligo di diligenza di descrivere dettagliatamente la tipologia degli abusi riscontrati e specificare se l’illecito sia stato sanato o sia sanabile in base combinato disposto dagli artt. 46, comma V, del DPR 6 giugno 2001, n.380 e 40, comma VI della L. 28 febbraio 1985 n.47.
Nel caso in cui l’abuso non è sanabile, l’immobile viene trasferito nello stato di fatto in cui si trova e l’aggiudicatario ha l’obbligo di ripristinare lo stato dei luoghi, il cui costo è decurtato dal prezzo di stima. Viceversa, se l’immobile si trova nelle condizioni previste per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria, l’aggiudicatario è rimesso in termini e deve procedere al deposito della relativa domanda entro centoventi giorni dall’emissione del decreto di trasferimento, così come disposto dal DL 23 aprile 1985 n. 146 e dai successivi interventi legislativi che non hanno intaccato tale termine.
FOCUS
La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 25021 del 07/10/2019, ha chiarito che anche la divisione di un edificio abusivo che si renda necessaria nell’ambito dell’espropriazione di beni (divisione c.d. “endoesecutiva”) o nell’ambito delle procedure concorsuali (divisione c.d. “endoconcorsuale”), è sottratta alla comminatoria di nullità prevista per gli atti di scioglimento della comunione aventi ad oggetto edifici abusivi, in forza delle disposizioni eccettuative di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 46, comma 5 e alla L. n. 47 del 1985, art. 40, commi 5 e 6, in quanto una comminatoria di nullità che si estendesse agli atti di trasferimento effettuati nell’ambito delle procedure esecutive individuali o concorsuali, piuttosto che rappresentare una sanzione nei confronti del proprietario dell’edificio abusivo, finirebbe – al contrario – per favorirlo, in pregiudizio dei creditori.
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