ISSN 2385-1376
Testo massima
La mancata estensione, ad opera del D.P.R. n. 601 del 1973, art. 15, comma 2, del regime agevolativo previsto per le operazioni di credito alla cooperazione (regime rappresentato dall’assoggettamento di esse ad un’unica imposta sostitutiva) anche agli atti giudiziari ad esse relativi (i quali sono perciò soggetti ad imposizione secondo il regime ordinario) “non comporta che le operazioni di credito in questione, per il fatto di venir enunciate in sede di quegli atti giudiziari, divengano perciò soggette anche ad imposta di registro, ai sensi del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art.22”.
E’ questo il principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione, sezione tributaria, con sentenza n. 22829 pronunziata in data 08/10/2013 in materia di esenzione dall’imposta di registro.
La sentenza trae origine dal ricorso per cassazione presentato dalla Banca avverso la decisione della CTR del Piemonte che aveva rigettato il gravame con cui l’istituto di credito ricorrente aveva impugnato il silenzio rifiuto opposto dall’Agenzia delle Entrate sull’istanza di rimborso dell’imposta assolta sull’importo della garanzia fideiussoria e sul contratto di conto corrente, enunciati in sede di registrazione di un decreto ingiuntivo.
Ad avviso dei giudici di appello, infatti, in presenza di un atto giudiziario, l’agevolazione accordata per il credito cooperativo non operava, ex art.15 DPR 601/1973.
Ebbene, la Corte di Cassazione, chiamata a pronunziarsi sulla questione de quo, ha preliminarmente affermato il principio di diritto secondo il quale la mancata estensione, ad opera del D.P.R. n. 601 del 1973, art. 15, comma 2, del regime agevolativo previsto per le operazioni di credito alla cooperazione (regime rappresentato dall’assoggettamento di esse ad un’unica imposta sostitutiva) anche agli atti giudiziari ad esse relativi (i quali sono perciò soggetti ad imposizione secondo il regime ordinario) “non comporta che le operazioni di credito in questione, per il fatto di venir enunciate in sede di quegli atti giudiziari, divengano perciò soggette anche ad imposta di registro, ai sensi del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art.22”.
In particolare, gli ermellini hanno rilevato che il D.P.R. n. 601/1973, per quanto concerne il settore del credito alla cooperazione, prevede non già un’esenzione fiscale bensì una agevolazione, realizzata con il metodo della imposizione sostitutiva, in quanto, ai sensi dell’art.17 in esso contenuto, gli enti che effettuano le operazioni indicate nei precedenti articoli 15 e 16, sono tenuti a corrispondere un’imposta sostitutiva in luogo delle imposte di registro, di bollo, ipotecarie e catastali e delle tasse sulle concessioni governative.
L’ultima parte del secondo comma dell’art.17 si limita a sottrarre al regime dell’imposizione sostitutiva gli atti giudiziari relativi alle operazioni di finanziamento dalle quali il contenzioso ha preso origine.
In conclusione, dunque, la Suprema Corte ha accolto il ricorso proposto dalla banca atteso che il pagamento dell’imposta sostitutiva in tanto ha senso in quanto da diritto alla registrazione senza ulteriori oneri, altrimenti il metodo sostitutivo avrebbe dovuto essere scorporato dal titolo delle agevolazioni fiscali e ricondotto a quello delle sanzioni.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 12860/2007 proposto da:
BNL SPA
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE
– intimato –
avverso la sentenza n. 6/2006 della COMM.TRIB.REG. di TORINO, depositata il 14/03/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/07/2013 dal Consigliere Dott. MARIA GIOVANNA C. SAMBITO;
udito per il ricorrente l’Avvocato BRANDA che ha chiesto l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. BASILE Tommaso, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo
Con sentenza n. 6/27/06 depositata il 14/3/06, la CTR del Piemonte, confermando la decisione della CTP di Torino, rigettava il ricorso col quale la S.p.A. Coopercredito, poi incorporata dalla Banca Nazionale del Lavoro S.p.A., aveva impugnato il silenzio rifiuto opposto dall’Ufficio sull’istanza di rimborso dell’imposta assolta sull’importo della garanzia fideiussoria e sul contratto di conto corrente, enunciati in sede di registrazione di un decreto ingiuntivo. I giudici d’appello hanno affermato che, in presenza di un atto giudiziario, l’agevolazione accordata per il credito cooperativo non operava, ai sensi del D.P.R. n. 601 del 1973, art. 15, comma 2.
Per la cassazione di tale sentenza, ha proposto ricorso la Banca Nazionale del Lavoro S.p.A., con tre motivi illustrati da memoria.
L’Agenzia delle entrate non ha depositato difese.
Motivi della decisione
1. Col PRIMO MOTIVO, la ricorrente deduce la nullità della sentenza, per aver omesso di pronunciare sulla richiesta di esenzione dall’imposta di registro del contratto di conto corrente, enunciato nel decreto ingiuntivo.
2. Col SECONDO MOTIVO si deduce il vizio di motivazione in ordine all’individuazione degli atti in riferimento ai quali era stata avanzata l’istanza di restituzione dell’imposta di registro.
3. Col TERZO MOTIVO, la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 15, e art. 16, comma 1 (D.P.R. n. 601 del 1973, n. 4, del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 22, nonchè del divieto di doppia imposizione, per non avere la CTR tenuto conto che l’esenzione dall’imposta di registro relativa alle operazioni di credito alla cooperazione opera anche quando la registrazione dei relativi atti avviene, come nella specie, congiuntamente al decreto ingiuntivo che li enuncia.
4. Il terzo motivo, che va esaminato per primo, perchè giuridicamente prioritario, è fondato.
5. Questa Corte (Cass. n. 4586 del 2002; 3428 del 2004) ha, già, affermato il principio secondo cui la mancata estensione, ad opera del D.P.R. n. 601 del 1973, art. 15, comma 2, del regime agevolativo previsto per le operazioni di credito alla cooperazione (regime rappresentato dall’assoggettamento di esse ad un’unica imposta sostitutiva) anche agli atti giudiziari ad esse relativi (i quali sono perciò soggetti ad imposizione secondo il regime ordinario) “non comporta che le operazioni di credito in questione, per il fatto di venir enunciate in sede di quegli atti giudiziari, divengano perciò soggette anche ad imposta di registro, ai sensi del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 22”.
6. In particolare, è stato condivisibilmente rilevato che:
a) il D.P.R. n. 601 del 1973, art. 16, n. 4, per il settore del credito alla cooperazione – pacificamente applicabile, nella specie, sia in relazione alla natura dell’operazione di finanziamento che ratione temporis (il numero 4 in esame è stato abrogato dalla L. n. 146 del 1998, art. 7, comma 1, con effetto per i contratti stipulati dal 15 maggio 1998) – prevede non già un’esenzione fiscale ma un’agevolazione, realizzata con il metodo della imposizione sostitutiva, in quanto a norma del successivo art. 17 “gli enti che effettuano le operazioni indicate negli artt. 15 e 16, sono tenuti a corrispondere, in luogo delle imposte di registro, di bollo, ipotecarie e catastali e delle tasse sulle concessioni governative, una imposta sostitutiva”;
b) l’ultima parte del secondo comma dell’art. 17, in esame, nel fare “salvo quanto stabilito dal secondo comma dell’art. 15, per gli atti giudiziari e le cambiali”, si limita a sottrarre al regime dell’imposizione sostitutiva gli atti giudiziari relativi alle operazioni di finanziamento dalle quali il contenzioso ha preso origine: i primi restando assoggettati alle normali imposte sugli atti giudiziari e le seconde ad imposizione sostitutiva;
c) il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 22, che disciplina la imposizione degli atti “enunciati” e non registrati, non riguarda la enunciazione di atti esenti, nè, tanto meno, riguarda gli atti soggetti ad imposizione sostitutiva, i quali, avendo, già, scontato detta imposta non possono essere nuovamente assoggettati ad imposizione, in assenza di diverso ed autonomo presupposto di imposta;
d) diversamente opinando, “gli atti favoriti dall’erario, in caso di azioni giudiziarie, sarebbero incisi in misura maggiore degli atti non favoriti. In definitiva, il pagamento dell’imposta sostitutiva, in tanto ha un senso in quanto da diritto alla registrazione senza ulteriori oneri. Altrimenti, il metodo sostitutivo avrebbe dovuto essere scorporato dal titolo delle agevolazioni fiscali e ricondotto a quello delle sanzioni” (così, Cass. n. 4586 del 2002).
7. Conseguentemente, il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata.
8. Poichè il Collegio ha riconosciuto, in punto di diritto, che l’imposta relativa alla registrazione del contratto e della garanzia fideiussoria enunciati nel decreto ingiuntivo, non era dovuta, in quanto già assolta in via sostitutiva, i primi due motivi restano assorbiti, e la causa può decidersi nel merito, con l’accoglimento del ricorso introduttivo del giudizio.
8. Le spese del giudizio di merito vanno compensate tra le parti, mentre vanno poste a carico dell’intimata le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi Euro 900,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre accessori come per legge.
PQM
La Corte accoglie il terzo motivo, assorbiti i primi due, cassa e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo. Compensa le spese dei due gradi di merito e condanna l’intimata al pagamento di quelle del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 900,00, oltre accessori.
Così deciso in Roma, il 17 luglio 2013.
Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2013
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