La Corte di Cassazione ha ritenuto che gli avvocati nel caso in cui il giudizio non abbia ad oggetto fatti attinenti all’esercizio della professione non hanno diritto alla PREVENTIVA COMUNICAZIONE di iniziative giudiziarie nei loro confronti, dovendosi equiparare in questo caso gli avvocati ai comuni cittadini.
Ne discende, quindi, che non commette alcuna violazione deontologica l’AVVOCATO che conviene in giudizio il collega, senza una preventiva comunicazione, nel caso in cui i fatti di causa in cui risulta essere convenuto quest’ultimo, non siano inerenti alla professione forense, trattandosi di circostanze per cui non è necessaria l’iscrizione all’albo degli avvocati.
Ai fini della competenza territoriale, relativamente agli illeciti disciplinari, il luogo in cui è stato commesso il fatto coincide con il luogo in cui è stato convenuto in giudizio senza tempestiva comunicazione scritta preventiva, dato che solo, a seguito dell’instaurazione del giudizio, si perfeziona l’illecito disciplinare in parola.
LA NORMA
L’art.22 del codice deontologico prevede che”L’avvocato che intenda promuovere un giudizio nei confronti di un collega PER FATTI ATTINENTI ALL’ESERCIZIO DELLA PROFESSIONE deve dargliene preventiva comunicazione per iscritto, tranne che l’avviso possa pregiudicare il diritto da tutelare”
IL CASO
Il Consiglio Nazionale Forense aveva inflitto la sanzione della censura per la ingiustificata piena omessa comunicazione, in danno di un avvocato che aveva proposto un giudizio nei confronti di un collega senza un preventivo avviso a norma dell’art.22 del Codice deontologico.
Il detto legale aveva proposto ricorso per cassazione sul presupposto di aver convenuto in giudizio il collega per fatti non attinenti alla professione forense.
LA DECISIONE
La Corte di Cassazione ha ritenuto che gli avvocati non hanno diritto, nel caso in cui il giudizio non abbia ad oggetto fatti attinenti alla professione, alla PREVENTIVA COMUNICAZIONE di iniziative giudiziarie nei loro confronti, dovendosi equiparare in questo caso gli avvocati ai comuni cittadini.
Ne discende quindi che non commette violazione deontologica l’avvocato che cita il collega nel caso in cui i fatti del giudizio in cui risulta essere convenuto non siano fatti inerenti alla professione forense, perché circostanze per cui non è necessaria l’iscrizione all’albo degli avvocati.
Nella specie – sottolinea la Suprema Corte – l’illecito disciplinare era da escludersi in considerazione del fatto che l’attività svolta dall’avvocato convenuto , quella di gestione del patrimonio di Tizio, non aveva ad oggetto fatti attinenti all’esercizio della professione, bensì come detto, dalla gestione del patrimonio, per cui la detta attività è da equiparare a quella svolta da un comune cittadino.
Nel caso di illeciti disciplinari commessi dagli avvocati, competente territorialmente per decidere il giudizio sarà il Giudice del luogo dove l’avvocato è stato convenuto senza preventiva comunicazione, in quanto l’illecito disciplinare si perfeziona solo nel momento dell’instaurazione del giudizio.
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