ISSN 2385-1376
Testo massima
In
tema di liquidazione di diritti ed onorari di avvocato e procuratore a carico
del cliente, gli interessi di mora decorrono dal terzo mese successivo
all’inizio della parcella, tuttavia, quanto insorge una controversia tra
avvocato e cliente circa il compenso per prestazioni professionali, il debitore
non può essere ritenuto in mora prima della liquidazione del debito, che
avviene con ordinanza che conclude il procedimento, sicchè è da quella data che
va riportata la decorrenza degli interessi.
E’
questo il principio di diritto statuito dalla Corte di Cassazione, sezione
seconda, con sentenza n.22982 pronunziata in data 09/10/2013 in materia di
liquidazione degli onorari spettanti all’avvocato per lo svolgimento della
prestazione professionale.
La
sentenza trae origine dal ricorso presentato da un avvocato avverso l’ordinanza
del Tribunale di Taranto che, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo,
aveva omesso di pronunciarsi sulla liquidazione degli interessi moratori,
violando, ad avviso del ricorrente, agli artt.1219 e 1224 cc.
In
particolare, il ricorrente censurava la mancata liquidazione degli interessi
moratori riconosciuti nel decreto ingiuntivo e decorrenti dal 27/12/2001
nonostante egli avesse inviato la specifica ed il parere del Consiglio
dell’ordine alla parte opponente con raccomandata del 27/09/2001.
Ebbene,
la Suprema Corte, chiamata a pronunziarsi sul caso de quo, ha confermato
la pronunzia del giudice di prime cure secondo la quale poiché nella
fattispecie in esame era sorta una controversia sul quantum, gli
interessi e il preteso maggior danno da svalutazione monetaria restano soggetti
alle comuni regole di cui all’art.1224 cc, postulando il verificarsi della mora
debendi.
In
conclusione, dunque, i giudici di legittimità, ritenute corrette le
determinazioni del giudice di merito, hanno rigettato il ricorso ritenendo
legittima la mancata liquidazione degli interessi moratori.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 20531/07) proposto da:
Avv.to P.L.
– ricorrente –
contro
COMUNE DI ROCCAFORZATA, in persona del sindaco pro tempore;
– intimato –
avverso la ordinanza emessa ai sensi della legge n. 794/1942 dal Tribunale di Taranto n. 1124 depositata il 6 luglio 2006;
Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 6 giugno 2013 dal Consigliere relatore Dott.ssa Milena Falaschi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SGROI Carmelo, che – in assenza della parte costituita – ha concluso per il rigetto del ricorso.
Con ricorso ex artt.636 e 638 cpc, l’Avv. P.L. chiedeva, al Tribunale di Taranto – Sezione distaccata di Grottaglie, ingiungersi al Comune di Roccaforzata il pagamento della somma di Euro. 10.343,51, a titolo di compenso per prestazioni professionali relative al giudizio promosso dalla Congrega SS Rosario avanti al Tribunale di Taranto.
Il Comune proponeva opposizione avverso il d.i. n. 27 del 2005 a norma dell’art.645 cpc.
Disposto il mutamento del rito ai sensi della L. n.794 del 1942, art.28 e ss., non essendo stata contestata la prestazione, il Tribunale adito, in composizione collegiale, con il provvedimento oggi impugnato per cassazione, accoglieva parzialmente l’opposizione, e liquidava la minore somma di Euro 4.361,82, oltre a spese generali, per non avere l’ingiungente provato l’esame della delibera di incarico, l’esame dell’avviso del Presidente del Tribunale 14.12.1988 nuovo G.I., la partecipazione alle udienze del 19.6.1991, 5.2.1992, 6.5.1992, 4.12.1994, 22.1.1999, l’esame del decreto del Presidente del Tribunale di Taranto 11.11.1998, l’esame della comparsa del nuovo difensore, l’esame della comparsa conclusionale avversa, la corrispondenza, tutte le spese.
Ha impugnato tale provvedimento ai sensi dell’art. 111 Cost., l’Avv.to P. articolando tre motivi.
L’intimato Comune non ha resistito con controricorso.
Motivi della decisione
Con il PRIMO MOTIVO il ricorrente denuncia la violazione dell’art.115 cpc, perchè nonostante il Comune avesse formulato una contestazione generica, senza alcun riferimento alle poste della parcella, il Tribunale aveva riconosciuto come non dovuti i diritti indicati nel provvedimento impugnato, voci peraltro diconosciute senza articolare una puntuale motivazione. La censura pone il seguente quesito di diritto: “il Tribunale di Taranto ha violato o no la norma di cui all’art. 115 c.p.c., per avere deciso senza tenere conto delle prove allegate, senza considerare fatti pacifici le poste non liquidate, in mancanza di specifica contestazione da parte del cliente e senza avvalersi della facoltà di acquisire il fascicolo di ufficio relativo al procedimento per cui si chiedeva il pagamento della prestazione? Ed inoltre il Tribunale omettendo ogni motivazione su questo punto decisivo della controversia ha violato o no la norma di cui all’art. 132 c.p.c., specie in presenza dell’enunciazione di un principio di contrasto con la decisione presa?”.
Il mezzo è privo di pregio e va respinto.
Va, infatti, considerato che la pretesa avanzata riguardava l’esosità del compenso richiesto in relazione all’attività svolta, tanto che la stessa ordinanza impugnata si è preoccupata di verificare – a fronte della contestazione dell’Amministrazione opponente – tutte le prestazioni rese dal professionista che risultavano non parifiche ovvero non dimostrate, in particolare quanto alle spese elencate, il giudice del merito ha riscontrato l’errato computo delle voci esposte ed ha valutato che non sussisteva alcun obbligo di acquisire gli atti del procedimento precedente, nè è stato dedotto di avere formulato una richiesta di acquisizione degli stessi, mentre ha riconosciuto L. 40.000 per le cc.dd. spese di opinamento (v. pag. 2 del provvedimento impugnato).
Quanto, poi, alla mancata liquidazione della voce esposta per esame della delibera di incarico, osserva il Collegio che pur non contestato il conferimento, non risulta in tariffa una voce riferibile a detta attività.
Correttamente è stato, pertanto, dal giudice di merito ritenuto che era il professionista a dover provare rigorosamente l’attività in concreto espletata in riferimento all’intervenuto accordo (ed esposta nella richiesta di cui alla notula), dovendosi in mancanza fare riferimento alle tariffe professionali.
Il SECONDO MOTIVO, con il quale è lamentata la violazione dell’art.132 cpc, n. 4, per avere il Tribunale di Taranto liquidato forfettariamente diritti ed onorari, pone il seguente quesito di diritto: “il Tribunale di Taranto non avendo esposto le ragioni del processo logico giuridico in base al quale ha liquidato forfettariamente le competenze del professionista, ha violato o non la norma di cui all’art. 132 c.p.c., n. 4?”.
Il mezzo è, prima che infondato, inammissibile.
Quanto all’omessa analitica individuazione di ciascuna delle voci (diritti ed onorari) decurtate da parte del Tribunale, si rileva che la censura è generica, in quanto il ricorrente si è limitato ad una complessiva doglianza, senza l’indicazione delle specifiche voci non riconosciute o pretermesse a suo avviso ingiustamente. Peraltro, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la determinazione degli onorari di avvocato costituisce esercizio di un potere discrezionale del giudice, che, se contenuto tra il minimo ed il massimo della tariffa, non richiede specifica motivazione e non può formare oggetto di sindacato in sede di legittimità a meno che l’interessato specifichi le singole voci della tariffa che assume essere state violate (Cass. n. 14011 del 12.11.2001; Cass. n. 18086 del 07.08.2009).
Il ricorrente infatti ha l’onere dell’analitica specificazione delle voci della tariffa professionale che ritiene violate e degli importi considerati, al fine di consentire il controllo in sede di legittimità senza bisogno di procedere alla diretta consultazione degli atti, in quanto l’eventuale violazione delle tariffe professionali integra un’ipotesi di error in iudicando e non in procedendo (Cass. n. 6864 del 25.5.2000; Cass. n. 15172 del 10.10.2003).
Il Tribunale, invero, ha comunque correttamente motivato le proprie determinazioni (con vantazione peraltro non censurabile in questa sede), sia indicando le voci della parcella da escludere sia provvedendo alla liquidazione del compenso richiamando esplicitamente la natura ed il valore della controversia, l’importanza ed il numero delle questioni trattate, la complessità della causa, l’attività prestata e l’esito del giudizio di merito, per cui era onere del ricorrente individuare specificamente le ragioni dell’erroneità di applicazione di tali criteri e le ragioni per le quali nella applicazione di essi fossero stati violati i minimi tariffari ovvero non fosse stato dato conto di specifici argomenti addotti a sostegno di una liquidazione di importo superiore a quella effettuata.
Il TERZO MOTIVO denuncia la mancata liquidazione degli interessi moratori, riconosciuti nel d.i. e decorrenti dal 27.12.2001 nonostante egli avesse inviato la specifica ed il parere del Consiglio dell’ordine al Comune con raccomandata A/R del 27.9.2001 e culmina nel seguente quesito di diritto: “il Tribunale di Taranto ha violato o no la norma di cui all’art. 112 c.p.c., omettendo di pronunciarsi sulla domanda relativa alla liquidazione degli interessi moratori? E, ancora, l’omessa pronuncia, di fatto, nega il diritto del creditore ad ottenere il pagamento di interessi in violazione degli artt. 1219 e 1224 c.c.?”.
Quanto alla decorrenza degli interessi il Tribunale ha affermato che non vi era prova dell’invio della notula da parte del professionista all’Amministrazione. Pertanto poichè nella fattispecie era sorta controversia sul quantum, gli interessi e il preteso maggior danno da svalutazione monetaria (che nella fattispecie non risulta sia stato oggetto di precedente istanza), restano soggetti alle comune regole di cui all’art. 1224 c.c., postulando il verificarsi della mora debendi (Cass. n. 5004 del 28.4.1993). Peraltro questa S.C. ha precisato al riguardo che “… se è vero che, in tema di liquidazione di diritti ed onorari di avvocato e procuratore a carico del cliente, la disposizione comune alle tre tariffe forensi (civile, penale e stragiudiziale) contenuta nel D.M. 14 febbraio 1992, n. 238 prevede che gli interessi di mora decorrano dal terzo mese successivo all’invio della parcella, quando tuttavia insorge controversia tra l’avvocato ed il cliente circa il compenso per prestazioni professionali, il debitore non può essere ritenuto in mora prima della liquidazione del debito, che avviene con l’ordinanza che conclude il procedimento L. 13 giugno 1942, n. 794, ex art. 28, (che è di particolare, sollecita definizione), sicchè è da quella data – e nei limiti di quanto liquidato dal giudice – e non da prima che va riportata la decorrenza degli interessi “(Cass. n. 5240 del 29.05.1999; Cass. n. 11777 del 07.06.2005).
Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato.
Nulla va disposto in ordine alle spese del giudizio di Cassazione in difetto di difesa della controparte.
La Corte, rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile, il 6 giugno 2013.
Depositato in Cancelleria il 9 ottobre 2013
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