Testo massima
Testo del provvedimento
APPROFONDIMENTO
Com’è noto e notorio, gli
avvocati devono adempiere al loro ministero con dignità e con decoro, in
ossequio all’altezza della funzione che sono chiamati ad esercitare
nell’amministrazione della giustizia.
Orbene, i professionisti che
si rendano colpevoli di abusi o mancanze nell’esercizio della loro professione
o comunque di fatti non conformi alla dignità e al decoro professionale sono
sottoposti a procedimento disciplinare
Le norme che regolano i procedimenti
disciplinari sono stabilite dal regio decreto legge 27 novembre 1933 n. 1578,
che detta le disposizioni procedimentali alle quali deve attenersi il Consiglio
nell’esercizio di tale funzione.
Con riferimento alle sanzioni
disciplinari irrogabili agli avvocati le stesse si suddividono in:
1) avvertimento è la sanzione più lieve, consistente in un blando
richiamo ai propri doveri, affinché il professionista si astenga in futuro da
certi comportamenti comunicato
all’interessato con lettera del presidente del Consiglio dell’Ordine
competente;
2) censura – è una dichiarazione formale. È la prima delle sanzioni
realmente afflittive, consistente nella dichiarazione ufficiale di biasimo
irrogata con decisione del Consiglio, consistente in una severa ammonizione ben
articolata che lasci traccia certa nella coscienza dell’incolpato ed, inoltre,
agli atti del Consiglio dell’Ordine quale precedente di riferimento ai fini
della recidiva;
3) sospensione dall’albo – impedisce l’esercizio della professione
per un tempo minimo di due mesi e massimo di un anno, incidendo profondamente
sulla vita professionale dell’Avvocato, privandolo del cd. ius postulandi ed
imponendogli, conseguentemente, l’interruzione dei procedimenti in corso;
4) cancellazione – inibisce al professionista l’esercizio della
professione per un tempo illimitato. Comportano la cancellazione di diritto
dall’albo professionale l’interdizione temporanea dai pubblici uffici o
dall’esercizio della professione, il ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario
e l’assegnazione a una colonia agricola o casa di lavoro. È una sanzione simile
alla radiazione, dalla quale si distingue per “la più attenuata afflittività
morale” ed infine,
5) la radiazione che costituisce il massimo della pena consistente
nella cancellazione con ignominia, irrogabile in caso di condanna penale per
delitto e comunque in caso di gravissime violazioni del codice deontologico.
Detta sanzione ha il medesimo
effetto della cancellazione, sebbene l’interessato può chiedere una nuova iscrizione
solo dopo che siano trascorsi cinque anni o la riabilitazione se deriva da una
sentenza penale di condanna.
Comportano, inoltre, la
radiazione di diritto anche l’interdizione perpetua dai pubblici uffici o
dall’esercizio della professione di avvocato e la condanna per i reati di cui
agli articoli 372, 373, 374, 377, 380, 381 c.p.
In estrema sintesi si può,
ragionevolmente, affermare che vi sono sanzioni formali (avvertimento e
censura), che si traducono in una deplorazione del comportamento posto in
essere dal professionista, senza nessuna incidenza sulla sua attività
professionale, ed, invece, sanzioni sostanziali (sospensione, cancellazione e
radiazione) , che impediscono in modo temporaneo oppure definitivo l’esercizio
della professione di avvocato.
Con riferimento alla competenza a
procedere disciplinarmente, la stessa spetta tanto al Consiglio dell’Ordine che
ha la custodia dell’albo in cui il professionista è iscritto, quanto al
Consiglio nella giurisdizione del quale è avvenuto il fatto per cui si procede:
ed è determinata, di volta in volta.
Per quanto concerne le modalità
attraverso le quali si sviluppa il procedimento disciplinare, lo stesso può
aprirsi a seguito di una qualsiasi segnalazione dei fatti dai quali scaturisce
il presunto illecito disciplinare, innanzi al Consiglio dell’Ordine forense
competente.
Il procedimento disciplinare può
attivarsi anche d’ufficio, su proposta di un qualsiasi membro del consiglio
forense, ovvero su segnalazione di chiunque vi abbia interesse.
L’atto attraverso il quale viene
introdotto il procedimento disciplinare, nelle ipotesi in cui esso non debba
attivarsi d’ufficio, prende il nome di esposto disciplinare.
Con l’esposto si apre la FASE PRELIMINARE del procedimento
disciplinare, nella quale si verifica l’assunzione di ogni elemento necessario
alla valutazione dell’addebito.
Il Consiglio dell’Ordine forense
deve comunicare al professionista inquisito l’apertura del procedimento
disciplinare a suo carico e contestargli tutti gli addebiti.
La comunicazione deve essere
sottoscritta dal Presidente dell’Ordine forense, od in sua mancanza od
impossibilità, dal membro del consiglio più anziano.
L’avvio del procedimento
disciplinare deve essere comunicata anche al Pubblico Ministero.
La mancanza di comunicazione
dell’apertura del procedimento disciplinare, nella fase preliminare non
determina alcuna sanzione sotto il profilo processuale e pertanto non determina
alcun vizio invalidante del procedimento.
Nella fase preliminare, il
Consiglio dell’ordine forense istruisce il procedimento assumendo od integrando
la documentazione e le fonti di prova necessarie.
Se viene disposto il rinvio a
giudizio, si apre la successiva FASE
DIBATTIMENTALE E DECISIONALE.
Preliminarmente, il Presidente
del Consiglio Forense notifica all’incolpato la data di fissazione del
dibattimento, concedendogli un termine di comparizione non inferiore a 10
giorni, che può essere prorogato, su richiesta dell’interessato, per
giustificati motivi.
Il provvedimento deve
necessariamente essere notificato anche al Pubblico Ministero.
Il professionista può difendersi
personalmente od essere assistito da un legale. Egli può inoltre presentare
testimoni e depositare documenti.
Per quanto concerne la produzione
di documenti, deve ritenersi ammissibile la produzione della documentazione
riservata scambiata tra professionisti, soprattutto laddove la violazione
disciplinare riguardi i rapporti tra i colleghi.
Il professionista incolpato ha
sempre diritto ad avere l’ultima parola, prima della chiusura del procedimento.
Chiusa la discussione, il
consiglio delibera a maggioranza, in camera di consiglio e successivamente dà
lettura della decisione.
Sia della fase dibattimentale che
del dispositivo deve essere redatto processo verbale.
La decisione disciplinare, la
quale ha sostanzialmente natura di atto amministrativo, è redatto dal
consigliere relatore e deve contenere l’esposizione dei fatti, i motivi della
decisione, il dispositivo, la data e la sottoscrizione del Presidente del
consiglio forense e del segretario.
La decisione disciplinare diviene
pubblica attraverso il deposito nella segreteria del consiglio forense che ha
deliberato e con la notificazione all’incolpato ed al Pubblico Ministero presso
il Tribunale in cui ha sede il Consiglio dell’Ordine forense, la quale deve
avvenire entro 15 giorni dal deposito del dispositivo in segreteria.
Avverso le decisioni adottate dal
consiglio dell’Ordine, il Pubblico Ministero presso la Corte d’appello e
l’interessato possono, entro venti giorni dalla notificazione della decisione
disciplinare, proporre RICORSO AL
CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE.
Il ricorso è presentato negli
uffici del Consiglio che ha emesso la pronuncia, e deve contenere l’indicazione
specifica dei motivi sui quali si fonda, ed essere corredato della copia della
pronuncia stessa, notificata al ricorrente.
Il ricorso ha effetto sospensivo.
Per effetto del ricorso
incidentale il Consiglio nazionale può, limitatamente ai punti della decisione
ai quali si riferiscono i motivi proposti, infliggere al professionista
ricorrente una pena disciplinare più grave, per specie e durata, di quella
inflitta dal Consiglio dell’ordine.
Al termine del procedimento, il
C.N.F. formula la decisione in nome del Popolo Italiano.
Le decisioni sono redatte dal
relatore e devono contenere l’indicazione dell’oggetto del ricorso, le
deduzioni del ricorrente, le conclusioni del Pubblico Ministero, quando sia
intervenuto, i motivi sui quali si fondano, il dispositivo, l’indicazione del
giorno, del mese e dell’anno in cui sono pronunziate, la sottoscrizione del
Presidente e del segretario.
Esse sono pubblicate mediante
deposito dell’originale nella segreteria del Consiglio.
Le decisioni del Consiglio
Nazionale Forense costituiscono l’estrinsecazione della sua funzione giurisdizionale, quale giudice
speciale, mentre le funzioni esercitate in materia disciplinare dai Consigli
Forensi locali, e il relativo procedimento, hanno natura amministrativa e non
giurisdizionale.
Le decisioni adottate dal
Consiglio Nazionale Forense sono notificate, entro trenta giorni,
all’interessato ed al Pubblico Ministero presso la Corte di appello ed il
Tribunale della circoscrizione alla quale l’interessato appartiene.
Gli interessati ed il Pubblico
Ministero possono proporre ricorso avverso le decisioni del Consiglio Nazionale
Forense alle SEZIONI UNITE DELLA CORTE
DI CASSAZIONE, entro trenta giorni dalla notificazione, per incompetenza,
eccesso di potere e violazione di legge.
In tal caso, l ricorso non ha
effetto sospensivo e legittimati a proporre il ricorso sono:
a) l’incolpato;
b) il Consiglio dell’Ordine;
c) il procuratore generale presso
la Corte di Cassazione.
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