ISSN 2385-1376
Testo massima
La Suprema Corte di Cassazione, con sentenza n.17402 del 12/10/2012, si è pronunciata sul ricorso proposto da un avvocato nei cui confronti era stato aperto un procedimento disciplinare da parte del Consiglio dell’Ordine avverso il quale il professionista aveva proposto ricorso direttamente al Consiglio Nazionale Forense.
Queste Sezioni Unite hanno affermato il principio per cui l’atto di apertura del procedimento disciplinare disposto dal Consiglio dell’Ordine territoriale a carico di un avvocato non costituisce una decisione ai sensi dell’ordinamento professionale forense, bensì un mero atto amministrativo endoprocedimentale, il quale non incide in maniera definitiva sul relativo status professionale e non decide questioni pregiudiziali a garanzia del corretto svolgimento della procedura.
Ne consegue che, avendo l’atto di apertura del procedimento il solo scopo di segnarne l’avvio con l’indicazione dei capi di incolpazione, esso non è autonomamente impugnabile davanti al Consiglio Nazionale Forense; d’altro canto, l’immediato intervento di un giudice terzo si tradurrebbe in un inevitabile aggravio dei tempi del procedimento amministrativo davanti al Consiglio dell’ordine territoriale, con lesione anche del principio di cui all’art.97 Cost.
In definitiva, gli ermellini hanno precisato come l’atto di apertura del procedimento disciplinare a carico dell’avvocato costituisce attività endoprocedimentale insuscettibile di impugnazione in via autonoma.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
F.E. (avvocato);
RICORRENTE
contro
CONSIGLIO DELL’ORDINE DEGLI AVVOCATI DI FIRENZE;
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI FIRENZE;
PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE D’APPELLO FIRENZE;
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;
INTIMATI
avverso la decisione del Consiglio Nazionale Forense n. 119/2011, depositata in data 17 luglio 2011;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Firenze, nell’adunanza del 15 giugno 2010, deliberava di confermare l’apertura del procedimento disciplinare nei confronti dell’Avvocato F.E., già disposta dal Consiglio dell’Ordine di Montepulciano con delibere dei 2007 e del 2008.
L’apertura del procedimento disciplinare si riferiva alle seguenti incolpazioni:
a) avere trattenuto e non messo immediatamente a disposizione della propria assistita la somma di complessivi Euro 1.632,17, che la stessa richiedeva in restituzione dell’acconto di pari importo corrisposto, per conto della cliente con assegno di Euro 2.937,60, a titolo di rimborso delle spese legali per l’attività svolta nel procedimento penale iscritto al n. 190/2002 R.G. dinnanzi al Giudice di pace di Montepulciano;
b) avere chiesto alla signora P., per l’attività professionale di cui sopra, e dopo la sottoscrizione tra le parti di un accordo transattivo che prevedeva a favore della medesima il rimborso delle spese legali, un compenso superiore a quanto convenuto nella transazione e comunque eccessivo in base alle tariffe professionali applicabili all’attività professionale prestata.
Avverso la delibera di apertura del procedimento, l’Avvocato F. proponeva ricorso al CNF, chiedendone l’annullamento per cinque motivi.
Il CNF, con decisione depositata il 17 luglio 2011, dichiarava inammissibile il ricorso. Pur consapevole dell’orientamento espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte nel senso della immediata ricorribilità del provvedimento di apertura del procedimento disciplinare (Cass., S.U., n.29294 de 20008), il CNF riteneva non convincenti gli argomenti addotti a sostegno della richiamata sentenza.
Per la cassazione di questa decisione F.E. ha proposto ricorso affidato a tre motivi; gli intimati non hanno svolto attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il PRIMO motivo, il ricorrente denuncia violazione del R.D. n.1578 del 1933, art.50, rilevando il contrasto della decisione impugnata con la statuizione di queste Sezioni Unite, secondo cui “in tema di procedimento disciplinare a carico di un avvocato, alla luce di una interpretazione costituzionalmente orientata del R.D.L. 27 novembre 1933, n.1578, art.50, onde consentire, nella prospettiva del giusto processo (art.111 Cost., commi 1 e 2), un più rapido intervento di un giudice terzo e imparziale sulla legittimità dell’avvio dell’anzidetto procedimento, deve ritenersi ammissibile il ricorso al Consiglio nazionale forense avverso la decisione con la quale il locale Consiglio dell’ordine stabilisce d’iniziare il procedimento medesimo” (Cass., S.U., n. 29294 del 2008).
Con il SECONDO motivo, il ricorrente lamenta contraddittorietà della motivazione per avere il CNF fatto riferimento a conclusioni del Procuratore Generale che dai verbali del dibattimento disciplinare non risultavano invece formulate.
Con il TERZO motivo il ricorrente deduce violazione dell’art.126 cpc, nonché omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio, non consentendo il verbale del dibattimento disciplinare di rilevare le conclusioni riferite nella decisione come assunte dal Procuratore generale, e tuttavia non menzionate nel detto verbale.
Il ricorso è infondato.
Successivamente alla sua proposizione, invero, queste Sezioni Unite hanno affermato, ai sensi dell’art.363 cpc, il diverso principio per cui l’atto di apertura del procedimento disciplinare disposto dal Consiglio dell’ordine territoriale a carico di un avvocato non costituisce una decisione ai sensi dell’ordinamento professionale forense, bensì un mero atto amministrativo endoprocedimentale, il quale non incide in maniera definitiva sul relativo status professionale e non decide questioni pregiudiziali a garanzia del corretto svolgimento della procedura.
Ne consegue che, avendo l’atto di apertura del procedimento il solo scopo di segnarne l’avvio con l’indicazione dei capi di incolpazione, esso non è autonomamente impugnabile davanti al Consiglio nazionale forense;
nè a diversa conclusione può giungersi alla luce dell’art.111 Cost., poichè l’immediato intervento di un giudice terzo si traduce in un inevitabile aggravio dei tempi del procedimento amministrativo davanti al Consiglio dell’ordine territoriale, con lesione anche del principio di cui all’art.97 Cost. (Cass., S.U., n. 28335 del 2011).
Il Collegio condivide le argomentazioni svolte a sostegno di tale conclusione, che supera i precedente orientamento con l’affermazione di un principio nell’interesse della legge, e a questo intende dare continuità.
Le argomentazioni svolte dal ricorrente sia nella memoria ex art.378 cpc sia in sede di discussione orale, non appaiono idonee ad indurre a un diverso convincimento.
Segnatamente, deve escludersi che, nella specie, si versi in una ipotesi in cui possa trovare applicazione la recente giurisprudenza in tema di overruling (Cass., S.U., n. 15144 del 2011).
In proposito, occorre premettere che per overruling deve intendersi il mutamento di giurisprudenza nell’interpretazione di una norma giuridica o di un sistema di norme dal carattere, se non proprio repentino, quantomeno inatteso o privo, comunque, di preventivi segnali anticipatori sui suo manifestarsi; segnali che possono essere quelli di un, pur larvato, dibattito dottrinale o di qualche significativo intervento giurisprudenziale sul tema oggetto di indagine.
Se così è, è allora sufficiente rilevare che, nel caso di specie, non vengono in rilievo gli elementi che possono determinare l’emersione della esigenza di individuare rimedi atti al fine di evitare che un mutamento di giurisprudenza sulle regole del processo possa vanificare la effettività del diritto di azione e di difesa.
Infatti, è qui in discussione la stessa ammissibilità del rimedio impugnatorio in relazione alla quale, lungi dal potersi ritenere esistente un orientamento univoco, tale da fondare il legittimo affidamento dell’interessato alla ammissibilità del ricorso straordinario per cassazione, si è registrato in passato un orientamento contrario e solo dal 2008 è stata affermata la ricorribilità per cassazione avverso le deliberazioni del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di apertura del procedimento disciplinare;
con la precisazione che in sede di Consiglio Nazionale Forense, come dimostra lo stesso provvedimento impugnato in questa sede, questo secondo orientamento non è stato univocamente praticato.
D’altra parte, non può non rilevarsi che il venir meno della possibilità, per l’avvocato nei cui confronti sia stata deliberata l’apertura del procedimento disciplinare, di proporre un rimedio impugnatorio quale quello rivolto avverso l’atto di apertura del procedimento, non preclude in alcun modo la possibilità di far valere eventuali vizi della medesima deliberazione ove il procedimento si concluda con un provvedimento disciplinare.
In conclusione, avendo il Consiglio Nazionale Forense dichiarato inammissibile il ricorso avverso la deliberazione di apertura del procedimento disciplinare nei confronti dell’odierno ricorrente, ed essendo tale pronuncia conforme al recente approdo di queste Sezioni Unite, condiviso dal Collegio, non è ravvisabile alcuna lesione del diritto di azione e di difesa del ricorrente.
Il ricorso, alla luce di tale nuovo orientamento, deve quindi essere rigettato.
Non vi è luogo a pronunciare sulle spese del presente giudizio.
PQM
La Corte, pronunciando a Sezioni Unite, rigetta il ricorso.
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Numero Protocolo Interno : 47/2012