In tema di azione di arricchimento ex art. 2041 c.c., qualora un assegno bancario venga versato dal prenditore presso la propria banca, e questa, accreditato l’importo al versante, non sia poi in grado di ripeterlo dalla banca trattaria per smarrimento del titolo, l’emittente dell’assegno medesimo, che veda estinguere il suo debito verso il prenditore non per fatti inerenti al relativo rapporto sottostante, e senza subire alcuna decurtazione del proprio conto corrente, ma esclusivamente per effetto del soddisfacimento del prenditore stesso a seguito dell’accredito operato in suo favore, ottiene un’indebita locupletazione e resta conseguentemente assoggettato all’azione di arricchimento della banca del prenditore, ai sensi e nei limiti di cui all’art. 2041 cod. civ..
Questo è il principio espresso dalla Corte di Appello di Roma, Pres. Izzo – Rel. De Martin, con la sentenza n. 1702 dell’8 marzo 2024.
La vicenda trae origine dalla domanda ex art. 2041 c.c. formulata dalla banca con la quale la medesima deduceva che il 2.5.2008 il convenuto aveva emesso l’assegno non trasferibile dell’importo di € 8.336,77, tratto su altro istituto bancario, all’ordine di una società, occorrente per pagare gli importi fatturati da questa società nel febbraio 2008 e che, in pari data, l’assegno era stato versato dalla medesima società sul conto corrente a sé intestato presso la banca attrice; che il 2.5.2008, l’assegno era stato oggetto di furto da parte di ignoti, evento denunciato il 12.6.2008 alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano; che, con lettera raccomandata ricevuta il 19.6.2008, la Banca aveva comunicato l’accaduto alla banca trattaria e le aveva chiesto invano di autorizzare il pagamento del titolo in assenza della presentazione dell’assegno e aveva sostenuto la diminuzione patrimoniale dell’importo di € 8.336,77, che non aveva stornato dal conto corrente intestato alla società; che con missiva del 11.4.2012, ricevuta il successivo giorno, la Banca aveva richiesto invano al convenuto di comunicare se avesse provveduto altrimenti a pagare quanto dovuto alla società, diffidandolo, in difetto, a corrispondere la complessiva somma di € 8.336,77, oltre interessi e rivalutazione.
La Banca esercitava in via principale l’azione di cui all’art. 2036, comma III, c.c., ritenuta infondata dal Tribunale, e in subordine l’azione di cui all’art. 2041 c.c., esponendo che il convenuto aveva tratto vantaggio dal mancato storno dell’importo accreditato sul conto corrente della società.
Quest’ultima domanda veniva accolta dal Giudice di primo grado, essendo incontroversa l’estinzione dell’obbligazione contrattuale di pagamento della somma di € 8.336,77, non essendo stato documentato alcun altro titolo contrattuale suscettibile di essere azionato da parte della Banca.
Il convenuto soccombente proponeva appello con cui contestava la decisione di prime cure nella parte in cui il Tribunale aveva motivato la propria decisione di accogliere la domanda subordinata di arricchimento senza causa proposta dalla banca in quanto non risultava documentato alcun altro titolo contrattuale che la banca avrebbe potuto azionare.
Significava altresì l’appellante che il percorso motivazionale era incompleto e, quindi, errato in quanto, sin dal 6 maggio 2008, tanto la banca che il convenuto erano a conoscenza che a quella data l’assegno era andato nella migliore delle ipotesi smarrito ovvero, come successivamente si sarebbe appreso, oggetto di furto da parte di terzi, sicché la Banca avrebbe dovuto stornare nel termine di otto giorni il detto importo dal conto del correntista, in ossequio alle norme contrattuali ormai pressoché standardizzate in tutti i contratti bancari; che la banca aveva volutamente evitato di stornare l’assegno, sicché non poteva scegliere di agire per il recupero del credito nei confronti di esso convenuto, che rimaneva terzo rispetto al rapporto banca/correntista.
Sosteneva, infine, che la banca avrebbe piuttosto dovuto agire in giudizio nei confronti della società che aveva smarrito il titolo che aveva l’obbligo di custodire perché oggetto di furto, e/o dell’assicurazione della stessa che copriva interamente il rischio dell’importo per cui era causa, sicché, disponendo di tale azione, difettava il presupposto della sussidiarietà che legittimava la proposizione dell’azione di indebito arricchimento nei confronti di esso terzo.
La Corte di Appello di Roma, nella sentenza in commento, ha ritenuto l’appello non fondato, rilevando che la critica alla sentenza attingeva esclusivamente il requisito della sussidiarietà dell’azione di arricchimento senza giusta causa; nello specifico, l’appellante si doleva che il Tribunale non avesse valutato che banca avrebbe potuto agire nei confronti della società incaricata del trasporto valori che era obbligata alla custodia dei valori stessi e/o della sua assicurazione.
A tal fine, il Collegio ha osservato che la situazione sostanziale venutasi a creare per effetto del pagamento operato dalla banca non era contestata: il pagamento effettuato dalla banca alla propria correntista aveva determinato l’estinzione dell’obbligazione di pagamento di cui il soggetto era onerato nei confronti della ditta suddetta per prestazioni da questa ricevute. Non vi era stato alcuno storno dell’importo come attestato dalla banca per mezzo della produzione degli estratti conto con la prima memoria ex art. 183 c.p.c., rimasta incontestata.
Tanto comportava un evidente arricchimento del convenuto in assenza di giusta causa, per evidente risparmio di spesa, in quanto dal suo conto corrente non risultava espunta la somma portata dell’assegno non trasferibile.
La Corte ha rilevato che l’azione di arricchimento senza giusta causa risultava esperibile da parte della banca medesima, in mancanza di un’azione tipica, tale dovendo intendersi: <<non ogni iniziativa processuale ipoteticamente esperibile, ma esclusivamente quella derivante da un contratto o prevista dalla legge con riferimento ad una fattispecie determinata, pur se proponibile contro soggetti diversi dall’arricchito. Ne consegue che è ammissibile l’azione di arricchimento quando l’azione, teoricamente spettante all’impoverito, sia prevista da clausole generali, come quella risarcitoria per responsabilità extracontrattuale ai sensi dell’art. 2043 c.c. >> (così recentemente Cass. n. 843/2020 e SU n. 33954/2023).
Secondo la Corte d’Appello il tribunale aveva correttamente applicato il principio suddetto avendo evidenziato che non sussisteva in capo a Banca un’azione titolata.
Il Collegio ha osservato che l’assegno risultava emesso con la clausola non trasferibile e quindi non poteva essere azionato da alcuno. Non era dato quindi capire quale azione la banca avrebbe potuto esperire nei confronti della società incaricata del trasporto valori, per avere essa subito il furto di un assegno non trasferibile, né tantomeno di come banca avrebbe potuto agire in via diretta nei confronti della società di assicurazione.
I giudici di secondo grado hanno condiviso, quindi, il principio applicato dal Tribunale, portato da Cass. n. 4307/1984, per il quale: << Qualora un assegno bancario venga versato dal prenditore presso la propria banca, e questa, accreditato l’importo al versante, non sia poi in grado di ripeterlo dalla banca trattaria per smarrimento del titolo, l’emittente dell’assegno medesimo, che veda estinguere il suo debito verso il prenditore non per fatti inerenti al relativo rapporto sottostante, e senza subire alcuna decurtazione del proprio conto corrente, ma esclusivamente per effetto del soddisfacimento del prenditore stesso a seguito dell’accredito operato in suo favore, ottiene un’indebita locupletazione e resta conseguentemente assoggettato all’azione di arricchimento della banca del prenditore, ai sensi e nei limiti di cui all’art. 2041 c.c.>>, principio peraltro confermato dalla Suprema Corte con la successiva pronuncia n 1248/2019 in fattispecie identica a quella in esame.
Per tali ragioni, l’appello è stato rigettato con condanna dell’appellante alla rifusione delle spese.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
AZIONE DI ARRICCHIMENTO: OPERA PER ESSA IL PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETÀ EX ART. 2042 CC
LA DOMANDA È PROPONIBILE OVE LA DIVERSA AZIONE SI RIVELI CARENTE AB ORIGINE DEL TITOLO GIUSTIFICATIVO
Sentenza | Corte di Cassazione, Sez. Unite, Pres. Virgilio – Rel. Criscuolo | 05.12.2023 | n.33954
ARRICCHIMENTO EX ART. 2041 CC: L’AZIONE È ESPERIBILE SOLO IN VIA RESIDUALE
TALE AZIONE È INAMMISSIBILE IN CASO DI CARENZA DELLA SUSSIDIARIETÀ
Relazione | Tribunale di Enna, Giudice Davide Naldi | 02.11.2023 | n.757
ASSEGNI: LA BANCA NEGOZIATRICE RESTA LEGITTIMATA AD AGIRE IN VIA CONTRATTUALE AVVERSO LA TRATTARIA IN CASO DI SMARRIMENTO
QUALORA IL PORTATORE ABBIA PERDUTO L’AZIONE CAMBIARIA CONTRO TUTTI GLI OBBLIGATI, PUÒ AGIRE CONTRO IL TRAENTE CHE SI SIA ARRICCHITO INGIUSTAMENTE A SUO DANNO
Ordinanza | Cassazione Civile, sez. I, Pres. Tirelli – Rel. Scalia | 08.05.2019 | n.12048
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