Nell’ambito di un rapporto di conto corrente bancario, quando la somma che la banca ha trattenuto durante il corso del rapporto a titolo di interessi e/o commissioni non dovuti si rivela essere ben più elevata di quella oggetto del pagamento con il quale il correntista abbia estinto il saldo finale del conto corrente, non può seguirsi la tesi che solo il ripianamento del saldo finale del conto corrente bancario possa formare oggetto di restituzione, perché, in caso di saldo zero o di saldo a debito della banca, il correntista non avrebbe modo di reclamare gli interessi non dovuti, addebitati e compensati (contabilmente) da successivi versamenti in corso di rapporto, ove il conto avesse sempre operato al passivo e non allo scoperto.
In tutti questi casi, pertanto, deve comunque ritenersi esperibile l’azione di restituzione con riferimento a tutti gli addebiti di interessi o di commissioni illegittimi perchè derivanti da un titolo nullo. Analogamente – deve opinarsi – ove il cliente, una volta cessato il rapporto, non copra il saldo negativo esistente dopo la chiusura del conto corrente, ma egualmente intenda chiedere la restituzione di quei versamenti (o di quella parte di versamenti) che, in costanza di rapporto, risultano imputabili a copertura di interessi o di commissioni illegittimi e precedentemente addebitati.
E’ ragionevole, in questo caso, che l’azione di restituzione sia esperibile a decorrere dalla chiusura del conto corrente in quanto, prima di quel momento, il cliente può esperire un’azione di rettifica del saldo negativo, ma non l’azione di restituzione di importi che, come già detto, non costituiscono ancora pagamenti in quanto non restano definitivamente acquisiti al patrimonio della banca. Solo dopo la chiusura del rapporto quei versamenti restano definitivamente acquisiti al patrimonio della banca, sicchè, nella misura in cui siano andati a coprire interessi o altri accessori non dovuti potranno essere chiesti in restituzione.
Questo è il principio espresso dalla Corte di Cassazione, Pres. De Chiara – Rel. Campese, con l’ordinanza n. 11646 del 4 maggio 2023.
Nel caso di specie, la ricorrente contestava al tribunale l’assunto secondo cui la domanda di condanna della banca alla restituzione di somme illegittimamente riscosse presupponesse un pagamento, circostanza che non si era verificata nella fattispecie in quanto la ricorrente predetta aveva allegato di aver subito addebiti illegittimi e non di aver specificamente effettuato pagamenti.
Secondo la ricorrente, in tale affermazione, pareva difettare la stessa esecuzione di una prestazione che avesse comportato uno spostamento patrimoniale in favore dell’accipiens, con ciò erroneamente interpretandosi i principi di diritto sanciti da Cass., SU, n. 24418 del 2010 e da Cass. n. 798 del 2013.
Per la Suprema Corte tale doglianza si è rivelata fondata.
Gli Ermellini hanno primariamente precisato che un pagamento, per dar vita ad un’eventuale pretesa restitutoria di chi assume di averlo indebitamente effettuato, deve tradursi nell’esecuzione di una prestazione da parte di quel medesimo soggetto (il solvens), con conseguente spostamento patrimoniale in favore di altro soggetto (l’accipiens).
Neppure basta, però, l’esecuzione di un mero versamento per configurare un pagamento ripetibile, posto che anche un versamento in denaro a copertura di precedenti annotazioni a debito può non integrare gli estremi di un pagamento.
Occorre distinguere, allora, tra versamenti confluiti in un conto corrente con saldo passivo (cioè con saldo negativo, ma entro il limite dell’affidamento) e rimesse operate, invece, in conto corrente scoperto (cioè con saldo negativo oltre il limite dell’affidamento o con saldo negativo su un conto corrente privo di affidamento).
Solo nel caso di conto scoperto tutti i versamenti diretti a riportare il saldo entro i limiti del fido hanno natura di pagamenti. Diversamente, nelle rimesse che confluiscono su un conto semplicemente passivo non si ravvisa alcun pagamento e quindi il versamento che va a ridurre l’esposizione del cliente non è idoneo a legittimare un’azione di ripetizione di indebito oggettivo. L’azione sarà allora possibile solo una volta venuto meno il rapporto (o per iniziativa del cliente o per iniziativa della banca) e solo dopo che il cliente abbia provveduto a pagare il saldo del conto corrente.
In altri termini, secondo il descritto indirizzo giurisprudenziale, l’azione di ripetizione di indebito oggettivo non è configurabile se riferita ad una semplice annotazione contabile a debito, cui non faccia seguito un versamento di natura solutoria da parte del correntista a definitiva copertura della stessa. Pertanto, nel caso di semplice annotazione a debito, non seguita da versamento a copertura o nel caso di versamento confluito su un conto corrente non scoperto, non sussiste il presupposto oggettivo dell’azione di ripetizione, la quale non può ancora considerarsi nata e conseguentemente non può neppure essere assoggettata ad alcun termine di prescrizione, come appunto precisato da Cass., SU, n. 24418 del 2010. In questi casi, potrà porsi tutt’al più un problema di rideterminazione del saldo passivo, dopo aver eliminato quelle annotazioni a debito derivanti da un titolo nullo, così configurandosi un’azione di accertamento mero, non soggetta a prescrizione proprio perchè riconducibile al disposto dell’art. 1422 c.c..
Una simile delimitazione dell’oggetto dell’azione di ripetizione di indebito oggettivo, tuttavia, – come affatto condivisibilmente osservato in dottrina – deve essere armonizzata con fattispecie nelle quali, come spesso accade nei contratti di conto corrente bancario, la somma che la banca ha trattenuto durante il corso del rapporto a titolo di interessi e/o commissioni non dovuti si rivela essere ben più elevata di quella oggetto del pagamento con il quale il correntista abbia estinto il saldo finale del conto corrente. Se si seguisse, allora, la tesi che solo il ripianamento del saldo finale del conto corrente bancario possa formare oggetto di restituzione, in caso di saldo zero o di saldo a debito della banca, il correntista non avrebbe modo di reclamare gli interessi non dovuti, addebitati e compensati (contabilmente) da successivi versamenti in corso di rapporto, ove il conto avesse sempre operato al passivo e non allo scoperto.
In tutti questi casi, pertanto, deve comunque ritenersi esperibile l’azione di restituzione con riferimento a tutti gli addebiti di interessi o di commissioni illegittimi perchè derivanti da un titolo nullo. Analogamente – deve opinarsi – ove il cliente, una volta cessato il rapporto, non copra il saldo negativo esistente dopo la chiusura del conto corrente, ma egualmente intenda chiedere la restituzione di quei versamenti (o di quella parte di versamenti) che, in costanza di rapporto, risultano imputabili a copertura di interessi o di commissioni illegittimi e precedentemente addebitati.
E’ ragionevole, in questo caso, che l’azione di restituzione sia esperibile a decorrere dalla chiusura del conto corrente in quanto, prima di quel momento, il cliente può esperire un’azione di rettifica del saldo negativo, ma non l’azione di restituzione di importi che, come già detto, non costituiscono ancora pagamenti in quanto non restano definitivamente acquisiti al patrimonio della banca. Solo dopo la chiusura del rapporto quei versamenti restano definitivamente acquisiti al patrimonio della banca, sicchè, nella misura in cui siano andati a coprire interessi o altri accessori non dovuti potranno essere chiesti in restituzione.
Alla stregua delle suesposte argomentazioni, pertanto, il ricorso è stato accolto, la sentenza del Tribunale di Lucca cassata e la causa rinviata, giusta l’art. 383, ultimo comma, c.p.c., alla Corte di appello di Firenze, in diversa composizione per il corrispondente nuovo esame e per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
RIPETIZIONE INDEBITO: L’AZIONE PUO’ ESSERE ESERCITATA SOLO DOPO L’ESTINZIONE DEL CONTO CORRENTE
IN COSTANZA DI RAPPORTO NON SI CONFIGURANO PAGAMENTI RIPETIBILI
Sentenza | Corte d’Appello di Campobasso, Pres. D’Errico – Rel.Spinelli | 06.05.2021 | n.158
RIPETIZIONE INDEBITO: INAMMISSIBILE COL RAPPORTO DI CONTO CORRENTE ANCORA APERTO
NON È TECNICAMENTE CONFIGURABILE ALCUN PAGAMENTO RIPETIBILE NEL CASO IN CUI SIA ANCORA IN ESSERE
Sentenza | Tribunale di Modena, Giudice Roberto Masoni | 08.10.2020 | n.1162
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