ISSN 2385-1376
Testo massima
Le violazioni dei doveri di comportamento non determinano la nullità del contratto di intermediazione o dei singoli negozi conseguenti, potendo esse dar luogo invece, a seconda dei casi, a responsabilità precontrattuale, se le violazioni avvengono nella fase precedente o coincidente con la stipulazione del contratto di intermediazione ovvero a responsabilità contrattuale, se riguardano operazioni di investimento o disinvestimento compiute in esecuzione del contratto d’intermediazione.
Questo il principio più volte affermato dalla recente giurisprudenza, di legittimità e di merito, e qui ribadito dal Tribunale di Brescia nelle sentenze n. 2 e n. 3 pronunciate il 31 dicembre 2014 in materia di “bond Argentina”.
Con le sentenze in commento, il Tribunale di Brescia ha rigettato le domande proposte da finanziatori italiani che avevano acquistato, in tempi risalenti, obbligazioni Argentina per un valore complessivo di 30.987,00 ed 51.645,69.
Più precisamente, gli attori lamentavano:
– violazione dell’art. 23 T.U.F. per difetto di forma scritta ad substantiam, mancando nel contratto di negoziazione la sottoscrizione della banca per accettazione dell’incarico;
– violazione dell’art. 21 T.U.F., nonché degli artt. 27, 28 e 29 del regolamento Consob n. 11522/1998, per mancato adempimento degli obblighi di diligenza ed informazione nella prestazione dei servizi di investimento in strumenti finanziari;
– esistenza di un conflitto di interessi, avendo la banca operato in contropartita diretta cercando di spogliarsi dei titoli presenti nel proprio portafoglio, trasferendone il rischio sull’investitore.
Per le denunciate violazioni, i finanziatori chiedevano, in via principale, la nullità dei negozi di acquisto ed, in subordine, la risoluzione degli stessi per grave inadempimento ed il conseguente risarcimento danni da responsabilità contrattuale.
Come già sottolineato, il giudice adito ha ritenuto infondate entrambe le domande.
I. Preliminarmente, quanto alla violazione dell’art. 23 T.U.F. per mancanza della sottoscrizione della banca sulla copia del cliente del contratto di negoziazione, il giudicante ha considerato infondata la contestazione in quanto superata dalla produzione in giudizio del predetto documento da parte della convenuta, costituente per la giurisprudenza un equipollente della sottoscrizione mancante.
II. Quanto poi alla domanda principale di nullità dei negozi di acquisto, il giudice, sulla scorta di una consolidata giurisprudenza in materia, ha ritenuto infondata la tesi attorea in quanto dalle denunciate violazioni non scaturirebbe la nullità del contratto di intermediazione o dei singoli negozi conseguenti, bensì una responsabilità precontrattuale qualora esse siano intervenute nella fase antecedente o coincidente alla stipula del contratto o contrattuale qualora siano intervenute in fase di esecuzione del contratto.
III. In subordine, sulle domande di risoluzione e di risarcimento danni, il giudicante si è pronunciato parimenti in modo negativo.
Più precisamente, quanto alla violazione dell’art. 21 T.U.F. e degli artt. 27, 28 e 29 del regolamento Consob, tali norme impongono all’istituto di credito tutta una serie di obblighi da rispettare nell’esecuzione di servizi di investimento.
Con riferimento all’obbligo di informazione circa l’adeguatezza dell’investimento, il Tribunale adito ha rilevato che l’ordine di acquisto impartito dal cliente alla banca conteneva l’avvertimento de quo ex art. 29 Consob n. 11522/1998.
A parere del giudicante, inoltre, la suddetta clausola non può considerarsi né di mero stile essendo tali quelle superflue, generiche e indeterminate né vessatoria non inerendo a limitazioni di responsabilità della banca, ma riproducendo pedissequamente le prescrizioni imposte dal Regolamento Consob.
Quanto, poi, all’obbligo di informativa successiva all’acquisto delle obbligazioni, diretta a rendere edotto il cliente della riduzione di valore dei titoli, anche in questo caso non sussiste la violazione dell’art. 28 Consob n. 11522/1998, in quanto tale onere è previsto nell’ambito di rapporti contrattuali di gestione del patrimonio, circostanza evidentemente diversa dal caso in esame.
IV. In ordine al presunto risarcimento dei danni conseguenti al default dei bonds, il giudice sottolinea che questo sarebbe stato dovuto qualora l’intermediario avesse saputo dell’elevata rischiosità dei titoli, ma avesse omesso l’informazione. In questo circostanza, infatti, sarebbe sussistito il nesso eziologico tra condotta e danno necessario ai fini di qualsiasi pretesa risarcitoria.
Nel caso in esame, viceversa, essendo avvenuto l’acquisto in un’epoca in cui la banca non disponeva ancora di dati certi dai quali desumere la rischiosità del titolo e la possibilità di un default, il nesso eziologico non sussiste e, pertanto, non è ammissibile la richiesta di risarcimento.
Le sentenze fin qui commentate hanno ad oggetto una delle questioni più dibattute dell’ultimo decennio, ossia quella dei “bond Argentina”.
I bond Argentina sono comunemente conosciuti come quelle obbligazioni emesse dalla Repubblica Argentina che, a partire dal 1991, hanno attirato i piccoli risparmiatori italiani per gli elevati tassi d’interesse offerti e nella convinzione che uno stato non possa mai fallire.
I primi problemi, in realtà, si sono registrati a seguito della dichiarazione di insolvenza del 2001 da parte della Repubblica Argentina, la quale trovandosi nell’impossibilità di rimborsare le obbligazioni in circolazione, ha determinato la rovina di un centinaio di migliaia di piccoli risparmiatori italiani.
A seguito della suddetta dichiarazione – e della conseguente svalutazione sul mercato dei bonds sono state numerose le azioni legali intraprese nei confronti degli istituti di credito dai quali erano stati acquistati i titoli argentini.
Situazione similare a quella appena commentata, benché più recente, ebbe ad oggetto le “obbligazioni Lehman Brothers”, sebbene qui a dichiarare lo stato di default non fu lo Stato, ma una delle più importanti banche d’investimento americane.
Anche in questo caso, numerosissime sono state le richieste di risarcimento per violazione degli stessi obblighi di diligenza, trasparenza ed informativa imputati nei procedimenti sulle obbligazioni argentine.
Ed esattamente nello stesso modo si sono pronunciati i giudici italiani sia in ordine alle pretese di annullamento dei negozi di acquisto, sia in ordine alle richieste di risarcimento danni.
Tra le tante sul punto, si segnala la sentenza del Tribunale di Torino del 10 giugno 2014, n. 4208, la quale ribadisce, quanto al primo profilo, che “la violazione degli obblighi informativi non comporta la nullità degli ordini di acquisto ex art. 1418 c.c. In tale eventualità può essere ravvisata esclusivamente una responsabilità precontrattuale. La violazione dei doveri di comportamento posti a carico dei soggetti autorizzati alla prestazione dei servizi di investimento finanziario (doveri di informativa e trasparenza) non può comportare la nullità dei contratti stipulati o degli ordini di investimento impartiti in esecuzione dei contratti medesimi in quanto una nullità di tal genere deve dipendere dalla violazione di una norma disciplinante la struttura della fattispecie e non gli oneri comportamentali di uno dei contraenti“.
Quanto al secondo profilo, nelle sentenze commentate in materia di bond Argentina, la domanda di risarcimento è stata rigettata per assenza di nesso causale tra l’evento ed il danno lamentato, non avendo potuto la banca informare il cliente per mancanza di informazioni certe sulla rischiosità del titolo al momento dell’acquisto.
Nel caso delle obbligazioni Lehman Brothers, il ragionamento logico-giuridico seguito dal giudice è pressappoco il medesimo. Nella sentenza del Tribunale di Monza del 24 febbraio 2014, n. 605 si legge che “gli oneri informativi a carico dell’intermediario devono ritenersi assolti quando quest’ultimo abbia posto il cliente nella condizione di conoscere il tipo di prodotto che stava acquistando e che, all’epoca dell’investimento, era considerato assolutamente sicuro non rilevando le variazioni del grado di rischio, quando l’intermediario non sia, a sua volta, posto nella condizione di percepire le modifiche peggiorative a carico degli strumenti finanziari“.
Le obbligazioni Lehman, infatti, avevano mantenuto un rating elevato fino alla data di deposito del ricorso per l’ammissione alla procedura Chapter 11 e, fino alla data del default, non si era mai verificata una modifica del VaR in misura superiore all’1% su base settimanale.
Non avendo il mercato finanziario mai percepito i sintomi del default, prima della dichiarazione, a causa dell’elevato rating mantenuto, non sussiste neppure in questo caso il nesso eziologico necessario ai fini dell’accoglimento della pretesa risarcitoria.
Sul punto si segnalano i seguenti precedenti giurisprudenziali:
Si segnala, inoltre, la rassegna giurisprudenziale dalla Redazione relativamente al tema delle obbligazioni Lehman Brothers.
Testo del provvedimento
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