ISSN 2385-1376
Testo massima
L’azione di ripetizione dell’indebito, proposta in relazione alla nullità delle operazioni poste in essere in conseguenza della nullità del contratto quadro di intermediazione finanziaria, è soggetta alla ordinaria prescrizione decennale (espressamente fatta salva dall’art.1422 cc), decorrente dalla data del pagamento che si ritiene indebito, da cui derivano le pretese restitutorie dell’investitore.
Per avanzare tale contestazione, non è necessaria la conoscenza del default dello stato emittente i titoli con conseguente carenza di interessa ad agire.
Così il Tribunale di Torino, in persona del Giudice Unico, dott. Giovanni Liberati, con sentenza del 19/04/2013, si è pronunciato sul giudizio promosso da un investitore e diretto a far dichiarare la nullità e/o inefficacia dell’operazione di acquisto dei titoli emessi dalla Repubblica Argentina per nullità del contratto di intermediazione di valori mobiliari stipulato con la Banca, stante la mancanza della necessaria forma scritta.
In subordine veniva prospettato l’inadempimento della banca agli obblighi informativi propri dell’intermediario finanziario al momento dell’acquisto dei titoli e la inadeguatezza degli stessi, atteso che sulla scorta di quanto si ricavava dai precedenti investimenti, l’operazione risultava chiaramente inadeguata al profilo dell’investitore senza considerare che al momento dell’acquisto dei titoli obbligazionari emessi dalla Repubblica Argentina questi erano già ritenuti intrinsecamente rischiosi, idonei solo per investitori con alta propensione al rischio.
Costituitasi la banca la stessa eccepiva la intervenuta prescrizione delle domande di ripetizione dell’indebito, contestando, inoltre, il prospettato inadempimento agli obblighi informativi anche in considerazione della circostanza che la attrice aveva sottoscritto il documento sui rischi specifici relativi agli investimenti in prodotti finanziari, dichiarando di essere a conoscenza che l’investimento oggetto delle sue doglianze avrebbe potuto comportare l’eventualità di non essere facilmente liquidabile ed oscillazioni anche sensibili.
Il Tribunale ha rigettato tutte le domanda attoree affrontando, in modo chiaro e logico, sia la problematica della prescrizione della domanda di ripetizione dell’indebito che la richiesta risarcitoria per inadempimento informativo.
Ha, in primis, dichiarato l’intervenuta prescrizione decennale in relazione alla domanda principale di accertamento della nullità del contratto per difetto di forma scritta giacché tale azione, pacificamente esercitata oltre 10 anni, prescinde dalla verificazione del danno, e cioè dal default dichiarato da Repubblica Argentina.
Invero, tale azione è volta ad ottenere la restituzione delle somme investite, non già a titolo di risarcimento del danno, bensì di ripetizione dell’indebito, dunque indipendentemente ed a prescindere dal mancato rimborso dei titoli, da cui non può farsi decorrere il termine di prescrizione della azione di ripetizione di indebito.
Quanto poi, alle domande risarcitorie per inadempimento informativo, l’adito Giudicante ha constatato l’adeguatezza sostanziale dell’operazione sotto tutti i quattro profili indicati dalla norma (artt. 28 e 29 reg. intermediario), e quindi ha concluso che alla banca non incombesse alcuna informativa sul punto.
Come è noto, infatti, l’art. 29 del reg. CONSOB 11522/98 stabilisce che: “Gli intermediari autorizzati si astengono dall’effettuare con o per conto degli investitori operazioni non adeguate per tipologia, oggetto, frequenza o dimensione. Ai fini di cui al comma 1, gli intermediari autorizzati tengono conto delle informazioni di cui all’articolo 28 e di ogni altra informazione disponibile in relazione ai servizi prestati. Gli intermediari autorizzati, quanto ricevono da un investitore disposizioni relative ad una operazione non adeguata, lo informano di tale circostanza e delle ragioni per cui non é opportuno procedere alla sua esecuzione. Quando l’investitore intenda comunque dare corso all’operazione, gli intermediari autorizzati possono eseguire l’operazione stessa solo sulla base di un ordine impartito per iscritto ovvero, nel caso di ordini telefonici, registrato su nastro magnetico o su altro supporto equivalente, in cui sia fatto esplicito riferimento alle avvertenze ricevute“.
Ne consegue, che gli intermediari debbano specificamente segnalare l’inadeguatezza delle operazioni che comportino investimenti con rischio differente rispetto a quello dichiarato dai clienti o desumibile dagli investimenti precedenti e da tutte le altre informazioni in loro possesso, esigendo, per procedere all’esecuzione, apposito ordine scritto.
Orbene, nel caso di specie, la adeguatezza della operazione risultava evidente atteso che, rispetto al patrimonio mobiliare l’investimento nelle obbligazioni Argentina incideva nella misura del 4,60%, con la conseguenza che lo stesso poteva essere ritenuto adeguato per dimensione al profilo di rischio ed agli obiettivi di investimento dell’attrice desumibili dalla consistenza del suo patrimonio mobiliare.
Non è, invero, ravvisabile una incompatibilità tra le obbligazioni argentine di cui si controverte ed il profilo di rischio e gli obiettivi di investimento dell’attrice dal quale si desume un profilo di rischio non alieno da un certo grado di speculazione ed obiettivi di investimento volti all’incremento del capitale nel lungo periodo.
Alla luce di tali motivazioni la domanda promossa dall’investitore è stata rigettata anche con condanna al pagamento delle spese processuali vista la totale soccombenza.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI TORINO
SEZIONE PRIMA CIVILE
Il Giudice, dott. Giovanni Liberati, ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. 32648 del R.G. Civ. dell’anno 2011, avente ad oggetto intermediazione finanziaria
promossa da
CAIA
ATTRICE
contro
BANCA
CONVENUTA
Conclusioni precisate dalle parti all’udienza del 23 gennaio 2013
Per l’attrice:
” In via principale, accertare e dichiarare la nullità del contratto di intermediazione di valori mobiliari stipulato tra la convenuta e l’attrice, con conseguente declaratoria di nullità e/o inefficacia dell’operazione di acquisto dei titoli emessi dalla Repubblica Argentina; conseguentemente condannare la convenuta alla restituzione di quanto da questa versato per l’acquisto di detti titoli, sotto deduzione di quanto ricavato dalla successiva vendita degli stessi, e così 39.140,11, o quella diversa somma che emergerà in corso di causa, oltre interessi.
In via di subordine, accertare e dichiarare la risoluzione del contratto di intermediazione finanziaria stipulato tra la convenuta e l’attrice e dell’operazione di acquisto di bond Argentina per grave inadempimento della Banca e, conseguentemente, condannarla al pagamento di quanto da questa versato per l’acquisto di detti titoli, sotto deduzione di quanto ricavato dalla successiva vendita degli stessi, e così 39.140,11, o quella diversa somma che emergerà in corso di causa, oltre interessi.
In via di ulteriore subordine condannare la BANCA al risarcimento dei danni da responsabilità precontrattuale patiti dalla attrice, danni pari a quanto da questa versato per l’acquisto di detti titoli, sotto deduzione di quanto ricavato dalla successiva vendita degli stessi, e così 39.140,11, o quella diversa somma che emergerà in corso di causa, oltre interessi.
Con vittoria di spese, diritti, onorari ed accessori di lite, comprese le spese generali nella misura del 12,50%”.
Per la convenuta:
” In via istruttoria, ammettere i capitoli di prova per testi dedotti da 1) a 7), con i teste O. e D..
Nel merito, in via preliminare, accertare e dichiarare la intervenuta prescrizione delle domande di ripetizione dell’indebito, di risarcimento del danno per omessa informativa sulla inadeguatezza della operazione e di risarcimento del danno per responsabilità precontrattuale.
Nel merito, in via principale, respingere le domande tutte avanzate dalla attrice perché infondate in fatto e in dritto e per l’effetto mandare assolta la conchiudente da ogni avversaria domanda.
In via subordinata, nella denegata e non creduta ipotesi in cui dovesse ravvisarsi un inadempimento della conchiudente che porti alla risoluzione del contratto, contenere la condanna al risarcimento nella minor somma che risulterà di giustizia, corrispondente all’effettivo danno patito e provato dall’attore.
In va di ulteriore subordine, per il deprecato caso di condanna al risarcimento del danno della Banca, accertare e dichiarare il concorso di colpa dell’attore ex art. 1227 c.c. e, per l’effetto, ridurre corrispondentemente l’importo del risarcimento stesso.
In ogni caso, con vittoria di spese ed onorari del giudizio”
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con citazione notificata il 17 novembre 2011 CAIA ha evocato in giudizio innanzi a questo Tribunale la BANCA allo scopo di sentir dichiarare la nullità per difetto della necessaria forma scritta del contratto di intermediazione finanziaria concluso con la convenuta, con la conseguente condanna alla restituzione della perdita subita in conseguenza dell’acquisto di obbligazioni argentine, nonché, in subordine, pronunziare la risoluzione del medesimo contratto per inadempimento della banca, con la medesima restituzione, o, in ulteriore subordine, condannare la banca al risarcimento dei danni.
Ha esposto che l’11.1.2000, su segnalazione e consiglio dei funzionari della banca, aveva disposto l’acquisto di obbligazioni emesse dalla Repubblica Argentina del valore nominale di 50.000, acquistate al prezzo unitario di 102,40, per un controvalore complessivo, comprensivo delle spese bancarie, di 51.722,41; a seguito del default dichiarato dalla emittente nel dicembre 2001 i titoli non erano stati rimborsati, ed essa era riuscita a venderli il 17.2.2005 al prezzo di 12.587,30; nel 2010 aveva quindi chiesto alla banca di trasmetterle i documenti contrattuali relativi al suo rapporto ed a tale operazione e la banca le aveva trasmesso solo l’ordine di acquisto ed il fissato bollato, dichiarando di non aver reperito il contratto deposito titoli.
Tanto premesso ha preliminarmente eccepito la nullità del contratto quadro per mancanza della necessaria forma scritta, e quella conseguente della successiva operazione di acquisto dei titoli argentini dell’11.1.2000, con il conseguente diritto alla restituzione della somma investita, sotto deduzione di quanto ricavato dalla vendita dei titoli, e dunque di 39.140,11, oltre interessi.
In subordine ha prospettato l’inadempimento della banca agli obblighi informativi propri dell’intermediario finanziario al momento dell’acquisto dei titoli e la inadeguatezza degli stessi, con il conseguente diritto alla risoluzione del contratto ed alla restituzione della medesima somma, in quanto l’inadeguatezza di detta operazione avrebbe dovuto imporre alla banca di astenersi dalla stessa, come disposto dall’art. 29 del regolamento Consob 11522 del 1998.
Sulla base di quanto si ricavava dai suoi precedenti investimenti, infatti, l’operazione risultava chiaramente inadeguata, in quanto dall’estratto del suo deposito titoli al settembre 1999, l’ultimo disponibile prima dell’acquisto dei titoli in questione, essa risultava titolare solamente di 529,37 quote di un fondo obbligazionario, per complessivi euro 29.772,504, anche in considerazione del fatto che al momento dell’acquisto dei titoli obbligazionari emessi dalla Repubblica Argentina questi erano già ritenuti intrinsecamente rischiosi, idonei solo per investitori con alta propensione al rischio.
Inoltre la convenuta non aveva fornito alcuna informazione sul progressivo deterioramento della quotazione dei titoli, omettendo di consigliarne il disinvestimento prima del default del 2001.
Tale violazione costituiva un inadempimento grave da legittimare la risoluzione per inadempimento sia del contratto quadro sia della singola operazione di compravendita in questione, con la conseguente richiesta di risarcimento dei danni.
In via di ulteriore subordine ha prospettato una responsabilità precontrattuale della banca per le omissioni informative al momento della stipula del contratto quadro, giacché al momento della conclusione di tale contratto la banca non aveva assunto informazioni sulla sua propensione al rischio, sulla sua situazione finanziaria e sui suoi obiettivi di investimento, né le aveva fornito informazioni sui rischi connessi all’attività di investimento e sugli strumenti finanziari, con il conseguente obbligo di risarcimento dei danni nella medesima misura.
La banca convenuta, costituitasi tempestivamente, con comparsa depositata il 20 febbraio 2012, essendo stata indicata in citazione quale prima udienza quella del 12 marzo 2012, ha resistito a tali domande, eccependo preliminarmente la prescrizione del diritto della attrice, in quanto la prima lettera di reclamo era stata dalla stessa inviate solamente il 14 dicembre 2010, oltre 10 anni dopo dalla data di investimento, concluso l’11 gennaio 2000, con la conseguente prescrizione sia dell’azione di ripetizione dell’indebito conseguente alla prospettata nullità del contratto quadro, sia dell’azione di risarcimento dei danni.
Nel merito ha contestato la fondatezza della eccezione di nullità per mancanza del contratto quadro, in quanto l’attrice aveva in passato concluso altri due contratti di negoziazione, in data 25 ottobre 1982 ed in data 20 gennaio 1989, con la conseguenza che l’ordine di acquisto oggetto delle doglianze della attrice risultava impartito sulla base di tali contratti e quindi valido.
Ha contestato anche il prospettato inadempimento agli obblighi informativi, posto a fondamento della domanda di risoluzione del contratto proposta dall’attrice, anche in considerazione della circostanza che la attrice aveva sottoscritto il documento sui rischi specifici relativi agli investimenti in prodotti finanziari, dichiarando di essere a conoscenza che l’investimento oggetto delle sue doglianze avrebbe potuto comportare l’eventualità di non essere facilmente liquidabile ed oscillazioni anche sensibili; contestualmente inoltre l’attrice aveva incaricato la banca di acquistare obbligazioni emesse dalla Turchia per un valore nominale di euro 51.000, con la conseguente insussistenza della inadeguatezza prospettata dalla attrice.
Ha negato anche la gravità del proprio eventuale inadempimento, anche in considerazione ed alla luce delle informazioni sullo stato della Repubblica Argentina all’epoca in possesso degli intermediari finanziari.
Ha inoltre eccepito che nella determinazione della minusvalenza lamentata dall’attrice avrebbe dovuto tenersi conto delle cedole dalla stessa incassate, pari ad euro 8.750, con la conseguenza che tale minusvalenza doveva ritenersi pari alla somma complessiva di euro 30.390,11.
Ha negato, infine, anche la propria responsabilità precontrattuale, concludendo per il rigetto delle domande dell’attrice e, in subordine, la riduzione del risarcimento alla stessa dovuto.
Senza istruzione, non essendo state ammesse le prove orali dedotte dalla attrice e dalla convenuta, la causa è stata assunta in decisione all’udienza del 23 gennaio 2013, sulle conclusioni in epigrafe trascritte, ed entrambe le parti hanno provveduto successivamente, entro i termini loro assegnati, a depositare fascicolo e conclusionale.
* * * * * * * * * *
L’ordine di acquisto dei titoli emessi dalla Repubblica Argentina, oggetto delle doglianze dell’attrice, venne disposto da quest’ultima l’11 gennaio 2000, in relazione ad obbligazioni Argentina 10% 99/2004, del valore nominale di euro 50.000, acquistate al prezzo unitario di euro 102,40 (come si ricava dalla copia dell’ordine prodotta dall’attrice come documento numero 1), corrispondendo il prezzo complessivo di euro 51.200 (come si ricava dalla copia del fissato bollato prodotto dall’attrice come documento 2);
l’attrice solamente il 14 dicembre 2010 chiese alla banca copia della documentazione relativa al proprio rapporto e dichiarò di voler interrompere il decorso dei termini di prescrizione per responsabilità contrattuale (come si ricava dalla relativa lettera prodotta dalla attrice come documento 4, ricevuta dalla Banca il 17 dicembre 2010); in precedenza l’attrice aveva concluso un contratto di deposito amministrato con la banca, il 25 ottobre 1982 ed un contratto collegato di intermediazione finanziaria, redatto nella prescritta forma scritta (documento numero 2 della convenuta), nonché, successivamente, altro contratto quadro in data 15 gennaio 1992 (documento 3 della convenuta); all’atto della disposizione dell’ordine oggetto delle doglianze dell’attrice la stessa, proprio in relazione alle obbligazioni acquistate, aveva dichiarato di essere a conoscenza trattarsi di obbligazioni emesse dai cosiddetti paesi emergenti, soggette alla eventualità della non facile liquidabilità (“dichiariamo di essere a conoscenza che detto nostro investimento potrebbe comportare: l’eventualità di non essere facilmente liquidabile, anche a seguito di provvedimenti restrittivi emanati dalle autorità governative del paese emittente; la carenza di appropriate informazioni, che, in seguito, ne rendano possibile l’agevole l’accertamento del valore corrente; oscillazioni di corso, anche sensibili, tali da non poter fornire alcuna certezza che l’attuale valore possa restare inalterato nel tempo“), dichiarando però di ritenere adeguato l’investimento ai propri obiettivi di investimento e dalle proprie risorse finanziarie (documento 4 della banca convenuta).
Alla stregua di queste risultanze deve ritenersi fondata l’eccezione di prescrizione sollevata dalla attrice, ma solamente in relazione alla domanda principale di accertamento della nullità del contratto quando per difetto di forma scritta e di ripetizione dell’indebito, giacché tale ultima azione, pacificamente esercitata oltre 10 anni dopo la disposizione dell’ordine censurato, prescinde dalla verificazione del danno, e cioè dal default dichiarato da Repubblica Argentina, in quanto sul presupposto della nullità per difetto di forma scritta del contratto quadro è volta ad ottenere la conseguente restituzione delle somme investite, ma non a titolo di risarcimento del danno, bensì di ripetizione dell’indebito, dunque indipendentemente ed a prescindere dal mancato rimborso dei titoli, da cui, dunque, non può farsi decorrere il termine di prescrizione della azione di ripetizione di indebito.
L’azione di ripetizione dell’indebito, proposta in relazione alla nullità delle operazioni poste in essere in conseguenza della nullità del contratto quadro di intermediazione finanziaria, è soggetta, infatti, alla ordinaria prescrizione decennale (espressamente fatta salva dall’art. 1422 c.c.), decorrente dalla data del pagamento che si ritiene indebito, da cui derivano le pretese restitutorie dell’investitore (cfr., in tal senso, Cass., 15669 del 2011, secondo cui “L’accertata nullità del negozio giuridico, in esecuzione del quale sia stato eseguito un pagamento, dà luogo ad un’azione di ripetizione di indebito oggettivo, volta ad ottenere la condanna alla restituzione della prestazione eseguita in adempimento del negozio nullo, il cui termine di prescrizione inizia a decorrere non già dalla data del passaggio in giudicato della decisione che abbia accertato la nullità del titolo giustificativo del pagamento, ma da quella del pagamento stesso“; in senso conforme cfr. Cass. 13 aprile 2005 n. 7651).
Ne consegue la fondatezza della eccezione di prescrizione del diritto alla ripetizione dell’indebito e la conseguente carenza di interesse a far valere la nullità del contratto quadro per mancanza di forma scritta.
La domanda di risoluzione per inadempimento risulta, poi, infondata, sia in riferimento al contratto quadro di negoziazione, sia in riferimento al singolo ordine.
Tale domanda, se riferita al contratto quadro di negoziazione, non può essere accolta, in quanto l’inadempimento, anche qualora sussistente, non potrebbe ritenersi di particolare gravità, considerando che dagli estratti conto prodotti dalla convenuta si ricava che la attrice ha effettuato nel corso del tempo, a partire dalla conclusione del contratto quadro, numerose altre operazioni di investimento nell’ambito dello stesso contratto-quadro, in relazione alle quali non sono stati mossi addebiti alla banca.
Né può essere accolta la domanda di risoluzione dell’ordine di acquisto contestato dalla attrice: la Corte di Cassazione ha invero chiarito (Cass., Sezioni Unite, sent. nn. 26724 e 26725 del 2007) che gli obblighi di cui si discute attengono, con riferimento ai singoli ordini, alla fase precontrattuale.
E’ stato, in particolare, chiarito che:
“Dalla violazione dei doveri di comportamento che la legge pone a carico dei soggetti autorizzati alla prestazione dei servizi d’investimento finanziario discende la responsabilità precontrattuale, con conseguente obbligo di risarcimento dei danni, per le violazioni in sede di formazione del contratto d’intermediazione destinato a regolare i successivi rapporti tra le parti, ovvero la responsabilità contrattuale, con relativo obbligo risarcitorio ed eventuale risoluzione del predetto contratto, per le violazioni riguardanti le operazioni d’investimento o disinvestimento compiute in esecuzione del contratto d’intermediazione finanziaria in questione, ma non la nullità di quest’ultimo o dei singoli atti negoziali conseguenti, in difetto di previsione normativa in tal senso. ” (Cassazione civile, sez. un., 19 dicembre 2007, n. 26724, Soc. Fin. Com. Valoris e altro c. Soc. San Paolo Imi, in Foro it. 2008, 3 784).
Ora, nel caso di specie, l’attrice ha domandato, come accennato, la risoluzione del contratto d’acquisto dei titoli Argentina in questione e la restituzione di tutta la somma investita: l’ordine, però, come notato, costituisce una operazione di tipo prettamente esecutivo del rapporto di mandato (art. 1711 c.c.) costituito mediante la conclusione del contratto quadro di negoziazione, con la conseguenza che esso non è suscettibile di risoluzione.
Ne consegue il rigetto della domanda subordinata di risoluzione proposta dalla attrice e con essa di quella, conseguente, di restituzione.
Per ciò che concerne, poi, l’ulteriore domanda subordinata di risarcimento del danno da responsabilità precontrattuale, occorre osservare che le citate dichiarazioni rese dalla attrice all’atto della disposizione dell’ordine di acquisto dei titoli argentini, mediante le quali riconobbe la propria consapevolezza in ordine alle caratteristiche di tali obbligazioni ed anche in ordine alla adeguatezza di tale acquisto ai propri obiettivi di investimento e risorse finanziarie, se consentono di escludere, in relazione a tale operazione, la violazione da parte della convenuta degli obblighi informativi facenti capo all’intermediario finanziario, emergendo, come notato, la piena consapevolezza della attrice delle caratteristiche dei titoli acquistati e della natura dell’emittente (trattandosi di dichiarazioni aventi natura e valore confessori ex art. 2730 c.c., con le quali il cliente dichiara di avere piena conoscenza della effettiva portata della operazione disposta, in relazione alla liquidabilità dei titoli, alle loro oscillazioni di valore ed alla possibile mancanza di informazioni in ordine alle condizioni dell’emittente), non sembra possano avere analoga portata i giudizi di adeguatezza delle medesime operazioni espressi nelle stesse dichiarazioni.
Va, infatti, rilevato che la dichiarazione confessoria può avere ad oggetto esclusivamente fatti storici obiettivi (come quelli oggetto delle suddette dichiarazioni resa dalla CAIA) da cui derivi un concreto pregiudizio all’interesse del dichiarante e, al contempo, un corrispondente vantaggio del destinatario della dichiarazione, e non opinioni o giudizi alla cui formazione concorrono valutazioni soggettive, per di più di natura giuridica (Cass., sez. III, 3 agosto 2005, n. 16260; Cass., sez. III, 29 settembre 2005, n. 19165; Cass., sez. lav., 6 agosto 2003. n. 11881).
La valutazione dell’adeguatezza della operazione, infatti, non è altro che una valutazione soggettiva espressa dal cliente circa la corrispondenza della operazione, per natura, tipologia, quantità e frequenza, ai suoi obiettivi di investimento.
Tale dichiarazione della attrice non sembra, dunque, possano avere valore confessorio in ordine alla adeguatezza della operazione effettuata, consistendo in un mero giudizio soggettivo di adeguatezza, che non esclude il divieto per la banca (stabilito dall’art. 29 del reg. CONSOB 11522/98) di effettuare operazioni non adeguate in assenza di espressa autorizzazione del cliente, nella specie mancanti, non essendo indicato alcunché al riguardo nell’ordine di acquisto sottoscritto dalla attrice.
Deve, pertanto, verificarsi se l’operazione di cui si controverte ed oggetto delle censure della attrice fosse, come sostenuto dalla convenuta e negato dalla attrice, adeguate al suo profilo di investitrice ed ai suoi obiettivi di investimento, o se, invece, trattandosi di operazione inadeguata e mancando una espressa autorizzazione scritta, la convenuta dovesse astenersi dal darvi corso.
Come è noto, infatti, l’art. 29 del reg. CONSOB 11522/98 invocato dalla attrice stabilisce al riguardo che:
“Gli intermediari autorizzati si astengono dall’effettuare con o per conto degli investitori operazioni non adeguate per tipologia, oggetto, frequenza o dimensione. Ai fini di cui al comma 1, gli intermediari autorizzati tengono conto delle informazioni di cui all’articolo 28 e di ogni altra informazione disponibile in relazione ai servizi prestati. Gli intermediari autorizzati, quanto ricevono da un investitore disposizioni relative ad una operazione non adeguata, lo informano di tale circostanza e delle ragioni per cui non é opportuno procedere alla sua esecuzione. Quando l’investitore intenda comunque dare corso all’operazione, gli intermediari autorizzati possono eseguire l’operazione stessa solo sulla base di un ordine impartito per iscritto ovvero, nel caso di ordini telefonici, registrato su nastro magnetico o su altro supporto equivalente, in cui sia fatto esplicito riferimento alle avvertenze ricevute“.
Ne consegue, come accennato, che gli intermediari debbano specificamente segnalare l’inadeguatezza delle operazioni che comportino investimenti con rischio differente rispetto a quello dichiarato dai clienti o desumibile dagli investimenti precedenti e da tutte le altre informazioni in loro possesso, esigendo, per procedere all’esecuzione, apposito ordine scritto.
Ora, la convenuta ha affermato, come notato, la adeguatezza della operazione contestata al profilo di rischio della attrice ed ai suoi obiettivi di investimento, desunti dalla sua operatività pregressa e dalla composizione e dalla consistenza complessive del suo portafoglio titoli.
Questa, in particolare, risulta nel suo complesso dal prospetto prodotto dalla convenuta come documento 10, non contestato dalla attrice (se non, per la prima volta, dunque tardivamente, nella conclusionale, essendo stato prodotto dalla convenuta con la seconda memoria istruttoria), riportante la situazione del portafoglio titoli e del deposito amministrato intestato alla attrice nel mese di gennaio 2000, allorquando, cioè, venne disposto l’ordine di acquisto delle obbligazioni emesse dalla Repubblica Argentina di cui si controverte.
Da tale prospetto risulta, innanzi tutto che il patrimonio mobiliare della attrice ammontava, a tale data, alla somma di euro 1.086.590,19, con la conseguenza che l’investimento nelle obbligazioni Argentina in questione, del valore nominale di euro 50.000, incideva sullo stesso nella misura del 4,60%, con la conseguenza che lo stesso poteva essere ritenuto adeguato per dimensione al profilo di rischio ed agli obiettivi di investimento dell’attrice desumibili dalla consistenza del suo patrimonio mobiliare.
L’investimento in questione sembra, poi, adeguato anche per frequenza, trattandosi di un’unica operazione di investimento.
Quanto poi al profilo della adeguatezza per natura e tipologia, deve rilevarsi che nel deposito dell’attrice erano presenti anche obbligazioni emesse dalla Turchia, del valore nominale complessivo di euro 138.000, nonché obbligazioni emesse da banche, prevalentemente dal (omissis), per complessivi euro 459.190,05, nonché buoni poliennali del Tesoro, per complessivi euro 30.987,36, quote di vari fondi comuni, diretti prevalentemente ad investire in azioni (come si ricava dalle loro schede informative prodotte dalla convenuta come documento 12, non contestate dall’attrice), per complessivi euro 211.946,96, ed anche azioni (BUCCI UNICEM, GENERALI, S.T. MICROELECTRONICS), per complessivi euro 32.391.
Ora, alla luce di tale, non contestata, composizione del portafoglio titoli dell’attrice, non sembra ravvisabile una incompatibilità tra le obbligazioni argentine di cui si controverte ed il profilo di rischio e gli obiettivi di investimento dell’attrice desumibili da detta composizione, in quanto se ne ricava, oltre al profilo quantitativo, un profilo di rischio non alieno da un certo grado di speculazione ed obiettivi di investimento volti all’incremento del capitale nel lungo periodo.
Tenendo conto del fatto che all’epoca della disposizione dell’ordine, e cioè nel gennaio 2000, non era ancora nota tra la generalità degli operatori la grave situazione finanziaria della Repubblica Argentina, poi sfociata nella dichiarazione di default del successivo 17 dicembre 2001, non sembra, alla luce della suddetta situazione patrimoniale e degli obiettivi di investimento della attrice, che l’investimento in questione potesse essere ritenuto non adeguato agli stessi.
Le doglianze dell’attrice debbono, pertanto, essere ritenuto infondate anche sotto questo profilo.
Ne consegue il rigetto di tutte le domande proposte dall’attrice, che rende superfluo l’esame delle istanze istruttorie della convenuta.
Non si ravvisano, infine, ragioni per discostarsi dalla regola secondo cui le spese seguono la soccombenza, con la conseguenza che l’attrice deve essere condannata a rifonderle per intero alla convenuta.
Poiché il credito per le spese processuali sorge al momento della liquidazione da parte del giudice (dunque con la deliberazione della sentenza nella data indicata in calce), essa deve avvenire alla stregua della disciplina in tale momento vigente ed, in particolare, del d.M. 20.7.2012 n. 140, entrato in vigore il giorno successo a quella sua pubblicazione sulla gazzetta ufficiale n. 195 del 22.8.2012, le cui disposizioni si applicano, secondo quanto stabilito dall’art. 41, alle liquidazioni successive alla sua entrata in vigore.
Ora, in mancanza di prova di pattuizioni tra la parte vittoriosa ed il suo difensore, tenuto conto del valore della causa (determinato in base al decisum) e degli effetti della decisione, della apprezzabile complessità della controversia e della importanza delle questioni trattate, nonché del pregio dell’opera prestata e del complessivo risultato del giudizio, le spese si liquidano come segue:
– fase di studio: 1.200;
– fase introduttiva: 600;
– fase istruttoria: 1.200;
– fase decisoria: 1.500.
Per complessivi 4.500, oltre c.p.a. ed i.v.a.
PQM
Il Tribunale, definitivamente pronunziando nella causa in epigrafe indicata, ogni altra domanda, eccezione e deduzione disattesa e respinta, così provvede:
– Respinge tutte le domande proposte da CAIA nei confronti della BANCA.
– Condanna CAIA a rimborsare alla BANCA le spese processuali che si liquidano in Euro 4.500 per onorari, oltre c.p.a. ed i.v.a.
Cosi’ deciso in Torino, addì 19 aprile 2013, con sentenza depositata in Cancelleria in pari data, interamente redatta dall’estensore mediante scritturazione elettronica.
IL GIUDICE
Giovanni Liberati
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Autore, Titolo, in Ex Parte Creditoris - www.expartecreditoris.it - ISSN: 2385-1376, anno
Numero Protocolo Interno : 245/2013