Testo massima
danni arrecati a terzi nello svolgimento delle incombenze affidate ai promotori
finanziari, va esclusa allorquando la
condotta del danneggiato presenti connotati di “anomalia”, vale a
dire, se non di collusione, quanto meno di consapevole acquiescenza alla
violazione delle regole gravanti sul promotore, palesata da elementi presuntivi.
La consegna, ad un consulente finanziario
dei propri codici di accesso ai servizi di banca “on line”, integra un
comportamento anomalo.
Cosi
si è pronunziata la Corte di Cassazione, prima sezione con la sentenza del 13-12-2013,
n.27925, con la quale ha respinto il ricorso di un cliente il quale
illegittimamente intendeva far ricadere sulla SOCIETÀ DI INTERMEDIAZIONE
MOBILIARE il rapporto intercorso con il promotore finanziario.
Nel caso di specie, era accaduto che
alcuni clienti avevano conferito mandato personale ad un promotore finanziario per
operare sul proprio conto bancario in via esclusiva, al di fuori di ogni
eventuale rapporto di questi con la SOCIETÀ DI INTERMEDIAZIONE MOBILIARE, e
che, per questo fatto, gli era stato riconosciuto un compenso ad personam.
Tanto era avvenuto in quanto i clienti avevano consegnato
i codici di accesso ai servizi on line, conferendo, in merito agli stessi,
personalmente ed esclusivamente al promotore l’equivalente di un incondizionato
mandato ad operare, il che significa che essi avevano trasferito al promotore
il personale ed esclusivo potere di
disporre del proprio denaro.
La Corte, accertata la consapevolezza
da parte dei clienti della anomalia nella gestione del proprio conto, da essi
stessi avallata, escludeva ogni concorrente responsabilità della SOCIETÀ DI
INTERMEDIAZIONE MOBILIARE e dei suoi procacciatori.
In conclusione la consegna al
promotore dei codici di accesso ai servizio banca on line rappresenta un comportamento anomalo che esclude la banca
da qualsivoglia responsabilità.
Per approfondimenti in materia si veda:
HOME BANKING: L’INTERMEDIARIO FINANZIARIO NON RISPONDE IN
SOLIDO DELL’ILLECITO DEL PROMOTORE
INTERMEDIAZIONE FINANZIARIA CASI DI RESPONSABILITÀ
ESCLUSIVA DEL PROMOTORE
Sentenza | Cassazione civile, sezione terza | 04-03-2014 | n.5020
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 27355/2009
proposto da:
CLIENTI I.P.
– RICORRENTI –
contro
ASSICURATORI
PROMOTORE A.A.
– CONTRORICORRENTI –
contro
Z.C., F.P.;
– INTIMATI –
contro
BANCA S.P.A.,
– RESISTENTE –
avverso la sentenza n.
925/2009 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 28/07/2009;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
I.P. e G. hanno proposto
ricorso per cassazione sulla base di CINQUE MOTIVI avverso la sentenza della
Corte di Appello di Bologna in data 28.7.2009, con la quale era stata
confermata la decisione di primo grado che aveva pronunziato la condanna di
F.P. al pagamento di Euro 679.834,86 in favore degli I., per i raggiri usati
nel gestire gli investimenti finanziari in danno degli I. rigettando viceversa
la domanda di questi ultimi nei confronti degli altri convenuti A. e Z.,
chiamati a titolo di corresponsabili del F. in quanto promotori finanziari
della Fineco, nonché di quest’ultima, quale Banca preposta all’intermediazione
finanziaria, e degli Assicuratori quali garanti.
A. e Assicuratori hanno
resistito con controricorso.
La causa dapprima inviata per
la discussione in camera di Consiglio è stata successivamente rimessa alla
pubblica udienza del 31.10.13.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con
il PRIMO MOTIVO di ricorso i
ricorrenti contestano che nella fattispecie la Corte di Appello abbia escluso
l’applicazione dell’art. 2049 c.c., e art. 31 T.U.F. malgrado vi fosse un nesso
di “occasionalità necessaria” tra il fatto commesso e il rapporto che
legava la Banca al F.. Quest’ultimo, condannato sia in sede penale che civile
per l’illecito commesso ai danni degli I., avrebbe infatti operato
approfittando della posizione rivestita all’interno della Banca, e ciò sarebbe
sufficiente ad ipotizzare una responsabilità di quest’ultima.
Con
il SECONDO MOTIVO lamentano che la
Corte di Appello erroneamente non abbia ravvisato un concorso ex art.2043 c.c.,
nei confronti dei promotori Z. e A. nella causazione dell’evento dannoso avendo
essi assistito il F. nelle diverse operazioni contestate.
Con
il TERZO MOTIVO si dolgono per
l’omessa pronuncia su quanto dedotto da essi ricorrenti circa la responsabilità
della in virtù del principio dell’apparenza di cui all’art. 31, comma 3, TUF.
Con
il QUARTO MOTIVO deducono il vizio
di motivazione laddove la sentenza impugnata ha ritenuto che il F. avesse agito
in proprio anziché nell’ambito del suo operare presso la. In particolare si
assume che la Corte di appello, nella delibazione della controversia, abbia
irragionevolmente considerato dapprima la seconda operazione finanziaria posta
in essere, per poi prendere in esame quella precedente da un punto di vista
cronologico.
Con
il QUINTO MOTIVO contestano la
sentenza laddove la stessa ha ritenuto non provato il danno, quale conseguenza
del comportamento del F., nonostante sul punto si fosse formato il giudicato
interno per effetto della pronuncia del giudice di primo grado che aveva
accertato il danno subito dagli I. per il fatto illecito compiuto dal F. (per
ciò condannato al pagamento di Euro 679.834,86, oltre rivalutazione).
I primi DUE MOTIVI del ricorso, tra loro connessi, possono essere esaminati
congiuntamente.
Va
preliminarmente rammentato che la giurisprudenza di questa Corte ha
ripetutamente affermato il principio che la disposizione della L. 2 gennaio
1991, n. 1, art. 5, comma 4, secondo la quale la società di intermediazione mobiliare
è responsabile in solido degli eventuali danni arrecati a terzi nello
svolgimento delle incombenze affidate ai promotori finanziari, anche se tali
danni siano conseguenti alla responsabilità accertata in sede penale di questi
ultimi, qualora sussista un rapporto di “necessaria occasionalità” tra incombenze affidate e fatto del
promotore, che è ravvisabile in tutte le ipotesi in cui il comportamento di
questi rientri nel quadro delle attività funzionali all’esercizio delle
incombenze di cui è investito. Né rileva che il comportamento del promotore
abbia esorbitato dal limite fissato dalla società, essendo sufficiente che la
sua condotta sia stata agevolata e resa possibile dall’inserimento del
promotore stesso nell’attività della società d’intermediazione mobiliare e si
sia realizzata nell’ambito e coerentemente alle finalità in vista delle quali
l’incarico è stato conferito, in maniera tale da far apparire al terzo in buona
fede che l’attività posta in essere, per la consumazione dell’illecito, rientrasse
nell’incarico affidato. (Cass. 6829/11; Cass. 2009/17393; Cass. 2010/21729).
L’accertamento di quanto
sopra costituisce giudizio di merito, insindacabile in cassazione se
congruamente e logicamente motivato. (Cass. 2002/10580; Cass. 2009/13529; cfr.
Cass. 2006/8229; Cass. 6829/11).
Alla
luce degli enunciati principi, va osservato che la sentenza impugnata ha
escluso la responsabilità della BANCA
e dei suoi procacciatori Z. ed A. distinguendo tra due operazioni finanziarie
poste in essere dagli I..
Giova esaminare, in primo
luogo, la seconda in ordine di tempo di tali operazioni.
Alla base di questa vi è il
contratto pacificamente stipulato ai primi di gennaio 2002, che precede di
alcuni giorni l’apertura del conto corrente n. 299241 richiesta in data 10
gennaio 2002.
Detto contratto sottoscritto
dai due I. e dal F., reca l’intestazione “contratto di prestazione
continuata di servizi finanziari”.
In esso il F.:
a) si qualifica come
“iscritto come Ditta individuale presso il registro delle imprese di
Forlì”;
b) dichiara “di prestare
consulenza finanziaria al signor I. P. ed a suo figlio I.G. attraverso una
gestione di portafoglio, mediante movimentazione di denaro depositato presso un
conto corrente intestato ad I.P., I.G. e F.P., utilizzando Banca spa come
tramite bancario”. Il contratto prevede, poi, quanto segue:
c) “il portafoglio sarà
gestito senza vincoli di metodo da me stesso con periodici incontri per
rendicontazioni;
d) la durata del contratto è
di due mesi prorogabili; e) il compenso previsto per il F. era del 3% una volta
raggiunto un guadagno di gestione del 15%”.
La Corte d’appello, sulla
base del predetto contratto e sul fatto che gli I. avevano – rilasciato al F.
sei assegni circolari per complessivi Euro 516.456,00, ha ritenuto che gli I.
vollero stabilire un rapporto diretto ed esclusivo con il F. con esclusione di
ogni interferenza dei promotori finanziari della BANCA e della stessa banca.
A tale proposito ha
argomentato che tutti i suddetti comportamenti dimostravano, nei fatti, la
volontà degli I. di attribuire al F. una fiducia piena ed incondizionata, al
punto da affidargli un compito (la gestione di portafoglio, appunto) che
presuppone capacità professionali e organizzazione aziendale tanto affinate che
la legge riserva tale attività espressamente alle imprese di investimento, alle
società di gestione del risparmio e alle banche.
Si osserva che i ricorrenti
non censurano l’interpretazione fornita dalla Corte d’appello sotto il profilo
della violazione dell’art. 1362 c.c. e ss., e ciò costituisce già una prima
causa di inammissibilità del PRIMO MOTIVO (v. Cass. 4178/07).
In secondo luogo, la
motivazione fornita dalla Corte d’appello, basata sull’interpretazione del
contratto dinanzi descritta, appare del tutto logica e giuridicamente corretta
e, posto che, come già rilevato, la valutazione circa l’occasionalità
dell’attività costituisce giudizio di merito, insindacabile in cassazione se
congruamente e logicamente motivato (Cass. 2002/10580; 2009/13529; cfr. Cass.
2006/8229; Cass. 6829/11), ne discende che anche sotto tale profilo il primo
motivo risulta inammissibile.
In
relazione a tale parte della motivazione il PRIMO MOTIVO non risulta dunque
scrutinabile in questa sede di legittimità.
Venendo ora all’esame della
seconda parte della motivazione che riguarda in ordine di tempo il primo
contratto stipulato dagli I., la Corte d’appello ha rilevato in fatto quanto
segue.
“Con lettera (doc. 1 e all. ibidem) datata
Cesena, 3 ottobre 2001, priva di sottoscrizione e redatta su carta non
intestata – cui sono allegati vari prospetti, schede relative all’andamento di
singoli titoli azionari e programmi di investimento; documenti tutti
sicuramente riferibili al gruppo di promotori BANCA di Cesena ed in cui
compare la dicitura “Financial Planner: F.P. “- si prende in
considerazione il portafoglio titoli di cui al momento erano titolari gli I.
con deposito presso altra banca; si valuta in 750 milioni di lire la
disponibilità di denaro che gli stessi I. sono intenzionati ad investire; si
prospetta una riorganizzazione dell’intero portafoglio che, passando da un
progressivo abbandono dell’investimento in singoli titoli, si sarebbe attestato
su una “gestione patrimoniale diversificata in 4 fondi da noi ritenuti i
più opportuni affinchè il patrimonio che li alimenterà sia protetto dal rischio
specifico……omissis”.
Continua
la sentenza impugnata rilevando che “in
effetti, i 4 fondi comuni di investimento risultano prontamente acquistati
dagli I. con l’impiego di 21.000 Euro, come risulta dal modulo di
sottoscrizione di Cisalpina Gestioni-Società di Gestione del Risparmio datato
Cesena 9 ottobre 2001 (doc. 3) sottoscritto da I.P. e da G. e firmato come
promotore dallo Z.”.
Procede poi nell’esame
dell’andamento del conto rilevando che dopo i mesi di ottobre e novembre con
due sole operazioni effettuate da I.P., nel mese di dicembre iniziano
quotidiane operazioni di acquisto e vendita di titoli azionali che si
prolungano nel periodo successivo con l’aggiunta anche di operazioni aventi ad
oggetto warrant. La sentenza riscontra anche un pagamento a favore del F.
La
sentenza rileva poi che “nel
frattempo gli I. hanno comunicato al F. i codici di accesso ai servizi di banca
on line. Si tratta di un codice utente e di una password (doc. 5) inserendo i
quali nell’area login del sito internet di Fin-Eco, si è abilitati a compiere
ogni operazione finanziaria attinente al deposito titoli, oltre che alla
movimentazione del conto corrente“.
Ritiene
conclusivamente la Corte d’appello che “con la comunicazione dei codici gli I. hanno conferito personalmente ed
esclusivamente al F. l’equivalente di un incondizionato mandato ad operare il
che significa che essi hanno trasferito al F. il loro personale ed esclusivo
potere di disporre del proprio denaro”.
In
conseguenza di ciò ha ritenuto che “raffrontando
questi dati con i termini del contratto stipulato all’inizio di gennaio, si
nota la singolare analogia tra le due situazioni: un mandato senza vincoli ad
operare in borsa affidato personalmente al F., una remunerazione stabilita in
favore del medesimo F.. Già in questa fase, dunque, si può ritenere documentato
che gli I. avevano inteso stabilire un rapporto diretto con il F. che
escludesse l’interferenza di chiunque altro, al punto di riconoscere un compenso
direttamente al loro consulente al di fuori del sistema delle commissioni da
corrispondere, come d’uso, alla banca per quel tipo di operatività“.
Tale motivazione appare
logicamente corretta e conforme a diritto.
Una volta accertato infatti
che la lettera datata Cesena, 3 ottobre 2001 era priva di sottoscrizione e
redatta su carta non intestata, onde la stessa non era in realtà riferibile ad
alcuno e non aveva alcun valore contrattuale, la Corte d’appello ha valutato
quello che fu il comportamento effettivo delle parti.
In
tale contesto ha ritenuto che con la comunicazione dei codici gli I. avevano conferito un mandato
personale al F. ad operare sul proprio conto bancario in via esclusiva, al di
fuori di ogni eventuale rapporto di questi con la BANCA, e che per questo fatto gli era stato riconosciuto un
compenso ad personam.
In tale contesto il giudice
di seconde cure ha implicitamente ritenuto che anche l’acquisto dei quattro
fondi comuni di investimento acquistati dagli I. con l’impiego di 21.000 Euro,
risultante dal modulo di sottoscrizione di Cisalpina Gestioni- Società di
Gestione del Risparmio datato Cesena 9 ottobre 2001 e sottoscritto come
promotore dalla Z., fosse da considerarsi come un operazione isolata e comunque
superata dal successivo mandato conferito al F. con la consegna dei codici
bancari d’accesso.
Trattasi di valutazione in
fatto, come già rilevato, correttamente motivata, che, come tale, si sottrae ad
ogni sindacato in sede di legittimità, ed in tal senso le censure che ad essa
muovono i ricorrenti appaiono investirne inammissibilmente il merito.
La decisione della Corte
d’appello è inoltre basata su una seconda ratio
decidendi, la stessa, infatti ha rilevato:
a)che
gli I. erano imprenditori tanto
navigati ed avveduti da rendersi perfettamente conto di circostanze elementari
quali erano il significato, la portata e le conseguenze tutte, ivi compresi i
rischi, connessi all’affidamento al F. di un mandato illimitato ad operare in
borsa con il loro denaro;
b) che il F. li visitava settimanalmente (e
ancora pin frequentemente li raggiungeva per telefono) al fine di illustrare
l’andamento degli investimenti fatti;
c) che essi mai segnalarono alcunché
di anomalo ai promotori finanziari di Cesena o alla stessa BANCA e mai ebbero nulla da eccepire o di cui lagnarsi, malgrado
avessero ricevuto l’estratto conto del primo trimestre di attività
ricomprendente le movimentazioni del mese di dicembre 2001, esemplificative
dell’operato del F.;
d)
che essi, tramite i servizi di banca on line, avevano la possibilità di
controllare in ogni momento i movimenti del conto corrente e del deposito
titoli; e) che nessuna obiezione e, tanto meno, nessuna rimostranza gli I.
ebbero a fare (nè l’hanno fatta in corso di causa) in ordine al bonifico della
somma equivalente a 6 milioni di lire addebitata sul loro conto corrente n.
270583 in favore del conto del F.
nella data del 5 dicembre 2001. Tale trasferimento di denaro, dunque, era
considerato dagli attori come del tutto regolare.
In
altri termini, la accertata consapevolezza da parte degli I. della anomalia della gestione del loro conto da parte del F. da essi stessi avallata escludeva –
secondo il Giudice di seconde cure – ogni concorrente responsabilità della BANCA e dei suoi procacciatori.
Detta
pronuncia è conforme a quanto già affermato da questa Corte e, cioè, che la
responsabilità dell’ente finanziario deve escludersi quando la condotta del
risparmiatore presenti connotati di “anomalia”,
vale a dire, se non di collusione, quanto meno di consapevole e fattiva
acquiescenza alla violazione delle regole gravanti sul promotore, palesata da
elementi presuntivi, quali ad esempio il numero o la ripetizione delle
operazioni poste in essere con modalità irregolari, il valore complessivo delle
operazioni, l’esperienza acquisita nell’investimento di prodotti finanziari, la
conoscenza del complesso “iter” funzionale alla sottoscrizione di
programmi di investimento e le sue complessive condizioni culturali e
socio-economiche. (Cass. 6829/11; Cass. 1741/11).
Il
TERZO MOTIVO è manifestamente
infondato poiché, ancorché la sentenza impugnata non faccia esplicito
riferimento all’art. 31 TUF l’intera motivazione è in realtà basata proprio
sull’accertamento della esistenza della occasionalità necessaria nel comportamento
del F..
Il QUARTO MOTIVO è infondato anch’esso.
Invero non riveste un vizio
di motivazione l’avere esaminato per primo il secondo dei due accordi perchè
comunque gli stessi presentano evidenti difformità tra di loro per cui l’esame
dell’uno non interferisce su quello dell’altro nè un inversione del loro esame
avrebbe potuto portare a conclusioni diverse.
Il quinto motivo resta
assorbito poiché l’esclusione di responsabilità della Fineco e dei suoi
promotori rende irrilevante accertare l’esistenza o meno del danno e quella di
un giudicato interno su di esso.
Il ricorso va in conclusione
respinto.
Il ricorrente va di
conseguenza condannato al pagamento delle spese processuali liquidate come da
dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta
il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio in
favore di A.A. e degli ASSICURATORI, liquidate in favore di
ciascuno in Euro 8000,00 oltre Euro 200,00 per esborsi ed oltre accessori di
legge.
Così deciso in Roma, il 31
ottobre 2012.
Depositato in Cancelleria il
13 dicembre 2013
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