La cancellazione volontaria di una società dal registro delle imprese, effettuata in pendenza di un giudizio introdotto dalla società medesima, fa presumere che quest’ultima abbia tacitamente rinunciato alla pretesa relativa al credito, ancorché incerto ed illiquido.
Non si produce alcun fenomeno successorio nella pretesa “sub iudice”, con conseguente esclusione della legittimazione dei soci della società estinta.
Questi i principi espressi dal Tribunale di Roma, Giudice Fabrizio Gandini, con ordinanza pubblicata in data 08 giugno 2018.
Nell’ambito di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, il Giudice rilevava, così come già affermato dalla giurisprudenza di legittimità, consolidatosi dopo le sentenze delle SS.UU. 6070, 6071 e 6072/2013, che in caso di cancellazione volontaria di una società dal registro delle imprese, effettuata in pendenza di un giudizio introdotto dalla società medesima, si presume che quest’ultima abbia tacitamente rinunciato alla pretesa relativa al credito, ancorché incerto ed illiquido, per la cui determinazione il liquidatore non si sia attivato, preferendo concludere il procedimento estintivo della società.
Quanto sopra affermato comporta che non si determini alcun fenomeno successorio nella pretesa “sub iudice“, con conseguente esclusione della legittimazione dei soci della società estinta.
Per tale ragione il Giudice adito rigettava l’istanza di concessione della provvisoria esecuzione al decreto ingiuntivo opposto e fissava l’udienza per la precisazione delle conclusioni.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in rivista:
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