Quando la banca esegue a favore del proprio correntista un accredito o bonifico ordinario, si obbliga all’esecuzione nei confronti del solo delegante, non assumendo alcuna autonoma obbligazione nei confronti del correntista beneficiario. Il successivo accreditamento sul conto corrente del beneficiario avviene, invece, in ragione di un distinto mandato generico a gestire il servizio cassa, conferito dal correntista alla banca e prescinde dalla natura e dall’origine della provvista.
Sicché neppure da questo mandato deriva un’autonoma e specifica obbligazione della banca nei confronti del suo cliente per ciascuna rimessa perché, secondo quanto prevedono gli art. 1823, comma 1, e 1852 c.c., il contratto di conto corrente obbliga le parti solo all’annotazione dei crediti derivanti dalle reciproche rimesse.
La banca non è legittimata passiva in relazione alla richiesta di verifica della legittimità di uno storno di una somma incassata con POS con l’utilizzo della carta di credito operato su richiesta del gestore della carta di credito.
Questi i principi espressi dal Tribunale di Salerno, dott.ssa Antonella Di Stasi, con la sentenza n. 2813 del 19.06.2015.
Nel caso in esame, una correntista conveniva in giudizio la Banca per sentir dichiarare illegittimo lo storno effettuato dal conto corrente bancario e condannarsi la stessa al pagamento dalla somma oltre al risarcimento dei danni pari all’esborso degli interessi e delle competenze passive; deduceva, in particolare, di essere esercente attività commerciale di vendita al dettaglio di abbigliamento e che la somma stornata era costituita dai singoli importi relativi a transazioni commerciali regolarmente effettuate tramite POS di carta di credito.
Si costituiva in giudizio la Banca che eccepiva il proprio difetto di legittimazione passiva, deducendo che l’attore aveva sottoscritto accordo per gli esercizi commerciali con il gestore della carta di credito e che la comparente era estranea a tale rapporto, avendo svolto solo la funzione, in relazione alla parallela convenzione sottoscritta con il gestore, di annotare le scritturazioni provenienti dagli acquisti eseguiti presso l’attore, che ne aveva autorizzato l’accredito.
Il Giudice rilevava che, come da documentazione prodotta dalla convenuta, l’attrice, quale esercente attività commerciale di vendita al dettaglio di abbigliamento concludeva con il gestore della carta di credito una convenzione con la quale aderiva al Servizio Carta. Tale negozio non vedeva quale parte contrattuale anche la banca convenuta.
Osservava, a tal proposito, che nelle carte di credito trilaterali, come quella che ha dato origine agli accrediti per cui è causa, si è di fronte a due rapporti contrattuali che le parti stipulano preventivamente: da un lato, la convenzione di abbonamento o associazione tra l’emittente ed il fornitore, dall’altro, il contratto di rilascio tra l’emittente e l’utilizzatore della carta. Infine, il contratto di scambio concluso tra il consumatore e l’esercente convenzionato viene a chiudere la trilateralità del rapporto.
In base al contratto di associazione, l’esercente è impegnato a vendere beni o servizi ad ogni titolare della carta, senza pretendere il pagamento immediato del prezzo in contanti, previa esibizione della carta e sottoscrizione di un documento. L’emittente è obbligato cosi a pagare entro un determinato tempo all’esercente gli importi delle note di spesa o degli ordinativi, trattenendo una determinata quota a proprio favore sull’importo fatturato.
In base al contratto di rilascio stipulato tra cliente e titolare, il primo, a fronte del corrispettivo di una commissione annua, rilascia al secondo la carta di credito, tramite la quale è legittimato ad effettuare acquisti presso gli esercizi convenzionati senza pagamento del prezzo. Il titolare si impegna cosi alle scadenze pattuite a corrispondere all’emittente il prezzo dei beni o servizi acquistati in un determinato periodo.
La Banca convenuta non era, quindi, parte del predetto accordo, ma veniva indicata dalla società attrice quale Banca presso cui era titolare del conto corrente bancario sul quale il gestore della carta di credito doveva operare gli accrediti delle transazioni commerciali, il cui pagamento sarebbe stato effettuato con carta di credito rientrante nell’accordo concluso con la società attrice.
Per il giudice rileva, quindi, ai fini del decidere la legittimità o meno delle storno degli accrediti operato dalla banca convenuta a seguito di richiesta pervenutale dal gestore della carta di credito.
Costituisce principio affermato dalla Suprema Corte che quando la banca esegue a favore del proprio correntista un accredito o bonifico ordinario, si obbliga all’esecuzione nei confronti del solo delegante, non assumendo alcuna autonoma obbligazione nei confronti del correntista beneficiario. Il successivo accreditamento sul conto corrente del beneficiario avviene, invece, in ragione di un distinto mandato generico a gestire il servizio cassa, conferito dal correntista alla banca e prescinde dalla natura e dall’origine della provvista.
Sicché neppure da questo mandato deriva un’autonoma e specifica obbligazione della banca nei confronti del suo cliente per ciascuna rimessa perché, secondo quanto prevedono gli art. 1823, comma 1, e 1852 c.c., il contratto di conto corrente obbliga le parti solo all’annotazione dei crediti derivanti dalle reciproche rimesse.
Nella specie, inoltre, la stessa attrice aveva pattuito con il gestore della carta di credito nella convenzione il diritto di riaddebito totale in favore di quest’ultima.
Sulla base di tali argomentazioni il Tribunale di Salerno ha, pertanto, rigettato la domanda perché infondata, e condannato parte attrice al pagamento delle spese di lite.
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