ISSN 2385-1376
Testo massima
Il contribuente ha tutto il diritto di ricevere la comunicazione degli esiti del controllo formale e dei motivi che hanno condotto alla correzione ex art. 36-ter, DPR 600/1973 della dichiarazione dei redditi, pena la nullità della conseguente cartella di pagamento.
Questo il principio affermato dalla Cassazione, sez. Tributaria, con la sentenza del 4 luglio 2014, n. 15311 in materia di cartelle esattoriali.
La vicenda sottoposta al vaglio dei giudici di legittimità, prende le mosse dall’impugnazione di una cartella esattoriale, notificata ad una SPA (incorporante una SRL), mediante la quale si procedeva alla rettifica del reddito imponibile, a seguito di controllo formale ex art. 36-ter, DPR 600/73.
La contribuente risultava vittoriosa nei primi due gradi, in quanto i giudici di merito ritenevano che l’Ufficio avesse l’obbligo precipuo di comunicare al contribuente l’esito del controllo formale, mediante notifica del c.d. avviso bonario. Obbligo che, nel caso di specie, era stato completamente disatteso. Di talché l’Ufficio, unitamente al Ministero dell’Economia e delle Finanze, la decisione della CTR, respingendo in toto le doglianze della parte pubblica.
I giudici nomofilattici motivano il loro ragionamento dal confronto della suddetta disciplina con quella contenuta all’art. precedente, ossia il 36-bis, disciplinante i cc.dd. controlli automatici delle liquidazioni, con riferimento ai quali la giurisprudenza della Corte ha, al contrario, ammesso la legittimità della cartella emessa senza previa comunicazione dell’esito della liquidazione.
Ciò in quanto, se l’art. 36-bis rappresenta una norma a “contenuto impositivo” sostanzialmente “chiuso”, che si applica alle sole ipotesi tipiche limitate alla liquidazione delle imposte, prevedendo un semplice controllo cartolare, l’art. 36-ter attribuisce all’Ufficio un potere più ampio per sindacare il corretto contenuto delle dichiarazioni presentate, in quanto trattasi di un controllo non meramente cartolare della dichiarazione, ma che si esplicita in una vera e propria “attività ispettiva” in larga misura condotta da funzionari dell’Amministrazione finanziaria.
In tale contesto, se la comunicazione dell’esito della liquidazione ha la finalità di evitare la reiterazione di errori e consentire la regolarizzazione di quelli formali, quella prevista al quarto comma dell’art. 36-ter assolve alla duplice funzione di rendere edotto il contribuente e di consentirgli di esercitare i suoi diritti di difesa, come la possibilità di segnalare dati e elementi non considerati dall’Ufficio: si tratta dunque di due fattispecie ben diverse che, come tali, meritano di essere valutate da parte dei Giudici.
Alla luce di tali peculiarità, quindi, come si legge nella motivazione della sentenza, il legislatore ha ipotizzato una vera e propria “fase procedimentale necessaria, di garanzia per il contribuente”, nell’ambito della quale l’Ufficio è tenuto ad invitare quest’ultimo ad esibire la documentazione, valutare la stessa e dargliene comunicazione mediante il c.d. avviso bonario (con l’indicazione degli eventuali motivi che hanno dato luogo alla rettifica). Dopo, e solo dopo questa imprescindibile fase, le somme potranno essere iscritte a ruolo con conseguente notifica della cartella esattoriale. In caso contrario, affermano correttamente i Giudici di Piazza Cavour, “alla mancata comunicazione prescritta dal IV comma dell’art. 36 ter, consegue la nullità della cartella”.
Si va sempre più diffondendo dunque, in seno alle corti di legittimità tributarie (si veda, ad esempio: Cass. 18184/2013; Cass. 26635/2009), l’orientamento volto a valorizzare la fase del contraddittorio antecedente l’emanazione del provvedimento impositivo. Solo in questo caso, infatti, al contribuente è offerta la possibilità di fornire quei dati e notizie in grado di giustificare il comportamento censurato dall’Amministrazione finanziaria.
Testo del provvedimento
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