La somma di denaro donata dal genitore al figlio, coniugato in regime di comunione legale dei beni, non costituisce un’ipotesi di donazione indiretta ed entra a far parte del regime di comunione legale dei beni, anche se manca un atto che rivesta la forma richiesta dalla legge per la validità delle donazioni, e cioè l’atto pubblico stipulato alla presenza di due testimoni.
Ove la donazione riguardi una somma di denaro impiegata dal donatario per l’acquisto della casa familiare e ove detto acquisto sia condiviso con il coniuge, il donatario in tal modo dona al coniuge il 50% della proprietà consentendone l’intestazione allo stesso. Non può pertanto ravvisarsi una donazione indiretta dell’intero immobile al donatario tale da escludere la comunione del bene tra i coniugi.
Questi i principi espressi dalla Corte di Cassazione, Sez. VI, Pres. D’Ascola – Rel. Orilia con l’ordinanza n. 19537 del 24.07.2018.
La vicenda ha riguardato un soggetto che ha proposto ricorso per cassazione avverso la pronuncia di rigetto della corte territoriale che a sua volta aveva respinto la domanda spiegata dallo stesso in primo grado nei confronti dell’ex coniuge e di una società di costruzioni.
In particolare il soggetto aveva convenuto in giudizio l’ex moglie al fine di vedersi riconosciuta l’esclusiva proprietà dell’immobile oggetto, a suo dire, di donazione indiretta da parte della madre la quale gli aveva fornito il denaro necessario all’acquisto.
Con unico complesso motivo il ricorrente ha dedotto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, la nullità della sentenza di secondo grado e del procedimento per illogicità e contraddittorietà della motivazione nonché, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, l’errata o falsa applicazione degli artt. 179 c.c., lett. b e 115 c.p.c. o in subordine dell’art. 1417 c.c.
La società venditrice non ha svolto difese mentre il relatore ha proposto il rigetto del ricorso per manifesta infondatezza.
I giudici di legittimità, investiti della questione, hanno ritenuto inammissibile il motivo di ricorso, nella parte in cui ha denunziato l’illogicità e contraddittorietà della motivazione.
Invero, gli ermellini hanno evidenziato che è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali.
Inoltre, la corte di cassazione ha dichiarato il ricorso, oltre che inammissibile, anche infondato in quanto il giudice di appello aveva accertato che la donazione tra madre e figlio aveva riguardato solo una somma di danaro da utilizzare per l’acquisto della casa familiare e che il figlio, impiegando tale somma nell’acquisto da condividere con la futura moglie, ha in tal modo donato a questa il 50% della proprietà consentendone l’intestazione alla medesima
Pertanto, a parere degli ermellini, l’apprezzamento della Corte di merito, in linea con i principi che regolano la forma delle donazioni indirette (non necessità dell’atto solenne, ma sufficienza del rispetto della forma prescritta per il negozio tipico utilizzato per realizzare lo scopo di liberalità), non è pertanto censurabile.
In conclusione, i giudici di legittimità hanno respinto il ricorso con addebito di spese alla parte soccombente.
Per ulteriori approfondimenti in materia si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in rivista:
DONAZIONE E CONTO CORRENTE: NULLA SE FATTA CON TRASFERIMENTO DI LIQUIDITÀ DI NON MODICO VALORE IN ASSENZA DI ATTO PUBBLICO
LA NULLITÀ COMPORTA IL DIRITTO A PRETENDERE LA RESTITUZIONE DELLA SOMMA TRASFERITA
Sentenza | Corte Suprema di Cassazione, Sezioni Unite Civili | 27.07.2017 | n.18725
LA COINTESTAZIONE DI UN CONTO CORRENTE NON CONFIGURA UNA DONAZIONE INDIRETTA
LA DOPPIA FIRMA ALL’APERTURA DI UN CONTO CORRENTE NON È SUFFICIENTE AL PERFEZIONAMENTO DI UNA DONAZIONE INDIRETTA
Sentenza | Cassazione civile, sezione seconda | 16.01.2014 | n.809
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