Nell’espropriazione immobiliare, la positiva conclusione del procedimento di vendita sfocia nell’emissione del decreto di trasferimento, provvedimento – predisposto dal professionista delegato alla vendita – con il quale il giudice dell’esecuzione trasferisce all’aggiudicatario il bene espropriato, come descritto nell’ordinanza di vendita.
Trattasi del “momento” in cui si produce l’effetto traslativo del diritto oggetto della vendita forzata, come chiarito a più riprese dalla Corte di Cassazione, nonostante non sia mancata qualche voce dissonante in dottrina e giurisprudenza, circa la possibilità di “anticipare” o “posticipare” l’individuazione di tale “momento”.
Come per tutti gli atti della procedura, il rimedio impugnatorio tipico a disposizione degli interessati, onde segnalare i “vizi” propri del decreto di trasferimento, è l’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 del codice di procedura civile.
Nell’attuale assetto codicistico, in cui la delega delle operazioni di vendita ad un professionista è divenuta la “regola”, il legislatore si è premurato di inserire nell’art. 591 bis co. 7 del codice di procedura civile un’apposita norma che sancisce la proponibilità dell’opposizione agli atti esecutivi avverso il provvedimento in parola.
In verità, i profili di nullità censurabili attraverso tale strumento sono tutti quelli relativi al sub-procedimento di vendita, in quanto prodromici alla formazione ed all’emissione del decreto di trasferimento.
È bene ricordare, però, che la stabilità dell’aggiudicazione è “garantita” dal principio sancito dall’art. 2929 del codice civile, a mente del quale non sono opponibili all’aggiudicatario le nullità inerenti agli atti esecutivi anteriori alla vendita od all’assegnazione.
Ad esempio, tutte le questioni che possono inficiare la vendita per effetto di una erronea indicazione di dati catastali – già rilevabili dalla lettura dell’ordinanza di vendita – possono essere fatte valere dal debitore solo con una tempestiva opposizione agli atti esecutivi, da proporsi contro la medesima ordinanza di vendita.
Sarebbe invece tardiva, un’opposizione per le medesime ragioni avverso il decreto di trasferimento.
La Corte di Cassazione ha chiarito che l’eventuale accoglimento dell’opposizione al decreto di trasferimento determina il venir meno del trasferimento coattivo e, quindi, della “causa” del prezzo pagato dall’aggiudicatario, consentendo a quest’ultimo l’esercizio dell’azione di ripetizione, a seguito dell’avvenuta “evizione”.
Se la nullità del decreto di trasferimento viene dichiarata in sede di giudizio di cassazione, la domanda di ripetizione è proponibile anche per la prima volta nel giudizio di rinvio, a processo esecutivo ormai concluso, nei confronti del creditore procedente per la somma riscossa e del debitore per il residuo eventualmente attribuitogli (Cassazione Civile, Sez. III, sentenza del 9 giugno 2010 n. 13824).
Più limitate sono le ipotesi di “rettificabilità” del decreto di trasferimento, al più ammissibili per modifiche marginali.
La giurisprudenza consente, infatti, al giudice dell’esecuzione di modificare o integrare, su istanza di parte, il decreto, se non vi sia alcuna controversia in ordine all’identificazione del bene trasferito.
È comunque sempre possibile la revoca o la modifica del provvedimento, finché lo stesso non abbia avuto esecuzione, anche se è controverso se tale momento debba essere fatto coincidere con la trascrizione o addirittura solo con la successiva cancellazione della trascrizione del pignoramento e delle altre iscrizioni pregiudizievoli oggetto dell’ordine di cancellazione.
Resta fuori dalla sfera delle opposizioni esecutive la posizione del terzo che subisca l’esecuzione per consegna o rilascio sulla base di un decreto di trasferimento “viziato”. In tal caso, il rimedio a disposizione dell’interessato sarà l’opposizione all’esecuzione per rilascio, per far valere un diritto personale o altro diritto reale incompatibile con la pretesa esecutiva dell’aggiudicatario.
FOCUS
Per conferire stabilità agli atti della procedura esecutiva, il legislatore ha previsto un termine di “impugnazione” molto breve – venti giorni – decorsi i quali ciascun atto esecutivo compiuto non risulta più censurabile. Il termine decorre, con riferimento ad ogni soggetto potenzialmente interessato e legittimato all’opposizione ex art. 617 del codice di procedura civile, sempre dal momento della conoscenza legale dell’atto.
Nel caso dell’opposizione avverso il decreto di trasferimento, l’esigenza di stabilità è particolarmente avvertita dall’ordinamento, onde conferire certezza all’acquisto.
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