Si ringrazia per la segnalazione l’Avv. Luisa Maresca, del Foro di Milano
Il finanziamento verso la cessione di una quota dello stipendio o della pensione rientra fra quelle forme di finanziamento individuate dall’art. 2 co.2 lettera l) della direttiva 2008/48/CE, alle quali la direttiva non si applica.
La specialità del finanziamento rimborsabile mediante cessione del quinto della retribuzione o della pensione, la si trova direttamente dalla legge che lo disciplina, il DPR 180/50, nel quale è stato introdotto, ad opera dell’art. 31 co.1 del DLGS 169/12, l’art. 6 bis.
Detto tipo di finanziamento è rivolto solo ai consumatori che rispondono ai requisiti individuati dal DPR 180/50.
Ne consegue l’inapplicabilità, a tale tipologia di contratti, dei principi espressi dalla Corte di Giustizia UE con sentenza C-383/18 del 11/09/19 (“Lexitor”), decisione interpretativa dell’art, 16, paragrafo 1, dell’anzidetta Direttiva 2008/48/CE.
La richiesta di restituzione degli oneri di intermediazione ed assicurativi non può essere rivolta alla banca finanziatrice, allorquando il mutuatario abbia conferito incarico di intermediazione ed assicurativo a terzi, cui spettavano le commissioni ed i premi.
Questi i principi espressi dal Giudice di Pace di Roma, in persona del dott. Fabrizio Carlesimo, con sentenza n. 2340 del 27 febbraio 2024, con la quale è stata respinta la domanda promossa da una società – affermatasi procuratrice di una pluralità di consumatori – avente ad oggetto la riduzione del costo del credito ex art. 125 sexies TUB con riferimento a diversi contratti di finanziamento contro cessione del quinto dello stipendio/pensione, stipulati ed estinti con la Banca convenuta.
Presupposto della domanda attorea, l’applicazione dei noti principi “Lexitor”, di cui alla sentenza interpretativa della Corte di Giustizia UE (C-383/18 del 11 settembre 2019), tale per cui i consumatori avrebbero avuto diritto al rimborso di “tutti i costi” accessori afferenti ai rispettivi contratti di finanziamento estinti anticipatamente, senza distinzione in relazione alla loro natura ed in proporzione al periodo di ammortamento non maturato.
È noto il dibattito circa l’impatto del “caso-Lexitor” sul contenzioso nazionale afferente a contratti di finanziamento ai consumatori, arricchitosi negli ultimi anni di pronunce giurisprudenziali di merito, di legittimità e di costituzionalità, anche alla luce dei tanti interventi normativi che hanno interessato il settore, a testimonianza della centralità del tema, soprattutto per del comparto cessione del quinto, e del malcelato ‘imbarazzo’ del Legislatore nazionale, a fronte di una giurisprudenza europea che è sembrata, sin da subito, porsi in netto contrasto con la disciplina di recepimento, primaria e secondaria.
La pronuncia del giudice capitolino dà ampio spazio alla ricostruzione dell’evoluzione normativa e giurisprudenziale intercorsa, illustrando le tesi contrapposte e ponendo il focus su un aspetto che, da sempre, ha caratterizzato le difese degli intermediari, ma che sinora era rimasto sullo sfondo: la specialità dei rapporti di finanziamento contro cessione del quinto, che escluderebbe un’applicazione generalizzata dei principi “Lexitor”, ponendoli fuori dall’ambito di applicazione della Direttiva sul Credito al Consumo.
Accogliendo la tesi difensiva dell’Istituto convenuto, il Giudice di Pace ha, infatti, richiamato l’art. 2 co.2 lettera l) della direttiva 2008/48/CE, disposizione di apertura che esclude dall’ambito di applicabilità della stessa i:
«l) contratti di credito relativi a prestiti concessi a un pubblico ristretto in base a disposizioni di legge con finalità di interesse generale, che non prevedono il pagamento di interessi o prevedono tassi inferiori a quelli prevalenti sul mercato oppure ad altre condizioni più favorevoli per il consumatore rispetto a quelle prevalenti sul mercato e a tassi d’interesse non superiori a quelli prevalenti sul mercato».
Tali sono stati ritenuti i finanziamenti verso cessione del quinto, caratterizzati da una finalità sociale di contenimento dell’indebitamento del consumatore, stante la previsione di limiti di cedibilità degli emolumenti retributivi o pensionistici, e con particolare attenzione alle condizioni economiche, risultanti più competitive rispetto a tradizionali forme di finanziamento non garantite.
La specialità di tale tipologia di finanziamento si riflette, venendo all’ordinamento italiano, nelle previsioni di cui all’art. 6-bis, del D.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180 (introdotto dal D.Lgs. 19 settembre 2012, n. 169), norma posta alla base della decisione oggi in commento, che conferma la peculiarità dei finanziamenti in questione.
Il Giudice di Pace, come appena visto, ha rinvenuto nella direttiva stessa una disposizione che ne esclude espressamente l’applicabilità ad una simile forma di finanziamento.
Ma, a ben vedere, la specialità può condurre anche ad un’ulteriore riflessione.
Facendo leva sul richiamato art. 6-bis, del D.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, si può ritrovare un elemento di “frizione” dell’ordinamento nazionale con la stessa pronuncia della Corte Costituzionale n. 263/2022, sovente richiamata dai consumatori nelle proprie difese.
Proprio il comma 3 dell’art. 6-bis del D.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180 – norma tuttora in vigore – attribuisce alla Banca d’Italia il compito di definire, ai sensi del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, disposizioni per favorire la trasparenza e la correttezza dei comportamenti nonché l’efficienza nel processo di erogazione di finanziamenti verso la cessione di quote di stipendio o salario o di pensione, volte a: «[…] b) rendere la struttura delle commissioni trasparente, in modo da permettere al cliente di distinguere le componenti di costo dovute all’intermediario e quelle dovute a terzi, nonché gli oneri che devono essergli rimborsati in caso di estinzione anticipata del contratto».
Se ne deduce che il legislatore nazionale apertamente si prefigge lo scopo di assicurare al consumatore di poter “distinguere” gli oneri che devono essergli rimborsati in caso di estinzione anticipata, formulazione che evidentemente contrasta con l’interpretazione “Lexitor” della Direttiva europea, ove intesa nel senso di assicurare il rimborso di “tutti i costi”.
Tale elemento di frizione tra ordinamento comunitario e nazionale non è stato valorizzato dalla motivazione della nota sentenza della Corte Costituzionale, che pure ha ripercorso i temi della possibile interpretazione conforme del diritto nazionale alla Direttiva, ritenendo che solo la disciplina secondaria (orientamenti di vigilanza) ostasse alla piena applicazione dei principi “Lexitor”.
Tant’è vero che, dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 11-octies, comma 2, del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73 (come conv.), limitatamente alle parole «e le norme secondarie contenute nelle disposizioni di trasparenza e di vigilanza della Banca d’Italia», la Corte Costituzionale ha sostanzialmente ritenuto che «l’attrito con i vincoli imposti dall’adesione dell’Italia all’Unione europea» fosse derivante unicamente dall’anzidetta disciplina sub-primaria.
Presumendo che la disciplina primaria del citato art. 6-bis, comma 3 del D.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180 non sia stata ignorata dalla Corte, potrebbe anche ritenersi che il Giudice delle Leggi abbia inteso pronunziarsi, in generale, per i contratti di credito ai consumatori, lasciando fuori dall’ambito di operatività della Direttiva i contratti di cessione/delega del quinto dello stipendio, i quali sono soggetti a normativa speciale, che sembrerebbe impedire di poter interpretare il “vecchio” art. 125 sexies TUB nel senso fatto proprio dalla giurisprudenza comunitaria.
La sentenza del Giudice di Pace di Roma, qui in commento, rimette al centro il tema della specialità della cessione del quinto ed apre la strada all’approfondimento di un percorso argomentativo sinora poco valorizzato dalla giurisprudenza di merito, ma che impone una riflessione.
La decisione dimostra, altresì, che il dibattito sul caso “Lexitor” non è affatto sopito, nonostante gli interventi più recenti della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione.
Non a caso, nel ripercorrere le tesi contrapposte, il Giudice di Pace ha richiamato (pur non ponendovi il focus) il revirement della Corte di Giustizia in tema di mutui immobiliari ai consumatori (sentenza del 9 febbraio 2023; causa C-555/21, Unicredit Bank Austria), caso in cui i Giudici di Lussemburgo hanno riportato l’attenzione sulla tutela assicurata dal consumatore in termini di trasparenza nell’esposizione dei costi “up-front” e “recurring”, non nascondendo un certo “imbarazzo” nel dover ricercare un criterio discretivo tra due discipline (quella del credito immobiliare e quella del credito “mobiliare” ai consumatori) sostanzialmente identiche nei presupposti e nelle finalità di tutela, e trovandosi a dover “difendere” ex post una pronuncia (la “Lexitor”), che ha dato luogo ad una certa disarmonia di effetti sui vari contesti nazionali, con inevitabile impatto sulla concorrenzialità del mercato del credito.
Che il “caso” sia ancora aperto, poi, si evince dall’ennesimo intervento “riparatore” del Legislatore nazionale, con il quale, prima o poi, la giurisprudenza dovrà misurarsi apertamente.
Come noto, dapprima la Legge 10 agosto 2023, n. 103, poi il D.L. 10 agosto 2023, n. 104, art. 27, hanno nuovamente riformato l’articolo 11-octies, comma 2, del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2021, n. 106, prevedendo che ai contratti sottoscritti prima dell’entrata in vigore della legge di conversione del D.L. 25 maggio 2021 n. 71 (25 luglio 2021), continuano ad essere regolati dal “vecchio” art. 125 sexies TUB «[…] fatte salve le disposizioni del codice civile in materia di indebito oggettivo e di arricchimento senza causa».
A ben vedere, la Legge 103/2023, aggiungeva anche espressamente l’inciso per il quale «non sono comunque soggetti a riduzione le imposte e i costi sostenuti per la conclusione dei medesimi contratti», sostanzialmente riaffermando la piena legittimità della distinzione tra costi “up-front” e “recurring”, periodo che non si ritrova nel D.L. 104/2023, ponendo non pochi problemi di coordinamento tra due norme promulgate lo stesso giorno, senza abrogazioni espresse.
Su tale nuova disciplina non si registrano ancora interventi giurisprudenziali rilevanti, ma è indubbio che i giudici di merito dovranno, prima o poi, chiarire il senso della riforma, che non può restare “tamquam non esset”, a meno di ipotizzare che il Legislatore abbia inteso intervenire con normativa sostanzialmente ultronea e senza effetti.
Eppure, la salvezza dei principi in materia di “indebito” e di “ingiustificato arricchimento” non può intendersi richiamata a caso.
Senza dubbio, la riforma intende porre l’attenzione sulla titolarità degli obblighi restitutori ma, a ben vedere, qualche interprete intravede, nel richiamo all’ingiustificato arricchimento, l’intentio legis di limitare la ripetizione, da parte del cliente, di commissioni remunerative di attività e prestazioni istantanee, già integralmente eseguite, la cui restituzione genererebbe una indebita locupletazione da parte del mutuatario ed un correlativo depauperamento da parte della finanziatrice.
Non resta che attendere i prossimi approdi giurisprudenziali.
Per ulteriori approfondimenti, si rinvia alla consultazione dei seguenti contributi pubblicati in Rivista:
L’ESIGENZA DI UNIFORME INTERPRETAZIONE DEL DIRITTO DELL’UE IMPONE DI ATTRIBUIRE A DISPOSIZIONI ANALOGHE SIGNIFICATO ANALOGO
Sentenza | Tribunale di Varese, Giudice Valentina Leggio | 01.06.2023 | n.511
CASO LEXITOR: DOPO IL NUOVO INTERVENTO CGUE, ANCHE LA GIURISPRUDENZA NAZIONALE CI “RIPENSA”
I GIUDICI DI LUSSEMBURGO HANNO AVALLATO LA RESTITUZIONE DEI SOLI COSTI “RECURRING” PER IL CREDITO IMMOBILIARE. INAMMISSIBILE UN TRATTAMENTO DIFFERENZIATO PER GLI ALTRI CONTRATTI AI CONSUMATORI
Sentenza | Tribunale di Castrovillari, Giudice Gaetano Laviola | 10.03.2023 | n.332
LA SENTENZA “UNICREDIT BANK AUSTRIA” E I FANTASMI DELLA LEXITOR
SUI MUTUI IMMOBILIARI LA CORTE DI GIUSTIZIA UE CAMBIA IDEA E RIACCENDE I RIFLETTORI SUL “CASO”
Sentenza | Corte di Giustizia UE | 09.02.2023 | n.C-555/21
CASO LEXITOR: LA GIURISPRUDENZA NAZIONALE CONFERMA IL RIMBORSO DEI SOLI COSTI RECURRING
CIÒ A TUTELA DEL SOGGETTO MUTUANTE
Ordinanza | Tribunale di Crotone, Giudice Ilaria De Pasquale | 29.11.2023
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