In ipotesi di pagamento avvenuto nel corso del giudizio, non si verifica la cessazione della materia del contendere, che, presupponendo il venir meno delle ragioni di contrasto fra le parti, esclude la necessità della pronuncia del giudice, allorché l’obbligato non rinunci alla domanda diretta all’accertamento dell’inesistenza del debito.
Non può essere dichiarata cessata la materia del contendere ove il debitore – avendo dedotto di dover corrispondere alla controparte un importo inferiore rispetto a quello preteso – non rinunci alla richiesta avente ad oggetto l’accertamento del quantum dovuto, così come nel caso in cui conserva attualità l’interesse, da parte di chi ha pagato, ad ottenere l’esatta determinazione della somma dovuta, anche in vista di una futura ripetizione, in presenza di un’evenienza siffatta la lite tra le parti rimane in vita.
Questi i principi espressi dalla Corte di Cassazione civile, Pres. Ambrosio Rel. Falabella con la sentenza n. 11552 dell’11.05.2017.
Dei correntisti convenivano in giudizio una Banca al fine di ottenere la totale riforma della sentenza con la quale il Tribunale, precedentemente adito, aveva accolto il ricorso promosso dal suddetto istituto di credito avente ad oggetto l’intimazione al pagamento dello scoperto di conto corrente, e la revoca degli affidamenti concessi agli stessi correntisti.
In particolare, i correntisti, contro i quali aveva agito, in via di regresso il fideiussore, domandando la condanna dei fideiubenti al pagamento della somma escussa dalla Banca, chiedevano che l’importo oggetto della pretesa azionata fosse ridotto assumendo che il loro garante avesse pagato all’istituto creditizio una somma superiore al dovuto.
Il Giudice di prime cure, considerando che i correntisti avevano provveduto nelle more del giudizio al pagamento dell’intera somma pretesa dal fideiussore pronunciava sentenza con cui dichiarava la cessazione della materia del contendere, in merito alle domande proposte dal garante nei confronti dei garantiti, respingendo, altresì, le domande spiegate da questi ultimi nei confronti della Banca.
Avverso la pronuncia di primo grado promuovevano appello i correntisti, ottenendo, tuttavia, il rigetto del gravame.
Nel merito, la Corte d’Appello ha ritenuto che con l’integrale pagamento della somma oggetto della pretesa attorea da parte degli appellanti fossero venute meno le ragioni di contrasto tra le parti e, in conseguenza, l’interesse di queste a una pronuncia del giudice sul punto.
Contro la pronuncia del collegio, i correntisti ricorrevano in Cassazione, lamentando: a) l’omessa pronuncia sulla domanda di accertamento del credito vantato dalla Banca; b) difetto di motivazione delle ragione per le quali il pagamento delle somme richieste dal fideiussore equivale a rinuncia dell’azione di ripetizione dell’indebito nei confronti del fideiussore che ha adempiuto in favore della Banca; c) legittimità del fondamento argomentativo della decisione che aveva portato a disattendere la domanda subordinata, proposta nei confronti della Banca.
La Corte di Cassazione discostandosi tanto dalla pronuncia del Giudice di primo grado quanto da quella della Corte d’Appello, ha ritenuto che la cessazione della materia del contendere non potesse essere dichiarata, posto che gli istanti non avevano dismesso l’originaria richiesta di quantificazione della somma pretesa dal fideiussore – richiesta di cui i ricorrenti e la controricorrente avevano concordemente dato atto e riprodotta nelle conclusioni di appello – considerando, inoltre, che non avendo i debitori rinunciato alla richiesta in merito all’accertamento del quantum dovuto, la lite tra le parti rimane in vita, così come conserva attualità l’interesse, da parte di chi ha pagato, ad ottenere l’esatta determinazione della somma dovuta, anche in vista di una futura ripetizione.
Tanto premesso, la Cassazione ha chiarito che nel caso in cui il pagamento sia avvenuto nel corso del giudizio, non si verifica la cessazione della materia del contendere, che, presupponendo il venir meno delle ragioni di contrasto fra le parti, esclude la necessità della pronuncia del giudice, posto che l’obbligato non rinunci alla domanda diretta all’accertamento dell’inesistenza del debito.
Alla luce delle ragioni suesposte la Cassazione accoglieva il primo motivo, dichiarando assorbiti gli altri e cassava la sentenza impugnata, rinviando la causa al Giudice di seconde cure.
Per ulteriori approfondimenti in materia si rimanda al seguente contributo pubblicato in Rivista:
CESSAZIONE MATERIA DEL CONTENDERE: E RILEVABILE DI UFFICIO E NON E UNA ECCEZIONE IN SENSO PROPRIO
NEL RITO CONTENZIOSO ORDINARIO LA CESSAZIONE DELLA MATERIA DEL CONTENDERE E UNA FATTISPECIE CREATA DALLA PRASSI GIURISPRUDENZIALE E APPLICABILE IN OGNI FASE E GRADO DEL GIUDIZIO
Sentenza | Tribunale di Torino, sezione terza civile, dott. Edoardo Di Capua | 10.05.2013 | n.3165
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