In caso di cessione del credito effettuata non in funzione solutoria, ex art. 1198 c.c., ma esclusivamente a scopo di garanzia di una diversa obbligazione dello stesso cedente, il cessionario è legittimato ad agire sia nei confronti del debitore ceduto che nei confronti dell’originario debitore cedente senza essere gravato, in quest’ultimo caso, dall’onere di provare l’infruttuosa escussione del debitore ceduto.
Questo è il principio di diritto affermato con l’ordinanza n. 10092 dalla Corte di Cassazione, I sez. civ., Pres. De Chiara – Rel. Vella, pubblicata il 28 maggio 2020.
IL CASO
Il Tribunale di Forlì aveva rigettato l’opposizione allo stato passivo del Fallimento di una società, proposta da una Banca, avverso la decisione del giudice delegato di ammettere solo parzialmente il credito insinuato – derivante da contratto di anticipazione su fatture contro cessione di credito pro solvendo – in ragione della mancata dimostrazione della infruttuosa escussione dei debitori ceduti.
La Banca, con il ricorso per Cassazione, ha sostenuto la violazione o falsa applicazione degli articoli:
i) 1198, 1260, 1267 e 1362 del Codice civile, deducendo che i precedenti richiamati dal giudice a quo (Cass. 15677/2009 e 3469/2007) attengono all’istituto della cessione di credito in luogo dell’adempimento ex art. 1198 c.c. e che, a differenza della cessione solutoria – che si presume effettuata pro solvendo – in quella effettuata, come nel caso di specie, a scopo di garanzia, “il diritto trasferito assume le caratteristiche di provvisorietà e strumentalità”. Ciò sarebbe, difatti, desumibile anche dall’articolato contrattuale in essere fra le parti ed in particolare delle clausole nn. 2 e 4, che prevedono rispettivamente:
- “l’obbligo in capo al cliente di provvedere al rimborso di tutto quanto dovuto alla Banca in conseguenza delle anticipazioni accordate”;
- “fermo quanto stabilito dall’art. 2, qualora per qualsiasi motivo i crediti anticipati non fossero puntualmente ed integralmente pagati alla scadenza, il cliente sarà tenuto a rimborsare immediatamente, e a semplice richiesta della Banca, l’importo rimasto insoluto, restando in semplice facoltà della Banca medesima qualsiasi azione giudiziale o stragiudiziale nei confronti del debitore ceduto”;
ii) 4 del Decreto Ministeriale n. 55/2014, poiché il Tribunale ha liquidato, in favore della controparte, una somma a titolo di onorari comprensiva anche della “fase istruttoria”, che però non si è mai svolta.
Il ricorso è stato accolto.
LA DECISIONE
La vertenza in oggetto ruota attorno alla distinzione fra la cessione di credito di natura solutoria e la cessione di credito con funzione di garanzia atipica, propria del caso di specie.
Secondo gli Ermellini, il richiamo fatto dal Tribunale alla sentenza n. 3496/2007 della Cassazione non è corretto, in quanto tale pronuncia attiene ai principi propri della cessione di credito in luogo dell’adempimento, ex art. 1198 c.c., in base ai quali:
“i) tale tipo di cessione “non comporta l’immediata liberazione del debitore originario, la quale consegue solo alla realizzazione del credito ceduto, ma soltanto l’affiancamento al credito originario di quello ceduto, con la funzione di consentire al creditore di soddisfarsi mediante la realizzazione di quest’ultimo credito”;
ii) in questa situazione di “compresenza”, “il credito originario entra in fase di quiescenza, e rimane inesigibile per tutto il tempo in cui persiste la possibilità della fruttuosa escussione del debitore ceduto, in quanto solo quando il medesimo risulta insolvente il creditore può rivolgersi al debitore originario”;
iii) di conseguenza, “grava sul cessionario che agisce nei confronti del cedente dare la prova dell’esigibilità del credito e dell’insolvenza del debitore ceduto, che vi è, cioè, stata escussione infruttuosa di quest’ultimo, e che la mancata realizzazione del credito per totale o parziale insolvenza del debitore ceduto non è dipesa da sua negligenza nell’iniziare o proseguire le istanze contro il debitore ceduto, essendo egli tenuto ad un comportamento volto alla tutela del credito ceduto, anche mediante richiesta di provvedimenti cautelari e conservativi, non potendo considerarsi il medesimo non diligente solamente in caso di estinzione non satisfattiva del credito ceduto o di perdita dell’azione, ma anche in ipotesi di insolvenza del debitore ceduto”;
iv) inoltre, “finché non è esigibile il credito ceduto pro solvendo, tale non è nemmeno il credito originario, mentre quando quest’ultimo” (rectius il primo) “diviene esigibile, non per ciò stesso lo diviene anche il credito originario, atteso l’onere della preventiva escussione (da parte del cessionario) del debitore ceduto, stante il rinvio operato dall’art. 1198 c.c., comma 2”;
v) “ne consegue ulteriormente che, non essendovi estinzione del debito originario – con trasformazione novativa in obbligazione accessoria di garanzia del debito ceduto – ma rimanendo in vita entrambi i debiti, con impossibilità di chiedere al cedente l’adempimento del debito originario in difetto di previa infruttuosa escussione del debitore ceduto, solo da tale momento, in conformità con il principio posto all’art. 2935 c.c., inizia a decorrere la prescrizione relativa al debito ceduto” ”.
Non ha, pertanto, senso applicare alla fattispecie della cessione del credito con funzione di garanzia le due categorie della cessione pro soluto e pro solvendo, poiché la cessione non viene effettuata in luogo dell’adempimento, ossia come forma estintiva satisfattiva della prestazione originaria, ma solo allo scopo di rafforzare l’obbligazione originaria, quale, appunto, effetto tipico della funzione di garanzia.
Occorre, allora, secondo i Giudici di legittimità, recuperare quanto affermato in passato dalla stessa Corte (vedasi Cass. 4796/2001, 3797/1999): “la cessione del credito, avendo causa variabile, ben può avere anche funzione esclusiva di garanzia, comportando in tal caso il medesimo effetto, tipico della cessione ordinaria, immediatamente traslativo del diritto al cessionario, nel senso che il credito ceduto entra nel patrimonio del cessionario e diventa un credito proprio di quest’ultimo. Ne deriva che, nel caso di cessione effettuata esclusivamente a scopo di garanzia di una diversa obbligazione dello stesso cedente, il cessionario è legittimato ad azionare sia il credito originario sia quello che gli è stato ceduto in garanzia; ove, invece, si verifichi l’estinzione, totale o parziale, dell’obbligazione garantita, il credito ceduto a scopo di garanzia, nella stessa quantità, si ritrasferisce automaticamente nella sfera giuridica del cedente, con un meccanismo analogo a quello della condizione risolutiva, senza quindi che occorra, da parte del cessionario, un’attività negoziale diretta a tal fine”. In pratica, “è proprio la natura accessoria della garanzia a collocare la riscossione del debito ceduto su un piano “subordinato” o comunque diverso rispetto all’ipotesi della cessione solutoria rispetto alla riscossione del credito originario garantito”.
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