La Corte di Cassazione Penale, Sesta Sezione, con Sentenza n. 45914 del 14 Dicembre 2021, ha confermato la condanna inflitta ad un debitore per il reato di cui all’art. 388, primo comma codice penale.
Si contestava all’imputato, quale titolare di ditta individuale, di avere ceduto la predetta alla neocostituita società per sottrarsi agli obblighi nascenti dal decreto ingiuntivo divenuto esecutivo e dai conseguenti obblighi nascenti dal pignoramento mobiliare attivato dalla creditrice nei suoi confronti.
Ebbene, la Corte di Cassazione ha confermato la condanna, atteso che la Corte di appello territoriale aveva evidenziato in maniera congrua ed immune da vizi logici l’inganno – elemento costitutivo del reato – costituito dall’avere l’imputato, una volta ricevuta la notifica del decreto ingiuntivo e dei quattro precetti, chiesto dilazioni per potere rinvenire la somma di denaro richiesta e avere contemporaneamente venduto la società ad altra società che risultava amministrata dallo stesso.
Ora, trattasi di fattispecie non certo infrequente, sicchè è importante rilevare come il creditore – al ricorrere di determinate condizioni – possa ricorrere anche alla tutela offerta dal codice penale.
Sul punto, invero, deve rilevarsi come – in precedenza – Cassazione Penale, SS. UU., Sentenza n. 12213/2018 abbia fissato dei principi da tenere in considerazione, in questa materia.
Infatti, tale Sentenza a SS. UU. ha rammentato come la condotta sanzionata dall’art. 388, primo comma, cod. pen. sia quella di chi, per sottrarsi all’adempimento degli obblighi nascenti da un provvedimento dell’autorità giudiziaria o di cui sia in corso l’accertamento «compie, sui propri o sugli altrui beni, atti simulati o fraudolenti».
Non è sufficiente, atteso il tenore letterale della disposizione, al fine di colorare di illiceità penale la condotta de qua, che gli atti siano oggettivamente finalizzati a consentire al loro autore di sottrarsi agli adempimenti indicati, ma è necessario che gli stessi si caratterizzino altresì per la loro natura simulatoria o fraudolenta.
E’ in altri termini indispensabile, in tale chiave interpretativa, che l’atto si qualifichi per un quid pluris rispetto alla idoneità a rendere inefficaci gli obblighi nascenti dal provvedimento giudiziario, tanto più in quanto solo così potrebbe giungersi, in un’ottica improntata al principio di offensività, a differenziare una condotta solo civilmente illecita (e passibile, nel concorso degli ulteriori requisiti, di azione revocatoria) da una condotta connotata da disvalore penalmente rilevante.
Infatti, la dolosa preordinazione dì un intento fraudolento è richiesta, nell’azione revocatoria, unicamente in relazione ad atto dispositivo compiuto prima del sorgere del debito e non anche in relazione ad atto compiuto dopo, per il quale è sufficiente la generica consapevolezza di nuocere alle ragioni del creditore.
Nel caso posto all’attenzione delle SS. UU., per pervenire all’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto non sussiste, la Corte di legittimità osservò come la sentenza impugnata, senza confrontarsi con il dato della effettiva traslazione dei beni (non essendo stata contestata alcuna simulazione) e della regolare trascrizione con atto pubblico, appariva essersi limitata, sul punto, a richiamare, da un lato, il dato temporale della posteriorità di entrambi gli atti rispetto alla notifica dell’atto di precetto, in tal modo sembrando così avere valorizzato un elemento di prossimità cronologica (peraltro gli atti furono posti in essere sei mesi dopo la notifica dell’atto di precetto), e dall’altro a ritenere irrilevante la circostanza che l’imputato possedesse ulteriori beni immobili aggredibili.
Ma tale ultimo profilo, in realtà, appariva tutt’altro che indifferente in un’ottica di corretta esegesi della norma, non potendo l’accertamento della sussistenza del requisito di idoneità dell’atto, prescindere da una valutazione dell’intero patrimonio del contribuente da rapportare al debito insorto, ben suscettibile di essere ugualmente garantito.
Il rischio che la pretesa creditoria non trovi capienza nel patrimonio del debitore presuppone che la diminuzione causata dall’atto realizzato comporti una riduzione significativa delle garanzia, da valutare sia in relazione al credito sia in relazione al patrimonio del contribuente (Sez. 3, n. 13233 del 24/02/2016, Pass, Rv. 266771).
Dal canto suo, prosegue, in motivazione, la SS. UU. (e questo passaggio motivazionale va, ora, confrontato con il caso trattato nella sentenza in commento): “ … la sentenza di primo grado appare avere valorizzato una condotta (quella dell’avere l’imputato rassicurato le parti civili di volere pagare, successivamente però procedendo agli atti di dismissione), ritenuta tuttavia non idonea dalla Corte territoriale ad integrare il reato di truffa di cui al capo b) sul presupposto (logicamente valorizzabile anche con riguardo al reato di cui all’art.388 cod. pen.) che sarebbe mancata la prova certa che ***, fin dal momento dell’assunzione dell’impegno a non vendere i beni immobili e ad offrire la somma di un milione di euro per chiudere tutte le vertenze, intendesse porre in essere un raggiro per trarre in errore le controparti e procurarsi in tal modo un ingiusto profitto …”.
Interessante, altresì, è il passaggio motivazionale sopra ricordato e cioè:
Il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte di cui all’art. 11 d.lg. n. 74 del 2000 è reato di pericolo concreto, caratterizzato dal compimento di atti simulati o fraudolenti al fine di rendere in tutto od in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva. Il giudizio in merito alla condotta posta in essere dall’agente e volta alla sottrazione fraudolenta di beni deve necessariamente tenere conto della valutazione in riferimento all’idoneità del restante patrimonio del soggetto, ovvero, della capacità del patrimonio del contribuente, al netto degli atti dispositivi effettuati, di soddisfare comunque la pretesa tributaria.Cassazione penale, sez. III, 24/02/2016, n. 13233.
Balza agli occhi, quindi, la diversità tra la tutela penale e la tutela civile: invero, ai fini dell’azione revocatoria ex art. 2901 c. c.:
A fondamento dell’azione revocatoria ordinaria non è richiesta la totale compromissione dellaconsistenza patrimoniale del debitore, ma soltanto il compimento di un atto che renda più incerto o difficile il soddisfacimento del credito, che può consistere non solo in una variazione quantitativa del patrimonio del debitore, ma anche in una modificazione qualitativa di esso, come accade a fronte del denaro, derivante dalla compravendita. Cassazione civile, sez. I, 05/03/2019, n. 6384.
E, infine, interessante rilevare come, pure recentemente, Cassazione Penale, Terza Sezione, con Sentenza n. 46182 del 17-12-2021, in materia di bancarotta fraudolenta, abbia respinto la tesi del ricorrente secondo cui la cessione del ramo d’azienda non fosse distrattiva, ma al contrario garantista dei diritti dei creditori, vista la solidarietà che si crea tra cedente e cessionario: e ciò tenuto conto che tale tesi – al di là di una sua ipotetica valenza astratta – recedeva dinanzi alla considerazione di una pluralità di elementi gravemente indiziari di un’operazione fraudolenta.
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