In materia di cessione del credito a scopo di garanzia pro solvendo, grava sul cessionario che agisce nei confronti del cedente dare la prova dell’esigibilità del credito e dell’insolvenza del debitore ceduto, che vi è stata escussione infruttuosa di quest’ultimo, e che la mancata realizzazione del credito per totale o parziale insolvenza del debitore ceduto non è dipesa da sua negligenza nell’iniziare o proseguire le istanze contro il debitore ceduto.
È esclusa la risarcibilità del danno patito da colui che ha ceduto un credito in garanzia pro solvendo, a fronte del comportamento negligente e inerte del cessionario, se non prova che il credito, durante il periodo di inerzia, era effettivamente riscuotibile nel suo valore nominale come indicato nell’atto di cessione.
Il nesso causale tra l’inadempimento del cessionario del credito e il danno cagionato al cedente, deve essere provato dal danneggiato, non potendo configurarsi in re ipsa per il sol fatto dell’inadempimento.
Va esclusa l’estraneità del cedente alle vicende che riguardano il credito in tutte le ipotesi di cessione pro solvendo, nelle quali, a differenza della cessione del credito pro soluto (nella quale, effettivamente, quando il cedente si spoglia della titolarità del credito, lo stesso diviene estraneo alle vicende che successivamente interessano il credito) il cedente, nonostante abbia immediatamente trasferito la titolarità del credito al cessionario, non diviene affatto estraneo alle successive vicende del medesimo credito, continuando a rispondere della solvenza del debitore.
Questi sono i principi espressi dalla Corte di Cassazione, Sez. I, Pres. Tirelli – Rel. Fidanzia, con l’ordinanza n. 20623 del 19 luglio 2021.
È accaduto che un Istituto di credito aveva ingiunto una cospicua somma per uno scoperto di conto corrente ad una società la quale, al fine di estinguere il proprio debito, aveva in precedenza ceduto alla Banca un credito pro solvendo, a scopo di garanzia, dalla stessa posseduto verso diversa società.
Giunta la vicenda in Cassazione, veniva rinviata la decisione nel merito al giudice d’appello affinchè decidesse in ossequio al principio che in materia di cessione pro solvendo a scopo di garanzia, impone al cessionario del credito di provare di non aver tenuto una condotta negligente o inerte rispetto alla realizzazione del credito.
La Corte d’Appello ha accertato la responsabilità contrattuale della Banca, ma ha rigettato la domanda risarcitoria del cedente il credito, sul presupposto che lo stesso non aveva fornito la prova che durante il periodo di inerzia della Banca cessionaria, il credito era effettivamente riscuotibile nel valore nominale indicato nell’atto di cessione.
Esperito ricorso per Cassazione, gli Ermellini hanno confermato la statuizione del giudice di secondo grado in merito all’esclusione del riconoscimento del danno in favore del cedente, sulla base della circostanza che il ricorrente si era limitato ad allegare la mera esistenza del credito al momento della cessione ed avanzando contestazioni esclusivamente sul merito della causa, come tali, non trattabili in sede di legittimità.
Per tali ragioni la Corte ha rigettato il ricorso e ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese di lite.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
CESSIONE DEL CREDITO A GARANZIA: CESSIONARIO PUÒ ESCUTERE IL DEBITORE ORIGINARIO
GRAVA SU DI LUI L’ONERE DELLA PROVA IN CASO DI AZIONE CONTRO IL DEBITORE CEDUTO
Ordinanza | Corte di Cassazione, I sez. civ., Pres. De Chiara – Rel. Vella | 28.05.2020 | n.1009
E’ SUFFICIENTE CHE DELLA CESSIONE SIA DATA NOTIZIA IN GAZZETTA UFFICIALE
Sentenza | Tribunale di Milano, Giudice Guido Macripò | 13.06.2019 | n.5766
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