ISSN 2385-1376
Testo massima
La sanzione per violazione delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria può essere irrogata indifferentemente a carico della banca, dei sindaci e degli amministratori.
Rientra nella discrezionalità del Ministero dell’Economia e delle Finanze agire contro tutti i coobbligati o contro l’uno o l’altro di questi.
Lo ha stabilito la Corte di cassazione con sentenza n.4428 del 21 febbraio 2013, rigettando i ricorsi proposti da 41 DIPENDENTI DELLA BANCA in relazione alla vendita delle obbligazioni del gruppo Cirio nei confronti della clientela retail, per non aver fornito agli investitori informazioni adeguate sua natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica operazione.
La sentenza ha riconosciuto da un lato, che il pagamento delle sanzioni potesse essere ingiunto al solo responsabile civile e dall’altro che gli esponenti aziendali fossero legittimati all’impugnazione.
Il rapporto di solidarietà che lega l’intermediario ed i suoi esponenti aziendali è giustificato dalla precipua natura della materia in esame riguardante il settore finanziario – bancario.
Per i giudici, infatti: “In tema di sanzioni amministrative pecuniarie in materia di intermediazione immobiliare, destinatari del decreto di applicazione delle sanzioni, emesso dal ministero dell’Economia e delle Finanze su proposta della CONSOB, possono essere sia gli amministratori sia i sindaci e il direttore generale della società, che la società, solidalmente obbligata con gli autori delle violazioni, e rientra nella discrezionalità del ministero dell’Economia agire contro tutti i coobbligati o contro l’uno o l’altro di questi“.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 7322/2007 proposto da:
M.A. (OMISSIS), + ALTRI OMESSI
– RICORRENTI –
contro
MINISTERO ECONOMIA FINANZE;
– CONTRORICORRENTE –
e contro
CONSOB;
– INTIMATO –
sul ricorso 11585/2007 proposto da:
CONSOB;
– CONTRORICORRENTE RICORRENTE INCIDENTALE –
contro
M.A. (OMISSIS), + ALTRI OMESSI
– CONTRORICORRENTI AL RICORSO INCIDENTALE –
e contro
MIN ECONOMIA FINANZE;
– INTIMATO –
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 18/01/2006;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto notif. in data 2.11.07 A.L. ed ALTRI ESPONENTI AZIENDALI della BANCA (amministratori, sindaci e dirigenti) ricorrevano per cassazione avverso il decreto della Corte d’Appello di Torino depositato in data 18.1.2006, con il quale veniva rigettata l’opposizione D.Lgs. n.58 del 1998, ex art.195, da essi proposta avverso il decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze n. 19484 del 28.2.2005.
Con tale provvedimento era stata inflitta a n.41 esponenti aziendali della BANCA sanzioni amministrativi pecuniarie ingiungendone il pagamento alla sola banca in qualità di responsabile solidale, ai sensi del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 192, comma 9, per violazione – in relazione alla vicenda riguardante i cd. BOND CIRIO – delle seguenti disposizioni della ricordato D.Lgs. 24 seconda 1998, n. 58, (TUF) e del Regolamento CONSOB:
1) D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 21, comma 1, lett. D), “per non essersi l’intermediario dotato di procedure interne idonee ad assicurare l’efficiente, ordinata e corretta prestazione del servizio di negoziazione in conto proprio“;
2) D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 26, comma 1, e art. 56 Regolamento CONSOB n. 11522/1998 “per non avere l’intermediario acquisita una conoscenza degli strumenti finanziari adeguata al tipo di prestazione fornita, ossia alla negoziazione in conto proprio; il che ha reso immediatamente disponibili alla clientela emissioni delle caratteristiche peculiari, come quelle riguardanti le obbligazioni del gruppo Cirio”;
3) D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 28, comma 2, e del regolamento CONSOB “per avere l’intermediario effettuato operazioni nei confronti di clientela retail (= vendita al dettaglio) senza avere fornito agli investitori informazioni adeguate alla sua natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica operazione“;
4) Art. 29 Regolamento CONSOB “per essersi l’intermediario astenuto dall’effettuare operazioni non adeguate al profilo degli investitori“;
5) Art. 29 Regolamento CONSOB cit. “per avere l’intermediario venduto i titoli Cirio alla propria clientela retail senza specificare l’esistenza di situazioni di conflitto d’interessi derivanti da rapporti di finanziamento in essere con l’emittente i bond Cirio trattati, ovvero con società del gruppo di appartenenza dell’emittente”.
La Corte torinese in specie, rigettava la preliminare eccezione dalla CONSOB in ordine alla carenza di legittimazione attiva degli opponenti, che dunque riteneva legittimati a proporre l’opposizione pur non essendo destinatati del provvedimento sanzionatolo, diretto solo nei confronti della BANCA, quale obbligato solidale.
Riteneva poi che la contestazione della violazione era stata tempestivamente effettuata nel rispetto dei termine di cui alla L. n. 689 del 1981, art.14, che doveva ritenersi decorrere dalla data in cui l’accertamento poteva considerarsi completato.
Il giudice distrettuale inoltre non condivideva l’assunto secondo il quale l’art.56 del regolamento Consob violasse il principio di legalità , determinatezza e tipicità delle fattispecie sanzionatorie in ragione della genericità delle disposizioni in tema di procedure interne degli intermediari.
L’odierno ricorso per cassazione si fonda su TRE MEZZI; resistono con controricorso sia Ministero dell’Economia e delle Finanze che la CONSOB, che ha proposto ricorso incidentale circa la carenza di legittimazione attiva degli opponenti; in relazione a ciò gli attuali ricorrenti hanno replicato con controricorso.
Le parti hanno depositato memorie illustrative ex art.378 cpc.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente occorre procedere alla riunione dei ricorsi.
Sempre in via preliminare dev’essere dichiara estinta la sanzione nei confronti di A.L. per avvenuta morte dell’incolpato.
Ciò posto ritiene il Collegio opportuno procedere all’esame congiunto del ricorso incidentale della CONSOB con il PRIMO MOTIVO del ricorso principale, implicando entrambi la soluzione analoghe problematiche.
Secondo la CONSOB la statuizione della Corte distrettuale è inficiata da errore di diritto nel punto in cui ritiene che gli esponenti aziendali dell’intermediario bancario, pur non essendo destinatari dell’ingiunzione di pagamento, siano legittimati a proporre l’opposizione del ricorso D.Lgs. n.58 del 1998, ex art. 195.
Con il PRIMO MOTIVO del ricorso principale, gli esponenti denunciano la violazione e falsa applicazione dell’art. 195, comma 9 TUF in combinato disposto con la L. n. 689 del 1981, artt. 6 e 18.
Deducono che il decreto sanzionatorio riguarda la banca responsabile solidale e non i singoli esponenti aziendali, nei confronti dei quali non è diretta l’ingiunzione che ha natura dichiarativa e di semplice accertamento; ciò sarebbe in contrasto con la L. n.689 del 1981, art.18, secondo cui l’ingiunzione deve riguardare sia l’autore della violazione che le persone che vi sono obbligate solidalmente e comporterebbe la nullità del decreto sanzionatorio impugnato.
Ad avviso dei ricorrenti invero la persona giuridica non può essere validamente destinataria dell’ingiunzione di pagamento senza che lo siano anche e prima di tutto le persone fisiche alle quali sono imputate le violazioni e che in ogni caso, essendo la sanzione proposta dalla CONSOB di applicazione delle sanzioni agli esponenti aziendale, il Ministero non avrebbe potuto emettere il decreto- ingiunzione nei confronti del responsabile solidale; aggiungono poi che mancava un rapporto interorganico tale da riferire ex lege la condotta dell’esponente all’azienda e sottolineano la illogicità della sentenza che ha riconosciuto da un lato, che il pagamento delle sanzioni potesse essere ingiunto al solo responsabile civile e dall’altro che gli esponenti aziendali fossero legittimati all’impugnazione.
Ad avviso del collegio la doglianza di cui ricorso incidentale non è fondata, alla luce della giurisprudenza di questa S.C. a cui si aderisce.
Invero le S.U. innovando il precedente orientamento giurisprudenziale, si sono così espresse: “In tema di sanzioni amministrative per violazione delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, l’obbligatorietà dell’azione di regresso prevista dal D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 195, comma 9, nei confronti del responsabile, comporta, anche in ragione dell’efficacia che nel relativo giudizio è destinata a spiegare la sentenza emessa nei confronti della società o dell’ente cui appartiene, che, anche qualora l’ingiunzione di pagamento sia emessa soltanto nei confronti della persona giuridica, alla persona fisica autrice della violazione dev’essere riconosciuta un’autonoma legittimazione “ad opponendum“, che le consenta tanto di proporre separatamente opposizione quanto di spiegare intervento adesivo autonomo nel giudizio di opposizione instaurato dalla società o dall’ente, configurandosi in quest’ultimo caso un litisconsorzio facoltativo, e potendosi nel primo caso evitare un contrasto di giudicati mediante l’applicazione delle ordinarie regole in tema di connessione e riunione di procedimenti” (Cass. Sez. U, Sentenze n. 20929, 20930, 20931, 20932, 20933 e 20934 del 30/09/2009).
Le statuizioni delle S.U. sopra indicate consentono altresì di comprendere il particolare rapporto di solidarietà che lega l’intermediario ed i suoi esponenti aziendali giustificato dalla precipua natura della materia in esame riguardante il settore finanziario – bancario.
Ha rilevato in proposito questa S.C. che, “nel sistema introdotto dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, fondato sulla natura personale della responsabilità, autore dell’illecito amministrativo può essere soltanto la persona fisica che ha commesso il fatto; e non anche un’entità astratta, come società o enti in genere, la cui responsabilità solidale per gl’illeciti commessi dai loro legali rappresentanti o dipendenti è prevista esclusivamente in funzione di garanzia del pagamento della somma dovuta dall’autore della violazione, rispondendo anche alla finalità di sollecitare la vigilanza delle persone e degli enti chiamati a rispondere del fatto altrui. Il criterio d’imputazione di tale responsabilità è chiaramente individuato dalla L. n. 689 cit., art.6, il quale, richiedendo che l’illecito sia stato commesso dalla persona fisica nell’esercizio delle proprie funzioni o incombenze, stabilisce un criterio di collegamento che costituisce al tempo stesso il presupposto ed il limite della responsabilità dell’ente, nel senso che u tal fine si esige soltanto che la persona fisica si trovi con l’ente nel rapporto indicato, e non anche che essa abbia operato nell’interesse dell’ente” (Cass. n. 12264 del 25/05/2007).
L’emissione dell’ingiunzione peraltro potrebbe essere destinata anche alla sola banca.
La S.C. ha precisato che, “in tema di sanzioni amministrative pecuniarie in materia di intermediazione mobiliare, destinatari del decreto di applicazione delle sanzioni, emesso dal Ministero dell’Economia e Finanze su proposta della CONSOB, possono essere sia gli amministratori, i sindaci e il direttore generale della società, che la società, solidalmente obbligata con gli autori delle violazioni, e rientra nella discrezionalità del Ministero dell’Economia e delle Finanze agire contro tutti i coobbligati o contro l’uno o l’altro di questi” (Cass. sez. 2, n. 26944 del 15/12/2006).
Gli esponenti inoltre ritengono che la motivazione (“percorso argomentativo“) della sentenza in realtà sarebbe carente con riferimento all’insussistenza di un rapporto interorganico tra i ricorrenti e l’ente ; la doglianza oltre che generica è inammissibile in quanto ratione temporis il provvedimento in esame non era impugnabile per vizio di motivazione , ma solo ex art. 111 Cost..
Con il SECONDO MOTIVO i ricorrenti eccepiscono la violazione e falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 14; propongono la questione del mancato rispetto da parte della Consob del termine di decadenza di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 14, (contestazione dell’infrazione entro 90 gg dall’accertamento); sottolineano che la contestazione della violazione era stata effettuata con lettera 29.4.2004, quando il termine di 90 gg era scaduto. Infatti tale termine doveva decorrere dal 30 giugno del 2004, giorno in cui l’adunanza generale della Consob aveva deciso di procedere, per quanto atteneva ai servizi d’investimento – ad una valutazione delle “macroaree di possibile contestazione, con generale riferimento alle panche ispezionate”, i cui esiti avrebbero dovuto essere illustrati dettagliatamente in “singole sezioni” da inviare successivamente alla Commissione, ed era conseguentemente decorso alla data della proposta di sanzioni formulata il 29.4.2004; assumono che il giudice di merito avrebbe dovuto spiegare ” in termini oggettivi, valendosi di tutti i documenti prodotti dalle parti, e non solo di quelli della relazione” esaminata il 30.1.2004 ” se gli elementi fino ad allora raccolti in sede ispettiva giustificassero la configurabilità di comportamenti illeciti degli intermediari interessati“; aggiungono che la richiesta del 30.1.2004 d’informazioni alla Banca d’Italia non significava che la mancanza di tali informazioni escludesse una contestazione in base alla relazione del 12.1.2004.
Il motivo è inammissibile laddove lamenta un vizio di motivazione che non poteva essere fatto valere atteso che all’epoca della pronuncia del decreto della Corte territoriale lo stesso era ricorribile in cassazione solo ex art.111 Cost..
Inoltre è privo di autosufficienza laddove fa riferimento a documenti dei quali non riporta il tenore testuale.
La doglianza è inoltre infondata in quanto la sentenza ha correttamente applicato il principio espresso dalle S.U., secondo cui: “In materia di sanzioni amministrative previste per la violazione delle norme che disciplinano l’attività di intermediazione finanziaria, la distinzione tra gli organi della CONSOB, deputati, rispettivamente, alla constatazione ed alla valutazione dei fatti costituenti violazioni amministrative, è ininfluente ai fini della decorrenza del termine da rispettare per la contestazione degli illeciti, che va individuato nel giorno in cui la Commissione in composizione collegiale, dopo l’esaurimento dell’attività ispettiva e di quella istruttoria, è in grado di adottare le decisioni di sua competenza, senza che si possa tenere conto d’ingiustificati ritardi, derivanti da disfunzioni burocratiche o artificiose protrazioni nello svolgimento dei compiti assegnati ai suddetti organi“. (Cass. S. U. n. 5395 del 09/03/2007).
In effetti è vero che non si può tener conto d’ingiustificati ritardi, derivanti da disfunzioni burocratiche o artificiose protrazioni nello svolgimento dei compiti assegnati a tali organi, ma il decreto impugnato, con valutazione di fatto incensurabile in questa sede di legittimità, ha escluso l’esistenza di ritardi ingiustificati e chiarito che alla Banca d’Italia erano state richieste informazioni sulla sussistenza di finanziamenti dell’Istituto di credito al Gruppo Cirio e sul conseguente conflitto d’interessi nella collocazione dei bond alla propria clientela.
3 – Con il TERZO MOTIVO gli esponenti denunciano la violazione dell’art. 190, e art. 6, comma 2, lett. a), del TUF e dell’art. 56 Regolamento CONSOB (“Regolamento intermediari”).
I ricorrenti lamentano l’assoluta genericità delle disposizioni di cui alle predette disposizioni; nessuna disposizione legislativa o regolamentare detta una specifica disciplina circa le cautele ed i criteri direttivi per “l’operatività posta in essere su corporate bond”.
Il motivo è infondato.
L’art. 56 del regolamento Consob” definisce la nozione di procedura come insieme delle disposizioni interne e degli strumenti adottati per la prestazione dei servizi e stabilisce che dette disposizioni assicurino l’ordinata e corretta prestazione dei servizi, consentano di ricostruire le modalità, i tempi, e le caratteristiche dei comportamenti posti in essere nella prestazione dei servizi ed assicurino un adeguata vigilanza interna sulle attività svolte dal personale addetto e dai promotori finanziari; la violazione contestata in effetti attiene proprio a comportamenti di tale genere. A questo riguardo ha statuito questa S.C.: “
E’ manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 23 e 97 Cost., del D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, art. 144, (testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia), in relazione ai precedenti art. 51, e art. 53, comma 1, per violazione dell’obbligo di tipicità e determinatezza delle fattispecie soggette a sanzione amministrativa pecuniaria. Premesso, infatti, che, in tema di sanzioni amministrative, la L. 24 novembre 1981, n.689, art. 1, non contiene – a differenza di quanto avviene per gli illeciti penali, per i quali opera il principio di stretta legalità di cui all’art. 25 Cost., comma 2, – Una riserva di legge tale da escludere la possibilità di integrare il precetto sanzionatorio, avente base nella legge, mediante norme regolamentari delegate, confacenti al particolare ambito tecnico-specialistico cui si riferiscono, va rilevato che le norme sopra indicate non sono qualificabili come norme punitive “in bianco”, atteso che i poteri della Banca d’Italia di emanare istruzioni e disposizioni in tema di vigilanza informativa (art. 51) e di vigilanza regolamentare (art. 53) non sono lasciati ai mero arbitrio di detto organo di controllo, bensì sono esercitati in conformità a ben individuati principi e direttive (anche di livello Europeo), a strumenti normativi primari e secondari e ad altri criteri oggettivi, dettagliati e rigorosi, al fine di integrare, data la particolare tecnicità e la continua evoluzione della materia, le norme di base, determinandone la parte precettava mediante la specificazione del contenuto, già sufficientemente delineato nella legge” (Cass. n. 5743 del 23/03/2004; v. anche Cass. n. 17602 del 20/11/2003).
Conclusivamente devono essere rigettati entrambi i ricorsi.
Attesa la reciproca soccombenza si ritiene di compensare le spese processuali.
PQM
la Corte riunisce i ricorsi e li rigetta entrambi; dichiara estinta la sanzione nei confronti di A.L. per morte dell’incolpato; compensa le spese processuali.
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Numero Protocolo Interno : 97/2013