Procedimento patrocinato dallo Studio Legale Filesi
LA MASSIMA
L’esercizio del potere di riduzione della penale contrattuale ex art. 1384 c.c., è comunque subordinato all’assolvimento degli oneri di allegazione e prova, incombenti sulla parte che ne ha interesse.
Questo è il principio espresso dal Tribunale di Roma, Giudice Dott.ssa Daniela Gaetano nella sentenza n. 24022 del 23 dicembre 2016.
IL CASO
I coobbligati in solido, avverso decreto che ingiungeva il pagamento delle somme derivanti dalla applicazione della penale come disciplinata nel dettato contrattuale di riferimento, ne invocavano la revoca, assumendo la sussistenza della fattispecie portata all’esame, del cd. leasing traslativo e l’applicabilità dell’art. 1526 c.c.; la società di leasing opposta, si difendeva affermando che la penale applicata era stata espressamente pattuita con clausola contenuta all’interno delle condizioni generali del rapporto, intitolata Indennizzo a favore del concedente, specificamente approvata ai sensi degli art. 1341 e 1342 c.c.; esponeva in particolare il lessee di avere decurtato dal predetto indennizzo contrattuale, la somma pari all’imponibile di cui alla fattura di vendita del macchinario, nel frattempo incassata all’esito della ottenuta riconsegna del bene locato, a distanza di due anni dalla comminata risoluzione, previa preventiva perizia del bene, che ne aveva riscontrato il pessimo stato.
Orbene il Tribunale di Roma, preso atto, prima facie, della intervenuta risoluzione del rapporto, nella forma ed ai sensi dell’art. 1456 c.c., ha ricordato in primis i principi generali applicabili alla fattispecie in commento, giusta i quali:
“In tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento, ed eguale criterio di riparto dell’onere della prova deve ritenersi applicabile al caso in cui il debitore convenuto per l’adempimento, la risoluzione o il risarcimento del danno si avvalga dell’eccezione di inadempimento ex art. 1460 cod. civ. (risultando, in tal caso, invertiti i ruoli delle parti in lite, poiché il debitore eccipiente si limiterà ad allegare l’altrui inadempimento ed il creditore agente dovrà dimostrare il proprio adempimento, ovvero la non ancora intervenuta scadenza dell’obbligazione). Anche nel caso in cui sia dedotto non l’inadempimento dell’obbligazione, ma il suo inesatto adempimento, al creditore istante sarà sufficiente la mera allegazione dell’inesattezza dell’adempimento (per violazione di doveri accessori, come quello di informazione, ovvero per mancata osservanza dell’obbligo di diligenza, o per difformità quantitative o qualitative dei beni), gravando ancora una volta sul debitore l’onere di dimostrare l’avvenuto, esatto adempimento.” (Cass. Sezione 3, sentenza n. 3373 del 12.2.2010, in Archivio C.E.D. della Corte di Cassazione, Rv. 611587; conf. Cass. sentenze n. 13533/2001; 982/2002; 2647/2003; 2387/2004; 8615/2006; 26953/2008; 15677/2009).
Ancora il Tribunale di Roma ha quindi affermato che parte opposta aveva eseguito i conteggi dei canoni scaduti, con gli interessi di mora, in base alle pattuizioni contrattuali, oltre il conteggio dei canoni previsti fino al termine di durata del contratto, detratto il prezzo di vendita del macchinario, mentre gli opponenti avevano formulato una contestazione generica degli importi ingiunti, omettendo ogni allegazione in merito al dover corrispondere un importo di minore entità, considerata anche la perizia descrittiva ed estimativa del bene locato.
Le parti, ha proseguito il Tribunale in sentenza, avevano pattuito una deroga alla previsione dell’art. 1526, comma 1 c.c., dalla quale sorgeva nella ipotesi di risoluzione del contratto per inadempimento, l’obbligo per la società utilizzatrice di restituire immediatamente il bene locato, di pagare i canoni fino alla risoluzione, oltre al risarcimento dei danni.
Quanto alla clausola penale come convenuta inter partes, che determinava indi in via convenzionale anticipata la misura del risarcimento dovuto all’altra parte in caso di inadempimento, il Tribunale ne ha escluso la natura vessatoria (Cass. sent. n. 1168/2004, n. 20744/2004, n. 6558 del 2010), al pari delle clausole che prevedono la corresponsione di interessi di mora, delle quali non era stata provata l’applicazione in misura superiore alla misura pattuita, né l’inosservanza della legge n. 108 del 1996; ciò in considerazione della genericità della deduzione di parte opponente così come formulata, in difetto peraltro della produzione degli inerenti decreti ministeriali (Cass., sentenze n. 8742/2001 e n. 11706/2002).
In merito alla asserita da parte opponente natura traslativa del rapporto, osservando che il contratto di leasing avente ad oggetto un macchinario, bene suscettibile di rapida obsolescenza, ha natura di leasing di godimento e, ancorché pattuita la facoltà per la parte utilizzatrice di acquistare del bene ad un prezzo di opzione molto ridotto rispetto al valore iniziale del bene, l’esercizio del diritto era stato rimesso cinque anni dopo la conclusione del contratto, la cui durata era stata commisurata alla progressiva riduzione del valore di stima dello stesso macchinario concesso in godimento, il giudice ha rilevato che gli opponenti non avevano allegato o dimostrato circostanze concrete, tali da comportare la riduzione degli importi pagati, avuto riguardo all’ammontare dei canoni corrisposti e al prezzo di vendita del bene concesso in locazione, restituito alla società concedente in esito a un procedimento di esecuzione forzata per consegna.
Infine il Tribunale romano ha rilevato che: “ In tema di clausola penale, il potere di riduzione ad equità, attribuito al giudice dall’art. 1384 c.c. a tutela dell’interesse generale dell’ordinamento, può essere esercitato d’ufficio, ma l’esercizio di tale potere è subordinato all’assolvimento degli oneri di allegazione e prova, incombenti sulla parte, circa le circostanze rilevanti per la valutazione dell’eccessività della penale, che deve risultare ex actis, ossia dal materiale probatorio legittimamente acquisito al processo, senza che il giudice possa ricercarlo d’ufficio (nella specie la suprema corte ha cassato con rinvio la sentenza impugnata, avendo la corte territoriale escluso di poter esercitare il potere di riduzione della penale in mancanza di una istanza in tal senso del ricorrente).” (Cass., Sez. 3 civ., sentenza n. 8071 del 28.3.2008, ivi, Rv. 602378; cfr. Cass., sentenze n. 23273/2010, n. 21297/2011, n. 7180/2012, n.17731/2015).
IL COMMENTO
Se è vero che in caso di riduzione giudiziale della penale convenzionalmente stabilita dalle parti, il giudice deve esplicitare le ragioni che lo hanno indotto a ritenerne eccessivo l’importo come originariamente determinato, soprattutto con riferimento alla valutazione dell’interesse del creditore all’adempimento alla data di stipulazione del contratto e tenendo conto dell’effettiva incidenza dell’adempimento sullo squilibrio delle prestazioni e sulla concreta situazione contrattuale ( a prescindere cioè da una rigida ed esclusiva correlazione con l’effettiva entità del danno subito), è altresì vero che l’esercizio del potere di riduzione è comunque subordinato all’assolvimento degli oneri di allegazione e prova, incombenti sulla parte che ne ha interesse.
Orbene nella sentenza in commento il Tribunale di Roma, pur nel richiamo e nel rispetto ai principi come derivanti dalla consolidata giurisprudenza della Suprema Corte sul punto, tali da consentire la affermazione, del tutto condivisibile, che l’apprezzamento del giudice del merito concernente l’eccessività dell’importo fissato con la clausola penale dalle parti contraenti, nonché la misura della riduzione equitativa dell’importo medesimo, si sottrae al sindacato di legittimità se correttamente fondato, ha ricordato la pari necessità di assolvimento degli oneri di allegazione e prova incombenti sulla parte, circa le circostanze rilevanti per la valutazione della eccessività della penale, che devono indi risultare dal materiale probatorio legittimamente acquisito al processo, senza che il giudice possa ricercarlo d’ufficio.
Di più e sempre nella fattispecie in commento, il Tribunale di Roma ha ben rilevato, che il lessor aveva comunque decurtato dal preteso indennizzo contrattuale, la somma pari all’imponibile di cui alla fattura di vendita dei beni strumentali, concessi in godimento al lessee.
In buona sostanza, al di là dei limiti probatori come eccepiti da esso giudice nei confronti degli opponenti, cogliendo un ulteriore rilevante aspetto nel caso portato all’esame, rappresentato dalla evidente indagine compiuta sulla previsione o meno, da parte dei contraenti, di una riduzione della penale in caso di adempimento di una parte dell’obbligazione; il Tribunale ha rilevato che l’ ipotesi, in fatti ed in astratto, di mancata previsione, si traduce comunque in una eccessività della penale, se rapportata alla sola parte rimasta inadempiuta.
Dunque emerge, anche con il richiamo ai principi come derivanti dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 18128 dell’anno 2005, (che proprio sul tema della mancata previsione da parte dei contraenti di una riduzione della penale, in caso di inadempimento di parte delle obbligazioni convenute in contratto, statuì in merito alla eccessività e comunque della penale), il corretto iter logico –giuridico compiuto dal Tribunale di Roma, che svolta comunque la debita indagine sul regolamento di interessi ed eccepito il mancato assolvimento degli oneri probatori in capo agli attori, ha rigettato integralmente l’opposizione, con la conferma indi integrale del decreto ingiuntivo.
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