ISSN 2385-1376
Testo massima
La commissione di massimo scoperto, per essere valida, deve rivestire i requisiti della determinatezza o determinabilità dell’onere aggiuntivo che viene ad imporsi al cliente, e ciò accade quando sono previsti sia il tasso della commissione, sia i criteri di calcolo, sia la sua periodicità.
Nel caso di specie, un cliente sulla premessa di avere intrattenuto, sin dal luglio del 2008, un rapporto di conto corrente con una banca citava la stessa in giudizio deducendo che l’istituto di credito avrebbe determinato i tassi di interesse debitori mediante la clausola di rinvio agli usi su piazza e capitalizzato detti interessi in violazione del divieto di anatocismo; applicato commissioni di massimo scoperto mai pattuite; antergato le valute a debito del correntista; postergato quelle a credito di esso, in assenza di qualunque previsione negoziale; domandato tassi di interesse passivi superiori al limite di legge. Sulla scorta di tali deduzioni il cliente domandava di accertare la parziale nullità del citato contratto di c/c, determinare l’esatto rapporto di dare avere tra le parti e condannare la convenuta banca a restituire tutte le somme da essa indebitamente riscosse.
Il Tribunale ha disatteso tutte le doglianze sollevate dal cliente e condannato lo stesso al pagamento delle spese di lite.
La pronuncia in commento è particolarmente interessante poiché affronta in maniera analitica l’istituto della c.d. commissione di massimo scoperto al fine di accertarne l’eventuale nullità.
Prima delle modifiche normative del 2009 (art. 2 bis DL n. 185/2008 conv. in L. n. 2/2009 e DL n. 78/2009 conv. in L. n. 102/2009) e del 2012 (DL n. 201/2011 conv. in L. n. 214/2011, DL n. 1/2012 conv. in L. n. 27/2012, DL n. 29/2012 conv. in L. n. 62/2012), tale ampia e generica espressione è stata impiegata per individuare fattispecie anche molto diverse tra di loro.
Infatti, essa veniva riferita al pagamento di una somma percentuale calcolata sul fido accordato e non utilizzato (commissione di mancato utilizzo), al pagamento di una somma percentuale sull’ammontare massimo del fido utilizzato (commissione massimo scoperto), alla combinazione di entrambi i modelli.
Il Giudice partenopeo, respinta la tesi invero minoritaria in giurisprudenza della nullità radicale della cms in ragione della mancanza di causa ha invece propeso per la teorica legittimità della clausola ritenendo, concordemente al disposto dell’art. 117 TUB, che la clausola stessa, per essere valida, debba rivestire i requisiti della determinatezza o determinabilità dell’onere aggiuntivo che viene ad imporsi al cliente, chiarendo che ciò accade quando siano previsti sia il tasso della commissione, sia i criteri di calcolo, sia la periodicità di tale calcolo (Tribunale Monza 22/11/2011, Tribunale Piacenza 12/4/2011 n. 309, Tribunale Novara 16/7/2010 n. 774, Tribunale di Parma 23/3/2010, Tribunale Teramo 18/1/2010 n. 84, Tribunale Busto Arsizio 9/12/2009, Tribunale Biella 23/7/2009, Tribunale Genova 18/10/2006, Tribunale Monza 14/10/2008 n. 2755, Tribunale Cassino 10/6/2008 n. 402, Tribunale Vibo Valentia 28/9/2005, Tribunale Torino 23/7/2003, App. Roma 13/9/2001, App. Lecce 27/6/2000).
In assenza, infatti, di una specifica individuazione di tutti gli elementi che concorrono alla determinazione della commissione, in relazione alla stessa sostiene il Tribunale non potrebbe “nemmeno ravvisarsi un vero e proprio accordo delle parti“.
Ciò posto, il Giudice napoletano ha ritenuto sufficientemente determinata e, quindi, priva di vizi la clausola pattizia disciplinante la c.d. commissione di massimo scoperto, dal momento che essa, nel caso di specie, indicava la misura del tasso (pari all’1,10%), la periodicità di conteggio (che, essendo riferita ad ogni liquidazione del conto, doveva intendersi trimestrale), la base di calcolo (che, come emergeva dalla lettura del documento di sintesi prodotto in giudizio dalla banca, corrispondeva all’ammontare del fido accordato al correntista).
In conclusione, il Tribunale in accoglimento della domanda riconvenzionale spiegata dalla banca lo ha condannato al pagamento in favore dell’istituto di credito di euro 11.668,08 costituente il saldo contabile negativo del conto corrente alla data della sua estinzione; inoltre, ha condannato il cliente alla refusione delle spese di lite liquidate in euro 5.560.25.
Per approfondimenti sul tema, si veda:
LA CLAUSOLA PATTIZIA DEVE INDICARE LA MISURA DEL TASSO, LA PERIODICITÀ DEL CONTEGGIO E LA BASE DI CALCOLO
Sentenza | Tribunale di Napoli, dott. Massimiliano Sacchi | 15-10-2014 | Autore: Dott. Giacomo Romano
Sui rapporti tra CMS e normativa antiusura si consulti:
LA NUOVA MODALITÀ DI RILEVAZIONE, INCLUSIVA DELLA CMS, RATIFICA TRANSITORIAMENTE LE ISTRUZIONI DI BANKITALIA PREVIGENTI
Sentenza | Tribunale di Treviso, dott. Bruno Casciarri | 27-10-2014 | Autore: Avv. Antonio De Simone
Testo del provvedimento
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