In materia di applicazione del codice antiriciclaggio, l’art. 69 d.lgs. 231/2007 prevede «che la legge vigente all’epoca della violazione si applica alle violazioni commesse prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo n. 90/2017 solo se più favorevole (il che equivale a dire che per tali violazioni deve invece applicarsi la disciplina dettata dal decreto legislativo n. 90/2017)» senza operare alcuna distinzione, nell’ambito delle violazioni commesse prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo n. 90/2017, tra quelle antecedenti e quelle successive all’entrata in vigore del d.lgs. 231/2007.
L’art. 69 impone un giudizio comparativo tra la disciplina sanzionatoria del 2007 e quella del 2017 perché venga applicata quella più favorevole. Tale comparazione deve «fondarsi sull’individuazione in concreto del regime complessivamente più favorevole per la persona, avuto riguardo a tutte le caratteristiche del caso specifico».
Questo è il principio espresso dalla Corte di Appello di Roma, Pres. Zannella – Rel. Delle Donne, con la sentenza n. 6325 del 4 ottobre 2023.
Il caso di specie originava dalla opposizione proposta dalla banca avverso il decreto emesso dal Ministero dell’Economia e delle Finanze con il quale era ingiunto alla ricorrente di pagare entro 30 giorni dalla notifica del decreto, la somma di euro 295.020,00 comprese le spese quantificate in euro 20,00, per non avere segnalato tempestivamente all’unità di Informazione Finanziaria della Banca d’Italia, in violazione dell’art.41 del dlgs 231/2007, le operazioni finanziarie sospette transitate sui conti correnti intestati a una società nel periodo tra il 05.12.2008 e il 09.12.2008 per un importo complessivo di euro 2.950.000,00.
Il tribunale, espletata l’istruttoria necessaria ha, in parziale accoglimento delle opposizioni, annullato il decreto opposto; ha rideterminato la sanzione con esso irrogata ad Euro 75.000,00; ha compensato le spese del giudizio integralmente tra le parti.
L’appello è stato articolato dal Ministero in unico motivo con il quale l’appellante ha lamentato l’erroneità della sentenza, allegando la non applicabilità del nuovo art. 69 del D.Lgs. n. 231/07 al caso in esame, in quanto il relativo procedimento sanzionatorio si era concluso con l’emissione del decreto prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 90/17 (prima quindi del 4.7.17).
L’appello è stato ritenuto infondato, in quanto il Collegio ha rilevato come l’art. 69 imponesse un giudizio comparativo tra la disciplina sanzionatoria del 2007 e quella del 2017 ai fini dell’applicazione di quella più favorevole. Ebbene, tale comparazione doveva «fondarsi sull’individuazione in concreto del regime complessivamente più favorevole per la persona, avuto riguardo a tutte le caratteristiche del caso specifico», che è stato correttamente individuato dal Tribunale nella disciplina sopravvenuta.
Pertanto, l’appello è stato rigettato, con condanna dell’appellante alla rifusione delle spese di lite.
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