ISSN 2385-1376
Testo massima
Il codice deontologico forense non ha carattere normativo, ma è costituito da un insieme di regole che gli organi di governo degli avvocati si sono date per attuare i valori caratterizzanti la professione e garantire la libertà, la sicurezza e l’inviolabilità della difesa, con la conseguenza che la violazione di detto codice rileva in sede giurisdizionale, solo in quanto si colleghi all’incompetenza, l’eccesso di potere o la violazione di legge, cioè ad una delle ragioni per le quali il R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, art. 56, comma 3, convertito con modificazioni nella L. 22 gennaio 1934, n. 36, consente il ricorso alle sezioni unite della Cassazione, che è possibile esclusivamente in caso di uso del potere disciplinare dagli ordini professionali per fini diversi da quelli per cui la legge lo riconosce.
Questo il principio affermato dalla Corte di Cassazione, Sezione Terza, Pres. Berruti Rel. Armano, con la sentenza n. 19246 del 29.09.2015.
Nel caso di specie, un avvocato conveniva in giudizio innanzi al Tribunale alcuni colleghi, uno dei quali presidente dell’Ordine degli Avvocati di appartenenza, al fine di ottenere il risarcimento dei danni patiti a causa di due procedimenti disciplinari promossi dal medesimo Ordine a proprio carico, uno dei quali seguito dalla sanzione della censura. A fondamento della propria domanda, parte istante evidenziava che il primo procedimento disciplinare era stato travolto da pronuncia della Cassazione, mentre il secondo si era poi concluso con la revoca della delibera da parte del medesimo Ordine.
La domanda risarcitoria veniva rigettata sia dal Tribunale che dalla Corte di Appello. Quest’ultima, in particolare, aveva inquadrato la fattispecie nell’ambito di quella contemplata dall’art. 2043 c.c., senza ravvisare alcun fatto illecito generatore di responsabilità, “non potendo esser tale l’aver concorso all’apertura di un procedimento disciplinare, in quanto dalla legge professionale vigente all’epoca si ricava che tale procedimento non era altro che il mezzo attraverso il quale il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati accerta se il soggetto incolpato abbia posto in essere comportamenti contrari alla dignità ed al decoro professionale“. In sostanza, l’esercizio dell’azione professionale era stato giudicato non solo lecito e legittimo, ma anche doveroso, in quanto necessario al fine di consentire l’instaurazione del contraddittorio e la corretta esplicazione del diritto alla difesa da parte dell’incolpato.
Avverso la sentenza di appello, veniva proposto ricorso per cassazione.
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso e condannato il ricorrente alla rifusione delle spese lite.
Il Giudice di legittimità, riportandosi ad una pregressa pronuncia delle Sezioni Unite (n. 15873/2013), ha escluso che il codice deontologico forense possa essere assurto a rango normativo, accertando dunque l’inammissibilità di qualsivoglia censura di violazione di legge avverso le decisioni del Consiglio nazionale forense in materia disciplinare, che si risolva nella prospettazione di un asserito contrasto di dette decisioni con le norme deontologiche.
In conclusione, la Corte di Cassazione ha precisato che i Giudici di merito avevano correttamente qualificato e regolato la fattispecie, ritenendo che l’esercizio dell’azione da parte degli ordini professionali non fosse altro che il mezzo per esercitare il controllo loro demandato allo scopo di verificare che la condotta dell’incolpato non fosse effettivamente lesiva della dignità e del decoro professionale.
Testo del provvedimento
SEGNALA UN PROVVEDIMENTO
COME TRASMETTERE UN PROVVEDIMENTONEWSLETTER - ISCRIZIONE GRATUITA ALLA MAILING LIST
ISCRIVITI ALLA MAILING LIST© Riproduzione riservata
NOTE OBBLIGATORIE per la citazione o riproduzione degli articoli e dei documenti pubblicati in Ex Parte Creditoris.
È consentito il solo link dal proprio sito alla pagina della rivista che contiene l'articolo di interesse.
È vietato che l'intero articolo, se non in sua parte (non superiore al decimo), sia copiato in altro sito; anche in caso di pubblicazione di un estratto parziale è sempre obbligatoria l'indicazione della fonte e l'inserimento di un link diretto alla pagina della rivista che contiene l'articolo.
Per la citazione in Libri, Riviste, Tesi di laurea, e ogni diversa pubblicazione, online o cartacea, di articoli (o estratti di articoli) pubblicati in questa rivista è obbligatoria l'indicazione della fonte, nel modo che segue:
Autore, Titolo, in Ex Parte Creditoris - www.expartecreditoris.it - ISSN: 2385-1376, anno
Numero Protocolo Interno : 506/2015