Nel conto corrente bancario intestato a due o più persone, i rapporti interni tra correntisti non sono regolati dall’art. 1854 c.c., riguardante i rapporti con la banca, bensì dall’art. 1298, comma 2, c.c. in base al quale debito e credito solidale si dividono in quote uguali, solo se non risulti diversamente; sicché, non solo si deve escludere, ove il saldo attivo derivi dal versamento di somme di pertinenza di uno solo dei correntisti, che l’altro possa, nel rapporto interno, avanzare pretese su tale saldo ma, ove anche non si ritenga superata la detta presunzione di parità delle parti, va altresì escluso che, nei rapporti interni, ciascun cointestatario, anche se avente facoltà di compiere operazioni disgiuntamente, possa disporre in proprio favore, senza il consenso espresso o tacito dell’altro, della somma depositata in misura eccedente la quota parte di sua spettanza, e ciò in relazione sia al saldo finale del conto, sia all’intero svolgimento del rapporto.
Questo il principio di diritto espresso dalla Corte di Cassazione civile, sez. lavoro, Pres. Negri Della Torre, Rel. De Gregorio, con l’ordinanza n. 15966 del 27 luglio 2020.
Sono diversi gli spunti forniti dagli Ermellini, nel regolare una controversia che ha visto come parti contrapposte una badante e gli eredi dell’uomo di cui la donna si prendeva cura. La donna era stata condannata in primo grado a restituire la somma di 14.428,91 euro nella misura di 1/5 ciascuno. Importo compensabile con il Tfr dovuto alla lavoratrice, che ha comportato quindi a carico degli opponenti l’obbligo di versarle la somma di 618,55 euro per la parte di Tfr non rientrante nella compensazione. In sede di appello, però, è emerso infatti che il de cuius aveva versato su un conto estero più di 49.000 euro, da cui la badante aveva prelevato 24.000 euro, essendo cointestato ai due soggetti. I versamenti riportavano come causale “contratto di lavoro” e “aiuto economico“, ragion per la badante non era legittimata a trattenere i suddetti importi. In relazione alla dicitura “contratto di lavoro” la donna ha infatti ammesso di aver sempre ricevuto i pagamenti regolarmente, tranne il Tfr. Il datore quindi non aveva debiti nei suoi confronti. Per cui la Corte d’Appello aveva rigettato l’impugnazione della badante.
La donna, nell’impugnare la decisione del giudice di seconde cure, solleva ben sette motivi di ricorso, tra i quali assumono particolare rilievo il quarto e il sesto, accolti dalla Suprema Corte. Nel quarto sostiene che i giudici hanno erroneamente e senza adeguata motivazione escluso la contitolarità del conto corrente, che l’avrebbe legittimata al prelievo dei 24 mila euro, corrispondenti a poco meno della metà di quanto era presente sullo stesso.
Con il sesto invece fa presente di aver prodotto un documento, mai contestato dalle controparti, relativo a un conto accesso dal de cuius e da cui si evince in sostanza che il bonifico di 10.000 euro non sia mai pervenuto nella sua materiale disponibilità.
In relazione al quarto motivo del ricorso gli Ermellini rilevano che la badante in sede d’appello “aveva reiterato la presunzione di proprietà in parti uguali ex art. 1101 e 1298 c.c delle somme cointestate relativamente al conto acceso presso la banca (…) per poi assumere solo ed esplicitamente, per mera ipotesi, in ogni caso, la natura di donazione indiretta della cointestazione con riferimento alle somme che avrebbero dovuto risultare provate essere versate dal solo” de cuius, fatti in relazione ai quali aveva lamentato quindi la violazione delle norme sul giusto processo, “un’utilizzazione a contrario delle presunzioni di legge contro il dettato normativo”, che hanno condotto a una sentenza irrispettosa del principio del contraddittorio e della parità delle parti nel processo.
Per quanto riguarda il sesto motivo invece, con cui la ricorrente ha denunciato l’omessa pronuncia della Corte sull’estratto scalare del conto accesso e intestato al de cuius, da cui si evince “la restituzione da parte della ordinante banca estera, dell’importo di 10.000” la Corte rileva come in effetti parte avversaria non abbia mai contestato il documento e quindi il fatto che, come si deduce dallo stesso, tale somma non sia mai entrata nella materiale disponibilità della donna.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
CONTO CORRENTE COINTESTATO: LA DELEGA AL CONIUGE SENZA CONSENSO NON COMPORTA RESPONSABILITÀ PER LA BANCA
IL RIEMPIMENTO IN PIÙ TEMPI DEL MODULO DI DELEGA NON COMPORTA, IPSO FACTO, L’ESISTENZA DI IRREGOLARITÀ DESTINATE A RILEVARE QUALE CAUSA DI INVALIDITÀ
Sentenza | Corte di Cassazione, sez. III civ., Pres. Uliano – Rel. Moscarini | 21.11.2019 | n.30313
CONTO CORRENTE COINTESTATO: PER LA DIVISIONE, IL CONIUGE NON PUÒ INVOCARE IL REGIME DI COMUNIONE LEGALE
NON SI PUÒ FAR SEMPLICEMENTE RIFERIMENTO ALLA TITOLARITÀ ORIGINARIA DELLE SOMME UTILIZZATE PER L’ACQUISTO DEI TITOLI
Ordinanza | Corte di Cassazione, sez. VI. civ., Pres. Lombardo – Rel. Tedesco | 24.10.2019 | n.27259
CONTO CORRENTE: LA COINTESTAZIONE NON COMPORTA LA CESSIONE DEL CREDITO
PER DIVENTARE CONTITOLARE SOSTANZIALE OCCORRE UNA CESSIONE O UNA DONAZIONE
Ordinanza | Corte di Cassazione, Sez. Terza, Pres. Armano –Rel. Gianniti | 03.09.2019 | n.21963
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