ISSN 2385-1376
Testo massima
E’ nullo per mancanza dell’oggetto, che dovrebbe essere costituito dal complesso dei beni aziendali materiali ed immateriali, il preliminare di vendita del ramo di azienda il cui oggetto sia costituito dal solo avviamento, non autonomamente cedibile. Né l’esistenza dell’oggetto del contratto predetto può ricavarsi dalla interazione degli effetti dei contratti contestuali collegati qualora (come nella specie) alcuni di questi siano nulli; al contrario opinando il collegamento negoziale finirebbe per essere un mezzo finalizzato ad eludere la nullità del singolo contratto collegato. Il collegamento negoziale, pertanto, non è idoneo a consentire di ritenere esistente l’oggetto costituito dal trasferimento del ramo di azienda i cui beni, materiali ed immateriali, siano già stati ceduti.
Questo il principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione, Terza Sezione Civile, con la sentenza n. 21417 del 10 ottobre 2014 in materia di collegamento negoziale e nullità del singolo contratto.
La Corte di Cassazione torna ad occuparsi della figura del collegamento negoziale, sancendo l’impossibilità di ovviare alla nullità di uno dei contratti collegati per mancanza dell’oggetto, ricavando l’oggetto medesimo dalla interazione tra i contratti stessi.
Nel caso risolto dalla sentenza in commento ci si trovava in presenza di tre contratti contestuali e fra loro collegati: a) un contratto di fitto di ramo di azienda, così effettivamente qualificabile, avente ad oggetto beni materiali ed immateriali (art. 2555 c.c.) e con espressa esclusione dell’immobile aziendale, con durata di un anno; b) un contratto preliminare di cessione di ramo d’azienda, avente invece ad oggetto esclusivamente l’avviamento e le licenze amministrative e con previsione del termine per la stipula del definitivo corrispondente alla scadenza del contratto di cui alla lettera a che precede (con possibilità alternativa per la parte adempiente di chiederne l’esecuzione o la risoluzione per inadempimento, con penale doppia rispetto alla caparra); c) un contratto di vendita dell’attrezzatura aziendale (costituita da merce in giacenza e da un autocarro), “atomisticamente” considerata. In aggiunta ai tre contratti anzidetti, cedente e cessionario stipularono un patto di non concorrenza con effetti del tutto analoghi a quelli di cui all’art. 2557 c.c.
Dinanzi alle contestazioni della cessionaria, la Corte di Appello di Trento (in sede d’impugnazione del precedente lodo arbitrale) aveva ritenuto che il contratto preliminare di cessione di ramo d’azienda, pur dovendosi considerare privo d’oggetto (essendo quest’ultimo costituito unicamente dalle licenze amministrative all’esercizio dell’attività commerciale aventi natura personale e dunque non cedibili – e dall’avviamento bene immateriale non cedibile separatamente dai beni aziendali -), non avrebbe potuto essere dichiarato nullo, in quanto l’oggetto medesimo avrebbe dovuto ricavarsi dagli effetti del collegamento dei tre contratti anzidetti.
La Corte di Cassazione, adita sempre dalla cessionaria, ne accoglie parzialmente il ricorso, sancendo il principio di cui in massima.
La sentenza in commento, per la verità, non spicca per profondità di motivazione, in relazione all’accertamento dell’esistenza dell’effettivo collegamento negoziale tra i contratti che si sono innanzi ricordati, essendosi in proposito limitata a riconoscere “pacifica” tale circostanza (capo n. 2.4.1. della sentenza).
Ci sembra però che se, effettivamente, avrebbe potuto essere suscettibile di mancata contestazione (e costituire quindi un “fatto” pacifico) il requisito soggettivo ritenuto necessario perché si configuri un collegamento negoziale (i.e.: la concorde volontà delle parti per costituire il collegamento medesimo), avrebbe potuto invece essere approfondita e meglio chiarita dalla Suprema Corte la questione relativa all’esistenza ed alla individuazione del requisito oggettivo e, cioè, del fine (diverso dai contratti in sé e per sé considerati) perseguito dalle parti con la stipulazione dei tre negozi in questione.
Dato comunque per assunto il collegamento negoziale dei tre negozi in questione, la Suprema Corte riforma la sentenza impugnata, dissentendo dal principio affermato dalla Corte territoriale, secondo cui l’oggetto del contratto preliminare di cessione d’azienda emergeva dal collegamento tra i tre contratti.
La Suprema Corte ritiene in sintesi: a) la sostanziale mancanza dell’oggetto del contratto preliminare di cessione del ramo di azienda, essendo residuati (all’esito della cessione “atomistica” delle merci in giacenza e dell’autocarro) soltanto le licenze (incedibili) e l’avviamento (incedibile senza l’azienda); b) che l’oggetto del contratto di promessa di vendita di ramo d’azienda non può ricavarsi dall’interazione degli effetti dei contratti contestuali collegati, anche qualora, come nella specie, alcuni di questi non siano nulli, altrimenti, il collegamento negoziale finirebbe per essere un mezzo per eludere la nullità del singolo contratto collegato.
Sotto il primo profilo, ciò che qui mette conto notare è la conferma del pacifico orientamento di dottrina e giurisprudenza secondo cui l’avviamento è una mera qualità dell’azienda e non un bene che concorre a costituirla; esso è in sostanza rappresentato dall’attitudine dell’azienda <> ed è un “valore aggiunto” rispetto al valore intrinseco di ciascuno dei beni atomisticamente considerati, determinato dall’organizzazione dei beni stessi (così, per tutti, Campobasso, Diritto Commerciale 1 Diritto dell’Impresa, 6a ed., Torino, 2008, 139, oltre alla giurisprudenza richiamata nella motivazione della sentenza in commento).
Sotto il secondo profilo, la Corte Suprema offre lo spunto per soffermarsi ancora sulla figura del collegamento negoziale.
I Giudici del diritto, infatti, sembrano innovare il proprio precedente e radicato orientamento. La sentenza in commento, infatti, dà per assunto (ma anche nel caso di specie la questione avrebbe forse meritato maggiore approfondimento) il fatto che si tratti nella specie di collegamento funzionale e non meramente occasionale.
È noto che il collegamento funzionale ricorre ogni qualvolta uno dei negozi trovi la propria causa negli altri negozi collegati e le parti abbiano inteso perseguire un risultato economico unitario e complesso raggiungibile soltanto con il collegamento.
In proposito, gli Ermellini affermano che <<
il risultato economico, cui le parti ragionevolmente miravano, [era quello] di consentire l’esercizio di fatto per un anno dell’azienda da parte di persona diversa, cui i beni strumentali erano stati ceduti, con l’autorizzazione amministrativa ancora intestata al cedente, ricevendo il corrispettivo per tale esercizio, con l’impegno del cedente ad adoperarsi e a non opporsi al trasferimento delle autorizzazioni amministrative nel momento in cui il cessionario avrebbe pagato l’avviamento
>>.
Correttamente la Corte di Cassazione dichiara la nullità del contratto preliminare di cessione di ramo di azienda, per mancanza dell’oggetto (per le ragioni su cui ci si è sopra soffermati).
Forse per la prima volta, però, la Suprema Corte deve temperare, per così dire, il proprio rigore (peraltro avallato da copiosa dottrina e sul punto cfr. già Di Nanni, Collegamento negoziale e funzione complessa, in Riv. Dir. comm., 1979, 279 ss.) che l’aveva condotta a ad affermare che, in caso di collegamento funzionale, vigeva il principio per cui simul stabunt, simul cadent (in proposito, nella motivazione della sentenza in commento è richiamato il precedente di Cass., 22 marzo 2013, n. 7255. Ma già in precedenza cfr. Cass., 12 dicembre 1995, n. 12733, secondo cui se la nullità di un singolo negozio collegato rende “inutile” l’intera operazione economica, la nullità coinvolge tutti gli altri contratti e la stessa operazione complessa. Sul collegamento negoziale e sulla distinzione tra collegamento funzionale e collegamento occasionale cfr. tra gli ultimi Viciani, Collegamento negoziale e mutuo di scopo, in Nuova giur. civ. comm., 2011, I, 647 ss.; Bartolini, Collegamento negoziale e interpretazione (soggettiva) del contratto, commento a Cass. 15640/2012, in I contratti, 2013, 339 ss.).
Nel caso di specie, infatti, la Corte di Cassazione, nonostante il ritenuto collegamento funzionale (e non meramente occasionale), ha sì dichiarato la nullità per mancanza di oggetto del contratto preliminare di cessione del ramo di azienda (sancendo il condivisibile principio per cui un vizio genetico di un negozio non può essere rimediato col ricorso al collegamento), ma ha contemporaneamente “salvato” gli altri negozi collegati (: contratto di affitto di ramo di azienda e contratto di cessione dei beni aziendali atomisticamente considerati).
La sensazione, però, è che non si tratti, nella specie, di un vero e proprio revirement (che avrebbe potuto essere dettato, ad esempio, dalla valorizzazione del principio di conservazione dei contratti e che avrebbe comunque richiesto una critica al precedente, compatto orientamento), ma di una pronuncia dettata dall’esigenza di coordinare il principio (condivisibile e pacifico) per cui un contratto nullo non può trovare la propria sanatoria nel collegamento in sé considerato con i principi della regiudicata civile (art. 2909 c.c.) e della domanda (art. 112 c.p.c.).
Ed infatti, nella motivazione si rinviene il riferimento al fatto che il contratto di affitto di ramo di azienda non è nullo <<
per effetto del giudicato formatosi sulla statuizione emessa in sede di arbitrato irrituale
>>, mentre il contratto di vendita dei beni aziendali non è nullo <<
perché mai contestato in sede giudiziale
>>.
Appare a chi scrive che soltanto il principio del giudicato ha costituito ostacolo insormontabile all’estensione degli effetti della nullità del preliminare di cessione di ramo di azienda agli altri due negozi collegati.
Al contrario, la mancanza di ogni contestazione in ordine al contratto di vendita dei beni aziendali, probabilmente non ne avrebbe precluso la dichiarazione di nullità, in ragione del collegamento funzionale con il negozio invalido (sui limiti del potere del Giudice di procedere alla dichiarazione d’ufficio della nullità di un contratto cfr. da ultimo Cass., 4 settembre 2012, n. 14828).
In ogni caso, resta confermato, anche in ragione di quanto si è detto, l’orientamento per cui soltanto l’esistenza di un collegamento funzionale consente (rectius: impone) che la nullità di uno solo dei negozi si estenda anche agli altri, mentre, nel caso di collegamento occasionale, le vicende di un unico contratto collegato non si estendono agli altri, che conservano la propria autonomia.
Testo del provvedimento
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Numero Protocolo Interno : 604/2014