ISSN 2385-1376
Testo massima
Sussiste un pacifico collegamento negoziale tra la vendita di un bene di consumo e il credito al consumo collegato con conseguente sanzione dell’inefficacia della clausola riproduttiva del vecchio testo dell’art. 42 del codice del consumo.
Questo l’interessante principio affermato dal Tribunale di Taranto, dott. Claudio Casarano, con la sentenza n. 392 del 5 febbraio 2015.
Il caso
Nel caso di specie, un acquirente conveniva in giudizio una società affermando di aver acquistato presso i locali della stessa un motociclo usato. Per il pagamento del prezzo di acquisto pattuito di euro 4.000,00, le parti si accordavano in primo luogo per la permuta di un motociclo di proprietà dell’acquirente, al quale veniva attribuito un valore di euro 1.000,00.
Il residuo prezzo di euro 3.000,00 invece veniva finanziato facendo ricorso ad un prestito con altra società, con la quale la venditrice aveva infatti una convenzione: a fronte del versamento da parte della finanziaria della somma di euro 3.000,00 in favore della venditrice, era prevista la restituzione da parte dell’acquirente della sorte capitale in 12 rate, la prima di euro 290,56 e le restanti di euro 275,94.
L’istante precisava che, mentre consegnava il suo motoveicolo dato in permuta alla parte venditrice convenuta, non seguiva la consegna del motociclo acquistato, nonostante le reiterate richieste; anzi emergeva, dopo aver sporto denunzia ai carabinieri ed aver effettuato apposita visura presso il Pubblico Registro Automobilistico di Taranto, che il motoveicolo acquistato era stato radiato il 25-03-2009 perché esportato all’estero; il tutto, precisava l’attore, naturalmente a propria insaputa.
Secondo la prospettazione attorea, dovendosi configurare un collegamento negoziale tra vendita e finanziamento, vi erano i presupposti per la risoluzione della vendita nei confronti della venditrice con conseguente sua condanna alla restituzione della somme indebitamente versate nonché la risoluzione del finanziamento con condanna della società finanziaria alla restituzione delle rate pagate.
La società finanziaria convenuta ricordava invece come l’art. 42 del d.lgs. n. 206/2005 c.d. Codice del Consumo prevede come condizione necessaria perché l’acquirente potesse agire nei confronti del finanziatore la esistenza di un accordo che attribuisse al finanziatore l’esclusiva per la concessione del credito ai clienti del fornitore; viceversa nella convenzione era espressamente previsto che il venditore potesse avvalersi di altre finanziarie.
Anzi, la finanziaria precisava che l’art. 20 delle condizioni generali del contratto di finanziamento, riproducendo il testo del suddetto art. 42, ribadiva l’inopponibilità di ogni fatto che avesse inciso sull’efficacia della vendita, compreso proprio il caso qui in rilievo dell’inadempimento alla consegna del bene venduto.
La decisione
La clausola 20 del contratto di finanziamento rendeva lo stesso immune dalle patologie che avrebbero potuto colpire la vendita.
In effetti, tale clausola era riproduttiva di una norma di legge e cioè il vecchio art. 42 del Codice del Consumo sopra citato – e per la quale ipotesi il Codice del Consumo esclude la vessatorietà; così infatti l’art. 34, co III: “3. Non sono vessatorie le clausole che riproducono disposizioni di legge ovvero che siano riproduttive di disposizioni o attuative di principi contenuti in convenzioni internazionali delle quali siano parti contraenti tutti gli Stati membri dell’Unione europea o l’Unione europea“.
Il Giudice ha ritenuto che l’art. 42 non sia da intendere come norma di principio applicabile al collegamento negoziale, specie quando nell’ordinamento sia rinvenibile una norma, di pari grado e forza, di maggiore protezione per la parte debole del rapporto; che è rappresentata dall’art. 33, co II Codice del Consumo che prevede la vessatorietà e quindi la sua inefficacia a tutela del consumatore.
In altri termini è fatta sempre salva la disciplina più favorevole per il consumatore e quindi opera ineluttabilmente la sanzione dell’inefficacia della clausola vessatoria prevista da una norma di legge di favore per il consumatore; protezione peraltro qualificata come irrinunciabile dallo stesso Codice del Consumo, posto che l’art. 36 considera nulle siffatte clausole ( “1. Le clausole considerate vessatorie ai sensi degli articoli 33 e 34 sono nulle mentre il contratto rimane valido per il resto
La nullità opera soltanto a vantaggio del consumatore e può essere rilevata d’ufficio dal giudice“).
Il Giudice ha ritenuto che anche sotto questo profilo la norma di maggior protezione per il consumatore, sopra individuata, prevale su quella di cui all’art. 42, nella sua vecchia formulazione, con la quale finiva con l’entrare in conflitto dopo la pronunzia della Corte di Giustizia del 23 aprile 2009 emessa nella causa C-509/07 con la quale è stato affermato che “l’esistenza di un accordo tra il creditore ed il fornitore, sulla base del quale un credito è concesso ai clienti di detto fornitore esclusivamente da quel creditore, non è un presupposto necessario del diritto per tali clienti di procedere contro il creditore in caso di inadempimento delle obbligazioni che incombono al fornitore al fine di ottenere la risoluzione del contratto di credito e la conseguente restituzione delle somme corrisposte al finanziatore“.
Pertanto, la clausola 20 contenuta nel modulo del finanziamento – che riproduce il vecchio art. 42 del Codice del consumo è stata considerata inefficace e quindi l’inadempimento grave del venditore è stato ritenuto opponibile anche al finanziatore, pur se non legato in esclusiva con il fornitore.
Testo del provvedimento
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Numero Protocolo Interno : 98/2015