ISSN 2385-1376
Testo massima
L’avvocato può pattuire compensi parametrati al raggiungimento degli obiettivi, a condizione che gli stessi siano proporzionati all’attività espletata, onde evitare sanzioni disciplinari. Pertanto, la proporzione e la ragionevolezza nella pattuizione del compenso restano l’essenza comportamentale richiesta all’avvocato, a prescindere dalle modalità di determinazione del corrispettivo a lui spettante, con la conseguenza che l’aleatorietà dell’accordo quotalizio non esclude la possibilità di valutarne l’equità, in considerazione del valore e della complessità della lite e della natura del servizio professionale, comprensivo dell’assunzione del rischio.
Così si è pronunciata la Corte di Cassazione, Sezioni Unite, con la sentenza n. 25012 del 2014 in materia di c.d. patto di quota lite.
Nel caso di specie un avvocato aveva dato la propria disponibilità ad assistere un cliente di origine tunisina che era stato vittima di un sinistro stradale.
Cliente e avvocato avevano stipulato un “patto di quota lite” con cui il professionista si impegnava ad anticipare al proprio assistito tutte le somme necessarie per la causa in corso, a condizione di ricevere, nel caso di vittoria della causa, il 30% di quanto incassato dalla compagnia assicurativa a titolo di competenze, diritti ed onorari.
L’avvocato veniva quindi incolpato di violazione dei fondamentali doveri di fedeltà, probità, dignità e decoro, lealtà e correttezza per avere richiesto compensi sproporzionati rispetto all’attività svolta.
La vicenda veniva portata all’attenzione del Consiglio dell’ordine di Trento, che riconosceva la responsabilità dell’incolpato e gli irrogava la sospensione dall’esercizio della professione per due mesi, reputando manifestamente sproporzionata la percentuale pattuita del 30%.
Il Consiglio nazionale forense, adito dal legale, a parziale modifica della decisione impugnata, applicava all’avvocato la meno grave sanzione disciplinare della censura.
L’avvocato presentava ricorso in Cassazione avverso la decisione del CNF, che aveva accertato la violazione dell’art. 13 della Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense, secondo cui «sono vietati i patti con i quali l’avvocato percepisce come compenso in tutto o in parte una quota del bene oggetto della prestazione o della ragione litigiosa».
Secondo la ricostruzione operata dal Consiglio nazionale forense, la percentuale può essere rapportata al valore dei beni o degli interessi litigiosi, ma non al risultato, in tal senso dovendo interpretarsi l’inciso «si prevede possa giovarsene», che evoca un rapporto con ciò che si prevede e non con ciò che costituisce il consuntivo della prestazione professionale.
Invero, il nuovo testo dell’art. 45 del codice deontologico forense consente all’avvocato di determinare il compenso basandolo sugli effettivi risultati ottenuti, ma fermo il divieto di cui all’art. 1261 cod. civ. e fermo restando che, nell’interesse del cliente, tali compensi debbano essere comunque proporzionati all’attività svolta.
L’avvocato sosteneva, invece, che non poteva affermasi ex ante l’eccessività del compenso dato che sarebbe stato impossibile prevedere l’esito della causa.
La Cassazione, tuttavia, ha affermato che «l’aleatorietà dell’accordo quotalizio non esclude la possibilità di valutarne l’equità: se, cioè, la stima effettuata dalle parti era, all’epoca della conclusione dell’accordo che lega compenso e risultato, ragionevole o, al contrario, sproporzionata per eccesso rispetto alla tariffa di mercato, tenuto conto di tutti i fattori rilevanti, in particolare del valore e della complessità della lite e della natura del servizio professionale, comprensivo dell’assunzione del rischio».
In questo contesto, correttamente il giudice disciplinare aveva eseguito il controllo di proporzionalità del patto di quota lite, che precede il compimento dell’attività, includendo nel proprio ambito valutativo il rischio sostanziale e processuale connesso al risultato favorevole.
Pertanto, la Corte ha rigettato il ricorso.
Testo del provvedimento
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Numero Protocolo Interno : 670/2014