ISSN 2385-1376
Testo massima
L’avvocato ha diritto al riconoscimento del proprio compenso professionale allorquando il cliente si rivolge al professionista per sottoporgli l’esame di un atto processuale sebbene, successivamente, decida di non conferire al medesimo l’incarico di assistenza nel relativo giudizio.
Questo è il principio sancito dalla Cassazione nella sentenza n. 22737 del 27 ottobre 2014 in un caso avente ad oggetto una opposizione a decreto ingiuntivo con il quale una società è stata condannata al pagamento del compenso di un legale per l’attività professionale dal medesimo prestata nell’interesse del cliente. A sostegno della spiegata opposizione l’ingiunta ha contestato l’insussistenza sia del conferimento dell’incarico sia l’effettuazione in concreto della prestazione professionale. L’opposizione è stata tuttavia rigettata ed anche la domanda di appello non è stata accolta in quanto, nel corso del giudizio di merito, era stata fornita la prova del fatto che alcuni incaricati della società appellante si erano recati presso lo studio del legale al fine di far esaminare al professionista un atto di citazione in ordine ad una causa già pendente. Era stato inoltre provato che l’attività prestata dal legale non si era limitata ad un mero colloquio informativo poiché la debitrice aveva sottoposto all’attenzione del professionista tutta la documentazione processuale necessaria per ottenere un parere anche in vista del possibile conferimento di un mandato ad hoc. Sulla base di tali presupposti, il giudice del merito ha dunque ritenuto che fosse giustificata la richiesta di riconoscimento del compenso avanzata dal professionista.
La società debitrice ha proposto ricorso per cassazione che i giudici di legittimità hanno respinto confermando la sentenza di appello.
Sebbene non fosse stato conferito al legale l’incarico di assistenza giudiziale nel giudizio pendente, il legale aveva comunque impegnato il proprio tempo e le proprie competenze nell’esame della situazione posta alla sua attenzione dalla società.
Per tale ragione la Cassazione ha confermato la correttezza della pronuncia del giudice del merito in quanto, nel caso di specie, si era in ogni caso venuto ad instaurare non solo un rapporto professionale tra la società debitrice ed il legale, ma anche il conferimento di un incarico avente ad oggetto un parere professionale che doveva essere legittimamente compensato da parte del cliente.
Testo del provvedimento
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Numero Protocolo Interno : 601/2014